Il dossier

La Corte dei Conti denuncia i disastri del digitale nei musei

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La Magistratura Contabile pubblica una impietosa analisi dei disastri nella digitalizzazione dei beni culturali, il dossier andrà nelle mani del Ministro della Cultura.

Ieri l’altro (martedì 25) sulle colonne di “Key4biz”, nell’economia della rubrica “ilprincipenudo” curata da IsICult, abbiamo segnalato che la prima sortita pubblica (ed il primo correlato comunicato stampa) del neo Ministro Gennaro Sangiuliano fosse dedicata ad un incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, in occasione del quale il titolare del Collegio Romano ha accolto il Pontefice Francesco Bergoglio (vedi “Key4biz” del 25 ottobre 2022, “Profilo ‘identitario’ del neo Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano in attesa dei Sottosegretari”). E se il secondo comunicato diramato dal suo ufficio stampa è stato oggi dedicato agli auguri per i 70 anni di Roberto Benigni, la terza sortita segnala che questa mattina “il Ministro della Cultura si è recato alla Sinagoga e al Museo ebraico di Roma. Su Twitter il ringraziamento al Rabbino Capo, Riccardo Shemuel Di Segni, e al Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, che lo hanno accompagnato in visita”. Si segnala che il comunicato stampa si chiude: “ “Shalom!” conclude il Ministro.

Emerge evidente una particolare sensibilità dell’ex Direttore del Tg2 della Rai nei confronti delle fedi religiose, e ciò non può che essere apprezzabile, anche in una prospettiva inter-culturale.

Attendiamo le prime sortite del Ministro rispetto ai tanti disastri della politica culturale italiana, e risegnaliamo che ha subito manifestato l’esigenza di una riforma dello storico (ed arcaico) Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus)…

In queste ore, si intensificano i lavori di “mediazione” – tra le varie componenti della maggioranza di centrodestra – per quanto riguarda i Sottosegretari: si tratta di spartire ben 56 posizioni, perché ai 32 Sottosegretari (incluso un numero indefinito di Vice Ministri) si associa la trattativa per le presidenze delle 24 Commissioni parlamentari permanenti, ovvero 10 al Senato e 14 alla Camera. Vigilanza Rai e Copasir dovrebbero andare – come da tradizione – alle opposizioni: per la prima, è in pista l’ex Commissario Agcom Antonio Nicita, eletto senatore in un collegio blindato in Sicilia nelle lista del Partito Democratico, coordinatore della stesura del programma elettorale di Enrico Letta.

Per quanto riguarda il Ministero della Cultura, appare quasi sicura la riconferma della leghista Lucia Borgonzoni, ma potrebbero esserci sorprese.

Per quanto riguarda il “digitale”, pare certa la definizione di una delega precisa, ovvero la creazione di un Sottosegretariato per il Digitale: dovrebbe trattarsi di un Sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega per la Transizione Digitale (nell’esecutivo Draghi era gestita direttamente da un apposito ministero – il Ministero dell’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale – affidato a Vittorio Colao), come ha dichiarato la stessa Premier ieri in Parlamento: il candidato ad oggi più accreditato dai “bookmaker” è Alessio Butti, Responsabile Tecnologie e Telecomunicazioni di Fratelli d’Italia. Resterà quindi allocato a Palazzo Chigi il Dipartimento per la Transizione Digitale. Butti potrebbe però divenire anche Vice Ministro al Mise, con delega alle Comunicazioni… Circolano anche i nomi di Federico Mollicone (che molti davano alla guida del Ministero della Cultura “in quota” Fratelli d’Italia) e del Sottosegretario Alfredo Mantovano, nonché del leghista Alessandro Morelli

La delega all’Editoria – come prevedevamo su queste colonne – dovrebbe andare al già Presidente della Vigilanza, il senatore forzista Alberto Barachini (che però alcuni “proiettano” anche verso la delega al Digitale). La sua collega deputata di Forza Italia Deborah Bergamini (unica Sottosegretaria del precedente esecutivo, tra i parlamentari eletti in Toscana) potrebbe essere confermata ai Rapporti con il Parlamento, ma qualcuno prospetta una sua assegnazione alla Cultura o all’Editoria.

