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La didattica a distanza non può essere una mera trasposizione della didattica classica

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I ragazzi a loro modo ci comunicano sempre qualcosa ed è compito degli adulti cercare di interpretare i loro messaggi, imparare ad osservarli senza critiche e giudizi, e da qui impostare un dialogo costruttivo affinché si possa fare leva sulla qualità delle relazioni interpersonali che risentono in modo indelebile dell’imprinting affettivo appreso all’interno del contesto familiare.

Gli adolescenti attori principali  della Scuola Digitale

Anche oggi gli adolescenti ci stanno comunicando il loro modo di fronteggiare gli eventi e soprattutto nello specifico della DAD – didattica a distanza, diventano gli attori principali e i nostri diretti interlocutori per la verifica dello stato di digitalizzazione della Scuola che a partire dall’ormai datato documento del 2015, ovvero il Piano Nazionale della Scuola Digitale [PNSD], si stava interrogando e stava cercando di mettersi alla prova nello sperimentare strategie innovative per una ristrutturazione del sistema educativo nell’era digitale. Innovazione tecnologica deve andare oggi necessariamente di pari passo all’innovazione pedagogica che ristruttura nuovi ambienti di apprendimento, nuovi spazi, nuovi processi formativi. 

I tecno-sostenitori e i tecno-fobici 

I tecno-sostenitori e i tecno-fobici si sono oggi trovati sullo stesso fronte nella creazione di un ambiente formativo esteso che integri modalità tradizionali con quelle rese possibili dalle nuove tecnologie digitali, insieme all’utilizzo del metodo attivo e costruttivista nella didattica che permette di offrire ai bambini e ai ragazzi uno stile di apprendimento più personale, maggiormente interattivo e negoziabile, più graduale ed armonizzato con il contesto macro-sociale che li circonda senza per questo annullare o abbattere metodi formativi classici. Possiamo attivare curiosità nei ragazzi con gli strumenti digitali ma poi nel tempo la curiosità deve modularsi nell’impegno a fare, a costruire, ad organizzare e strutturare scelte operative che porteranno i germogli delle menti da formare allo sbocciare delle menti operative della società del futuro.

Ristrutturazione del metodo didattico che non può essere una mera trasposizione della didattica classica

In questa sfida la famiglia, la scuola e la società dovrebbero muoversi secondo una logica sincronica che riconosca il valore non solo di un’alfabetizzazione digitale sulla duplice linea da una parte di una corretta educazione digitale che parte dall’infanzia fino all’adolescenza in cui il ruolo genitoriale è quello di accompagnare i bambini nell’utilizzo proficuo delle nuove tecnologie e dall’altra, di rivedere i processi di apprendimento in linea con lo sviluppo di nuovi codici comunicativi che ne sono alla base. In questo dobbiamo sostenerli nell’aiutarli nel loro sforzo di apprendere facendo leva su una ristrutturazione del metodo didattico che non può essere una mera trasposizione della didattica classica. 

Oltre la LIM

La spinta della scuola all’innovazione tecnologia che vada oltre all’utilizzo della Lim non ha avuto più il tempo di continuare a fare le prove per tentativi ed errori, che ogni realtà scolastica a livelli nazionale ha tentato di fare, con successi [come in Emilia Romagna che è la regione italiana con il maggior livello di digitalizzazione] o insuccessi, ma si è dovuta riconfigurare sull’impronta fulminea del continuare a garantire la formazione didattica anche in assenza del gruppo classe e del corpo docente. E di fronte alle sfide l’animo umano, soprattutto nei momenti di stress e difficoltà come quello che stiamo vivendo, tira fuori le sue risorse per sopravvivere e fronteggiare con efficacia le sfide che si trova davanti.  

Partiamo da qui un corpo docente che si è dovuto uniformare sull’esigenza di utilizzare, anche i più restii, gli strumenti digitali nell’insegnamento e che nel farlo stanno, forse solo ora, comprendendo i delicati meccanismi cognitivi, psicologici e relazionali mediati dalla tecnologia. 

Infatti la linea guida principale per effettuare una formazione didattica a distanza è ricordare che il focus di osservazione specifico della Scuola in generale, teso alla rilevazione delle leve motivazionali che portano i ragazzi ad impegnarsi nello studio, a voler conoscere, ad impegnarsi nelle attività collaborative di un gruppo, rimane lo stesso ma si rimodella nell’ambiente guidato dalla tecnologia che toglie alcuni canali comunicativi per immetterne altri, attiva nuovi processi di apprendimento che sono modellati dall’utilizzo di uno strumento che deve essere orientato sul permettere ai ragazzi di mantenere viva la loro curiosità, la loro attenzione, la loro spinta motivazionale e il loro desiderio di conoscere tenendo conto della singolarità del singolo e delle dinamiche di gruppo web-generate.

