Solo il 44.1% della popolazione italiana può accedere a un panificio entro 15 minuti, il 35.4% a una pescheria, il 59.7% a un fruttivendolo e il 61.4% a un supermercato.
I dati, elaborati dal Centro studi Tagliacarne nell’ambito del progetto Urban Pulse 15, mostrano insomma che in Italia esiste un serio problema di disuguaglianza territoriale nell’accesso ai beni essenziali, con implicazioni dirette per la popolazione anziana, le famiglie prive di automobile e le persone fragili. Il divario è particolarmente marcato nei settori dell’elettronica, degli articoli culturali [dunque librerie e edicole] e dell’abbigliamento.

A metà giugno si è tenuta l’edizione 2025 di Ediland Meeting, la conferenza per l’industria editoriale e della stampa quotidiana in Italia, promossa da ASIG [Associazione Stampatori Italiana Giornali] in collaborazione con FIEG e Osservatorio Tecnico “Carlo Lombardi” per i quotidiani e le agenzie di informazione, che quest’anno era dedicata a “il sistema dell’informazione cambia, nuovi temi, canali, strumenti, lettori e ricavi”.
Nel suo intervento, Roberto Locatelli, A.D. di M-DIS [controllata da RCS Mediagroup], il principale operatore in Italia nell’ambito della diffusione e distribuzione nazionale sia di stampa destinata al grande pubblico sia di stampa specializzata, che distribuisce oltre 900 testate di 70 editori, per un totale di 1 miliardo di copie l’anno, con consegna giornaliera nelle primissime ore di ogni mattina in circa 20 mila edicole [quelle rimaste fin qui]. E controlla a sua volta due importanti distributori locali in Lombardia e Piemonte. Ha dunque un osservatorio privilegiato sulle edicole.
Secondo quanto riferisce il suo Amministratore Delegato, il mercato delle edicole mantiene un valore superiore a 1,1 miliardi di euro, ma è soggetto a una contrazione del – 6.2% tra il 2022 e il 2024. Attualmente si contano circa 20 mila edicole operative, di cui 10 mila “pure” [dedicate esclusivamente a prodotti editoriali]. Il canale della Grande Distribuzione Organizzata non solo regge, ma mostra lievi segnali di crescita, rafforzando il presidio editoriale in contesti commerciali ad alta frequentazione. Le chiusure riguardano prevalentemente punti vendita di medie e grandi dimensioni, riflettendo uno squilibrio economico persistente nel settore.
Dice anche che il legame tra lettori e stampa resta forte, soprattutto quando l’offerta è capace di intercettare i gusti e le passioni popolari. Fenomeni come le carte collezionabili Pokémon e Skifidol generano picchi eccezionali di vendita: segno che quando il prodotto è rilevante, il pubblico torna in edicola con entusiasmo. Cosa abbiano a che fare con la stampa Pokémon e Skifidol non è dato di sapere.
Gli fa eco il Presidente FIEG, Andrea Riffeser Monti, che afferma che “la reperibilità dei giornali resta un ostacolo concreto, tra la chiusura delle edicole e la loro distanza dai centri abitati. Questo spinge sempre più lettori verso il digitale o, peggio, verso contenuti non verificati. Occorre ripensare il modello distributivo, portando l’informazione “a portata di mano” del lettore”. Se continua a pensare ai distributori automatici sarà bene che se ne inventi un’altra migliore.
Ed ancora, secondo Sergio Vitelli, Segretario ASIG [Associazione Italiana Stampatori Giornali], La distribuzione cartacea continua a registrare un calo costante, mentre quella digitale cresce a ritmo contenuto. Le proiezioni indicano che i ricavi digitali supereranno quelli cartacei tra il 2039 e il 2040. Campa cavallo che l’erba cresce. E intanto? Visto che mancano attorno ad una quindicina di anni che si fa? Sempre secondo Vitelli, Oltre 2 mila comuni sono oggi privi di edicola, e molti altri [es. Rieti, Messina, Foggia, Pistoia] contano una sola rivendita. Il Molise ne registra appena 33 in totale. Vitelli aggiunge che il calo delle tirature ha aggravato il problema delle rese, con impatti negativi sui costi di distribuzione e sull’efficienza industriale.
Edicole e digitale
Ma non fa cenno all’ipotesi di informatizzare le edicole. Cosa che evidentemente infastidirebbe più di qualcuno dei pezzi grossi della filiera editoriale, come appare evidente. L’informatizzazione delle edicole che, tra le altre cose, permette di monitorare le scorte in tempo reale e di evitare sprechi, e consente di monitorare le vendite e di adattare l’offerta alle esigenze del mercato. Informatizzazione che è legge, rinviata e inapplicata, dal 2012.
Anche Chiara Genisio, Vicepresidente FISC [Federazione Italiana Settimanali Cattolici] spiega che circa 60 mila copie vengono distribuite attraverso le edicole, ma il sistema soffre del cosiddetto “bollino rosso”: molte aree – interi comuni inclusi – risultano prive di punti vendita. E racconta che Il Giornale del Nord ha investito in un’edicola-libreria dotata di display digitale sfogliatore, un ponte concreto tra tradizione e innovazione, secondo lei. Infine, per Paolo Polidori, Presidente Osservatorio Quotidiani “Carlo Lombardi”, le edicole italiane continuano a essere presidio fondamentale per l’informazione di prossimità, ma la loro sopravvivenza è messa a dura prova da una serie di criticità ormai strutturali.
La trasformazione in punti multiservizi [offerte di giochi, e-commerce, servizi locali] ha ampliato le funzioni ma non è sufficiente a garantire la sostenibilità economica. Gli incentivi pubblici, pur apprezzabili, non risolvono alla radice le fragilità del sistema. Secondo lui, è fondamentale un patto tra istituzioni e filiera: FIEG, sindacati, ANCI e Governo sono chiamati a collaborare per garantire una rete capillare, moderna e accessibile, che mantenga le edicole come elementi centrali dell’ecosistema informativo e sociale. Come non si sa.
In tutto questo nessun intervento a Ediland 2025 viene segnalato da parte dei rappresentanti degli edicolanti, che pur con i loro limiti, le edicole le dovrebbero conoscere meglio di chi ne parla genericamente, ad esclusione del AD di M-DIS.
Di fatto, in venti anni i punti vendita che trattano prodotti editoriali sono passati da 35 mila a 20 mila [- 42.8%]. E il loro giro di affari si è ridotto dal picco massimo del 2005 [quando erano in gran voga i collaterali] di 4,53 miliardi di euro a 1,11 miliardi a fine 2024 [- 76%].
Stando alla media del mezzo pollo, semplificando, sono circa 55 mila euro a punto vendita, che con un aggio medio del 23.11% del prezzo di vendita, dunque al lordo di IVA, genera un margine lordo di circa 12.710 euro annui. Per stare aperti 28/29 giorni su 30/31 al mese, pagare l’affitto del locale, o le imposte se si tratta di un chiosco su suolo pubblico, e lavorare dalle 06:00 del mattino, quando mediamente vengono consegnati giornali, periodici e altri sedicenti prodotti editoriali, alle 19:00 o alle 20:00 quando finalmente si chiude. Fanno 1.059 euro al mese, lordi, per circa 13 ore di lavoro. Ovvero 2,94 euro di “retribuzione” oraria lorda. Dati medi che neppure i sindacati della categoria hanno il coraggio di diffondere.