La disattenzione mostrata da Meloni rispetto al digitale è comunque evidente: ben altro è infatti un Ministero per il Digitale, magari dotato di forza di coordinamento interministeriale e di budget adeguato, rispetto alla soluzione “minimalista” di un Sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio.

Come dire?! Non soltanto “la cultura”, ma anche “il digitale” è forse divenuto un ministero di… “serie B”?!

Sembra essere anche in gestazione un possibile “comitato di coordinamento per l’estero”, tra Mise e Maeci, e le politiche per l’internazionalizzazione dovrebbero essere tutte ricondotte nelle mani di Adolfo Urso (assai vicino alla Premier), neo Ministro delle Imprese del Made in Italy, anche per evitare asintonie come quelle che son state registrate a suo tempo tra Vittorio Colao e Giancarlo Giorgetti, pure sul delicato dossier della “rete unica”…

Purtroppo finora nessuna traccia dell’auspicato possibile coordinamento delle attività afferenti a “cultura” e “media”: su queste colonne, abbiamo indirizzato una “lettera aperta” alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, proponendole di accorpare al Mic almeno la direzione generale del Mise – e le relative competenze – in materia di televisione e media (vedi “Key4biz” del 19 ottobre 2022, “Lettera aperta alla futura Premier Giorgia Meloni: istituire un Ministero per la Cultura, i Media e il Digitale”)…

La partita del toto-nomine verrà comunque chiusa sicuramente entro lunedì prossimo 31 ottobre, anche perché Giorgia Meloni vuole che la sua squadra sia pienamente operativa fin dalla prossima settimana. E la sua volontà decisionista è stata confermata dall’appassionato discorso per la fiducia parlamentare.

In questo “gioco”, merita essere segnalata una sortita della Corte dei Conti, che è – incredibile ma vero! – stata ignorata da tutti i quotidiani e media, fatta salva l’eccezione del confindustriale “Il Sole 24 Ore” (con un lungo intervento, martedì 25, di Marianna Pirelli, nell’edizione digitale del quotidiano): ieri l’altro, la Magistratura Contabile ha pubblicato un rapporto molto critico rispetto ai ritardi nella digitalizzazione nel settore dei beni culturali.

Ritardi e fallimenti di una “politica digitale” frammentata tra più competenze ministeriali

Il dossier della Corte dei Conti è prezioso, perché consente di comprendere le ragioni dei ritardi e dei fallimenti di una “politica digitale” che è stata finora frammentata tra più competenze ministeriali.

La Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti ha condotto una ricognizione sullo stato delle spese per la digitalizzazione 2016-2020 del patrimonio culturale italiano.

Nel corposo documento di oltre 230 pagine (approvato con la Delibera n. 50/2022/G), i magistrati hanno evidenziato la frammentarietà del livello di informatizzazione di 770 luoghi della cultura sul territorio nazionale, con approcci digitali spesso impermeabili al cambiamento e indicativi di un orientamento al dialogo interno tra specialisti di settore, piuttosto che all’apertura verso gli utenti, soprattutto stranieri, data la presenza di molti siti Internet in sola lingua italiana.

Sul tema stesso dei servizi digitali per l’utenza – specifica la Corte – lo sforzo di digitalizzazione a oggi compiuto dagli uffici del Ministero della Cultura si è per lo più orientato alla conoscenza scientifica e alla tutela e gestione del patrimonio, non alla sua fruizione da parte di un’utenza allargata, malgrado l’ampliamento del bacino dei fruitori naturalmente prodotto dalla digitalizzazione.

