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La Giornata Parlamentare

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Mattarella ricorda che la Costituzione è di tutti e va difesa. Arresto Toti: si allarga il fronte che spinge per le dimissioni. Crosetto lo difende. Roccella contestata a Stati Generali lascia il palco.

La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.

Mattarella ricorda che la Costituzione è di tutti e va difesa

La Costituzione “ieri come oggi, riguarda tutti da vicino”, i suoi valori stanno alla base “del vivere insieme” e vanno messi in pratica esercitando la propria libertà, secondo un “vero patriottismo costituzionale”. Sergio Mattarella di lezioni sulla Carta fondamentale ne ha fatte tante ed è solo per una coincidenza se questa volta l’intervento del Capo dello Stato alla Milano Civil Week avviene all’indomani del convegno sul premierato organizzato da Giorgia Meloni alla Camera. Mattarella, in ogni caso, fissa sin da subito i paletti, senza andare oltre al suo ruolo: “Non posso esprimermi riguardo alla tua proposta di norme da inserirvi perché non è al Presidente della Repubblica ma al Parlamento che la Costituzione assegna il potere di apportarle modifiche”. Se questa è la premessa, però, il Capo dello Stato non rinuncia a lanciare un avvertimento “Desidero far notare che la nostra Costituzione è stata scritta con norme capaci di essere applicate persino a temi allora sconosciuti e a situazioni imprevedibili, che si presentano inevitabilmente nel corso del tempo”. Il riferimento di Mattarella è alla “tendenza” osservata da qualche tempo a questa parte “a volere inserire nella prima parte della Costituzione nuove disposizioni su argomenti specifici”. 

Proprio la prima parte della Carta per il Capo dello Stato costituisce “da settantacinque anni punto di riferimento, sempre attuale e costante. Si trascura, in alcuni casi, il fatto che quel che si vuole aggiungere è già chiaramente desumibile dalle sue norme, proprio per il carattere generale e duttile della loro formulazione; e in base ai valori e ai principi che ne rappresentano il fondamento”. Recentemente sono stati i ministri Nello Musumeci e Francesco Lollobrigida a manifestare la volontà di inserire rispettivamente il mare e la sovranità alimentare nella Carta: “Occorre evitare il rischio di una rincorsa a continui inserimenti di temi particolari. Questo trasformerebbe la Costituzione in un albo di argomenti, in realtà vanificandone il senso e il ruolo”. La Carta, invece, insiste Mattarella, avendo “generato” la Repubblica democratica, “è una conquista e va conosciuta, amata, difesa, vissuta, ogni giorno per accogliere nuovi bisogni, per tutelare chi si trova ai margini, per avere cura dei più fragili, per affrontare le nuove sfide di convivenza e di pace”. 

Si allarga il fronte che spinge per le dimissioni. Crosetto difende Toti

In molti sostengono che il prossimo mese sarà cruciale per le sorti politiche di Giovanni Toti. Nel centrodestra il “garantismo” resta la parola d’ordine ma, con il passare dei giorni, si fa strada la convinzione che il governatore della Liguria non possa reggere a lungo. Qualcuno lo dice in chiaro, molti, soprattutto dentro FdI, a microfoni spenti. “Sulle dimissioni di Toti vediamo cosa scaturisce dalle indagini”, afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli (Lega), e anche in Forza Italia Giorgio Mulè deve ammettere: “Se un presidente di Regione è agli arresti domiciliari è abbastanza difficile che possa continuare ad amministrare la Regione”. A difesa del governatore contro i magistrati interviene, con veemenza, il ministro della Difesa Guido Crosetto: “Con la logica usata per Toti (a cui non viene contestato alcun vantaggio personale e privato) si possono arrestare la quasi totalità dei sindaci, dei presidenti di Regione, dei dirigenti pubblici. Suppongo potrebbero anche arrestare la maggior parte dei magistrati. La carcerazione preventiva non nasce come strumento d’intimidazione o per aumentare l’audience di un’inchiesta. Nasce per impedire la reiterazione di reati gravi, la fuga o l’inquinamento delle prove. Non è questo il caso, tanto più che sono passati 5 mesi dalla richiesta di misure cautelari alla loro esecuzione e che, come ha dichiarato lo stesso Procuratore, l’accertamento dei fatti risale ad oltre un anno fa”, attacca il Ministro di Fdi. 