Come coinvolgere gli studenti

La smorfia di turno del leader della classe che distrae inevitabilmente tutti nel corso delle lezioni in aula, si riconfigura in un soffio costante sul microfono, per mantenere la nota coerente dell’appartenenza di un ruolo che anche virtualmente deve essere mantenuto per l’adolescente di turno. La ragazza silenziosa all’ultimo banco della classe anche nell’ambiente on-school cercherà di mantenersi isolata, inventando problemi di connessione, che a turno ogni ragazzo tira fuori per assentarsi momentaneamente dal gravoso impegno di stare fermo davanti allo schermo senza poter davvero connettersi con Mario, con Isabella, e con lo stesso Prof., che dopo in primi momenti di entusiasmo per averlo visto in live, ha perso di interesse e con il passare dei giorni, ha fatto scattare il desiderio di: “tornare tra i banchi di scuola”. 

Da una parte questo ci fa comprendere come la Scuola digitale italiana, nonostante il suo sforzo e il suo impegno nel fronteggiare con resilienza, costruttività e tempestività una riconfigurazione degli ambienti di apprendimento sia ancora lontana da un modello di Scuola Digitale unitario in cui ci sia un’uniformità qualitativamente provata dell’uso proficuo degli strumenti digitali per potenziare l’apprendimento.

La DAD sta sfruttando in questo momento il potenziale intrinseco degli strumenti digitali per mantenere il contatto con l’altro a distanza ma se non si coglie l’opportunità di questa messa in prova della Scuola Digitale si rischia di non apprendere dall’esperienza e rimanere inglobati nel loop tecnologia si, tecnologia no. 

Si è scoperti che gli strumenti digitali servono anche per pensare e ad apprendere ad imparare

I ragazzi ci stanno comunicando oggi, la loro grande resilienza nell’adattarsi con maggiore competenza di noi allo stravolgimento delle loro abitudini, ad affrontare la challenge del coronavirus sull’onda delle varie challenge su Instagram, a ridisegnare aperitivi serali in videochiamate collettive che poi il giorno dopo si riconfigurano in lezioni in classe. Il loro multitasking funzionale, spesso criticato dagli adulti è oggi, sulla scia degli eventi, la loro risorsa principale per adattarsi al nuovo modo di fare scuola e scoprire, forse per la prima volta, che gli strumenti digitali servono anche per pensare e ad apprendere ad imparare

Non più solo Youtuber

In questo incontro forzato tra docenti e ragazzi chiusi nelle loro stanze i ragazzi sono stati sensibilizzati da adulti consapevoli a capire che l’aladino digitale, può tirare fuori dallo schermo non solo video di Youtuber, o maratone di live interminabili che continuano ad alimentare il bisogno di competizione e sfida dell’adolescente, ma anche video didattici, film, libri, musei virtuali che ampliano lo spazio digitale in spazio di conoscenza e formazione che va oltre l’aspetto relazionale. Ma è sempre l’elemento relazionale il motore di tutto, ad alimentare passioni e a unire e compattare soggetti all’interno degli spazi on-school.  Uno spazio relazionale che regge alla prova del tempo e che oggi, dopo tanti giorni di isolamento, ci fa comprendere che ogni apprendimento anche quello più moderno ed innovativo possibile ha bisogno dell’incontro con l’altro, per generare la curiosità e la passione alla base di ogni progresso evolutivo. 

Un buon rapporto con il docente regge alla prova della didattica a distanza in quel corale: “Prof ci manchiiiii…non ce la facciamo più” che cementa le relazioni anche in questa difficile prova e che riconfigura spazi scolastici in spazi di osservazione, ascolto ed incontro come dovrebbero essere gli ambienti in cui si coltivano i germogli della nostra società futura. La prima competenza in assoluto è la connessione tra menti che attivano e danno dignità assoluta al valore interno della loro operatività, oggi più che mai quando “con la crescente accelerazione del ritmo del cambiamento, il bisogno di pensiero creativo si farà più evidente” (Resnisk, 2018, p. 144). 

Impostare una nuova scuola digitale

Credo che occorra partire da qui, dall’osservazione, dall’ascolto e dalla relazione per impostare una nuova scuola digitale in cui l’apprendimento passi anche e non solo per il nuovo canale della comunicazione digitale ma anche sull’analisi una ristrutturazione globale dell’insegnamento che tenga conto di come oggi i giovani apprendano e si relazionano l’uno all’altro in quel circuito esplorativo illustrato da Reisnik nell’immagina-crea-gioca [sperimenta]-condividi-rifletti. Oggi nel nostro forzato debutto di una scuola digitale nazionale condivisa dobbiamo iniziare a fare un primo bilancio e riflettere per riparare errori e agire con maggiore competenza su un canale direttivo chiaro e uniformato strutturato sui due pilastri chiave del patto educativo Scuola-famiglia e sul supportare nuove modalità di apprendimento.  

Per ora possiamo parlare solo di comunicazione e nel primo bilancio costruttivo dobbiamo iniziare a considerare che per attivare nuovi processi di apprendimento, occorre imparare dall’esperienza e integrare, ognuno con il proprio fulcro educativo, modalità d’insegnamento consuete come la lezione frontale, con le nuove modalità digitali che non possono essere semplicemente mere trasposizioni ma debbono presupporre modalità formative specificatamente strutturate sull’incontro potenziante dello strumento che se utilizzato con competenza genera nuove competenze. Pianificare interventi efficaci infatti richiede una prospettiva sofisticata di azione sul contesto che include l’attenzione a molti fattori che debbono essere ancora considerati in toto. 

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