Giorgio Mulè spiega che “la decisione” di Toti arriverà “all’esito di alcuni passi procedurali giudiziari e cioè l’eventuale revoca dell’arresto da parte del giudice o se, magari, la misura dovesse essere affievolita”. Per Lucio Malan, capogruppo al Senato di FdI: “Noi rispettiamo il lavoro della magistratura che per adesso ha preso delle misure cautelari”. Ma nel partito di Giorgia Melonii più non vogliono esporsi: l’inchiesta è pesante e il mantra è fare chiarezza al più presto, per evitare anche che il caso pesi sulle europeeAntonio Tajani resta fermo nel difendere i valori del garantismo: Toti “può continuare a lavorare, poi si vedrà”. Serve aspettare, dunque. Nei corridoi di Montecitorio qualcuno parla di due settimane, qualcun altro di un mese al massimo; Maurizio Lupi si sbilancia: “Sono convinto che gli arresti potranno essere revocati”. Dalle opposizioni la richiesta di dimissioni s’intensifica di ore in ora. “C’è una responsabilità politica, indipendente dalla vicenda personale. È una follia che rimanga lì”, attacca il leader del M5S Giuseppe Conte. Per Carlo Calenda (Azione) Toti “non si deve dimettere per le inchieste”, ma è “la condotta eticamente inaccettabile” che deve condurlo a “trarre le conseguenze”. 

Roccella contestata a Stati Generali lascia il palco. Solidarietà da Mattarella

Agli Stati Generali della Natalità, organizzati a Roma dal presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo e ai quali oggi è atteso anche l’intervento di Papa Francesco, va in scena la protesta: nemmeno il tempo di cominciare, che l’evento viene interrotto da una ventina di giovani contestatori, riusciti a entrare in platea confondendosi tra le centinaia di presenti, con cartelli, urla e slogan. Alla ministra per la Famiglia e la Natalità Eugenia Roccella viene di fatto impedito di prendere la parola dal palco e dopo alcuni tentativi andati a vuoto l’esponente del Governo decide di lasciare la manifestazione. I contestatori, alcuni giovani provenienti da tutta Italia con il movimento transfemminista Aracne, gridano “Sul mio corpo decido io” e lanciano slogan contro le scelte del Governo in tema di consultori; Roccella prova a rispondere: “Ma siamo d’accordo, nessuno ha detto il contrario. Oggi le donne non decidono sul proprio corpo” visto che devono decidere tra maternità e lavoro. 

I contestatori continuano però a gridare “Vergogna”, finché la Ministra non decide di andare via. Tutto il centrodestra prende le sue difese, a partire dalla premier Giorgia Meloni, ma anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella fa sapere attraverso una nota del Quirinale di aver telefonato alla Ministra per esprimerle solidarietà, sottolineando che “voler mettere a tacere chi la pensa diversamente contrasta con le basi della civiltà e con la nostra Costituzione”. La premier sottolinea: “Lo spettacolo andato in scena è ignobile. Mi auguro che tutte le forze politiche abbiano il coraggio di esprimere solidarietà al Ministro Roccella”. I contestatori, aggiunge, “si riempiono la bocca delle parole libertà, rispetto e autodeterminazione delle donne, ma poi amano la censura”. La solidarietà alla ministra arriva anche dai presidenti di Camera e Senato, dal vicepremier Antonio Tajani e da Matteo Salvini oltre che da tutti i Ministri. Dalle opposizioni arrivano commenti e distinguo in ordine sperso. 

Le istituzioni ricordano e omaggiano le vittime del terrorismo 

Un filmato in bianco e nero con il racconto delle stragi del 1974 e del 1984; un coro di studenti che intona l’inno nazionale e poi quello europeo; la presenza in Aula del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato delle massime autorità dello Stato; la premiazione delle scuole vincitrici del concorso “Tracce di Memoria 2023-2024”: a Palazzo Madama si celebra così la “Giornata in memoria delle vittime del terrorismo”, la data dell’assassinio di Aldo Moro diventata, con una legge del 2007, la ricorrenza per ricordare tutti coloro che hanno perso la vita negli anni di piombo, per mano della mafia o in attentati terroristici anche recenti, dalle vittime dell’Italicus e del Rapido 904 a Peppino Impastato e Rosario Livatino di cui oggi ricorre la beatificazione, come ricorda sui social la premier Giorgia Meloni, anche lei seduta ai primi banchi dell’emiciclo di Palazzo Madama insieme a Mattarella e ai presidenti delle Camere Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa

Quest’ultimo vuole che a presentare l’avvenimento sia Silvia Giralucci, Presidente dell’Associazione Casa della Memoria del Veneto e figlia di Graziano Giralucci, il missino ucciso dalle BR nel 1974 insieme a Giuseppe Mazzola. La Russa, infatti, ricorda di essere stato “il difensore di parte civile” della famiglia Giralucci e nel suo intervento definisce “fondamentali” le leggi speciali adottate per combattere il terrorismo; auspica che si vada avanti con la “desecretazione degli atti delle Commissioni d’inchiesta”, una “battaglia” cominciata con la precedente presidente del Senato Elisabetta Casellati e che anche Fontana ribadisce di voler portare avanti. Una ricerca di verità che va perseguita con forza, incalza anche La Russa, che in Aula cita la frase di Mattarella che gli siede accanto: “Cercare la verità è sempre un obiettivo primario della democrazia”. E di “verità” parla anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani che su X mostra la foto di Moro accompagnata dalla frase dello statista Dc: “La verità è sempre illuminante e ci aiuta a essere coraggiosi”. Il leader della Lega, Matteo Salvini invita a vigilare sul “radicalismo di matrice islamica e sui rigurgiti di antisemitismo”. Anche La Russa fa un richiamo all’attualità definendo “inaccettabili le forme di contestazione nelle università”. 

Il voto per le europee passa anche dai manifesti: dai fucili al simbolo della pace

Fucili puntati, nomi di battesimo, chi di Europa ne vuole di più, chi di meno, chi la vuole libera, chi sovrana, e chi punta sulla pace: praticamente tra un mese i cittadini sceglieranno i parlamentari che andranno all’europarlamento e in Italia è partita la guerra dei manifesti. La presidente Giorgia Meloni ci mette la faccia e il nome di battesimo. “Io sono una del popolo”, si legge sui manifesti; lo slogan principale: “l’Italia cambia l’Europa”. Il leader della Lega Matteo Salvini decide di puntare su una linea sovranista anche per i manifesti, con il claim “più Italia meno Europa”. Poi i punti cardine: “A difesa della casa e delle auto degli italiani”. Certo, questi sono i più sobri. Infatti, non è mancata la polemica per i cartelloni di Susanna Ceccardi che nelle locandine ha messo il suo volto vicino a quello di Ilaria Salis, l’attivista in carcere in Ungheria e ora candidata alle Europee nella lista AVS, con la scritta “o me o lei”, slogan reiterato anche con il volto di Elly Schlein e con Lucia Annunziata. Discussioni per la Lega anche per i due volti contrapposti di una donna con il velo e l’altro di una donna bianca, con il viso scoperto: “Donne costrette a coprirsi il volto” e “donne libere. Da che parte vuoi stare?”. 

In Veneto spunta Ursula von der Leyen “kapò”, in alta uniforme, e l’appello: “Cambiamo l’Europa, prima che lei cambi noi”. Se Avs sceglie per Ilaria Salis l’immagine di lei in catene che entra nell’aula del tribunale di Budapest, fa discutere l’eurodeputato uscente di FdI Pietro Fiocchi propone un manifesto che lo ritrae mentre imbraccia un fucile. Forza Italia e Nm scelgono una linea più nostalgica: il nome di Silvio Berlusconi nel simbolo e l’immagine del Cavaliere assieme al segretario Tajani. La pace la fa da padrona tra i partiti di opposizione: Michele Santoro con la sua lista Pace Terra e libertà, e il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, mettono la parola nel simbolo, ed ecco che il Pd lo sceglie come tema: “Un’Europa per la pace, non di guerra”. Il fronte dei centristi punta tutto sull’attaccare gli avversari, così ecco che il leader di Iv Matteo Renzi esce con la campagna per la corsa con la lista Stati Uniti d’Europa: “Chi sa dare solo sussidi” Vs “Chi crea lavoro”, con le foto di Schlein e Conte in bianco e nero mettendo a confronto reddito di cittadina e Jobs act. E ancora: “Chi vota Pd vota la Cgil”. Il leader di Azione Carlo Calenda, si mette invece al fianco di Elena Bonetti, con lo slogan “la politica sul serio”.