Formule eleganti per infiocchettare un’analisi critica impietosa

Eppure, scrive la Corte, i ripetuti “lockdown” legati all’emergenza pandemica e la successiva crisi economica hanno reso più che mai urgente il ripensamento della funzione dei luoghi della cultura, affinché si aprano alla collettività con una veloce attuazione delle strategie digitali, e ricorda che – con 55 siti “Patrimonio Mondiale dell’Unesco” nel 2020 – i settori della cultura e del turismo italiani rappresentano il 12 % del Pil e generano, rispettivamente, il 6 e il 15 % circa dell’occupazione totale (il dato potrebbe essere attendibile, ma non viene citata la fonte: forse la controversa analisi della Fondazione Symbola di Ermete Realacci?!).

Sentenzia la Corte dei Conti: “nel rispetto di quanto previsto dal Piano Nazionale di Digitalizzazione del Patrimonio Culturale e nella consapevolezza della centralità del tema nelle politiche ministeriali, il Ministero della Cultura ha ritenuto di implementare il coordinamento delle politiche di digitalizzazione del patrimonio culturale, in un’ottica necessariamente intersettoriale”.

Rimarchiamo qui l’esigenza di giustappunto una “ottica intersettoriale”: è su questa base logica (e finanche ideologica) che riteniamo che le competenze in materia di “cultura” e di “digitale” andrebbero accorpate in un Ministero soltanto…

Infine, i magistrati contabili segnalano che “l’importanza del Pnrr anche in quest’ambito, non può non richiamare l’Amministrazione al rispetto dei modi e dei tempi previsti dal Piano stesso, attraverso il necessario monitoraggio degli investimenti programmati”.

Le risorse, in verità, non sono mancate: eppure l’Italia nel digitale è agli ultimi posti in Europa…

Nello specifico del segmento culturale, il Ministero della Cultura tra il 2016 e il 2020 ha dedicato al processo di digitalizzazione e all’innovazione tecnologica risorse finanziarie – tra i diversi capitoli di bilancio – per un ammontare complessivo di 35,6 milioni di euro rispetto a 747 milioni di euro di stanziamenti complessivi, pari al 4,6 % della capienza totale dei rispettivi capitoli del bilancio statale.

Denuncia la Corte: “appare una evidente inerzia nelle prime tre annualità (appena 3,3 mln. le somme impegnate) del periodo oggetto di osservazione (2016 – 2020)…”.

Frammentazione dei sistemi informativi e cronica carenza di competenze informatiche

Le analisi riportate nella indagine della Corte dei Conti fotografano una situazione complessa in 163 istituti (istituti centrali, segretariati regionali, soprintendenze, direzioni regionali musei, uffici dirigenziali e istituti autonomi), fatta di molte realtà, ben 770 realtà articolate su tutto il territorio nazionale, con competenze su patrimoni molto diversificati, con una storia alle spalle in tema di informatizzazione che ha proceduto a velocità differenti a causa anche della frammentazione dei sistemi informativi e della cronica carenza di competenze digitali.

Prevale un approccio autoreferenziale nella gran parte delle istituzioni museali italiane: ognuna contempla il proprio ombelico, e non si sforza – fatte salve eccellenti eccezioni – di “fare rete” e costruire una logica “di sistema”.

Quantitativamente il lavoro svolto in tema di digitalizzazione appare notevole: oltre 37 milioni di descrizioni catalografiche, a cui sono associate circa 26 milioni di immagini (e contando solo ciò che è raccolto nei sistemi informativi nazionali), un patrimonio informativo che è stato consultato da oltre 100 milioni di visitatori unici negli ultimi 5 anni…

Evidenti alcune criticità: la formalizzazione della strategia digitale è ancora poco diffusa, così come le competenze specifiche; i musei risultano infatti ancora auto-didatti o dipendenti da consulenti esterni.

La fotografia del disastro in atto per la digitalizzazione dei musei italiani

Alcuni dati quantitativi fotografano il disastro in atto:

  • il 64 % dei musei italiani ha dichiarato di non avere al proprio interno professionisti con competenze legate al digitale e solo recentemente si stanno avviando percorsi di formazione del personale;
  • il 76 % dei musei ha dichiarato di non avere alcun piano strategico dell’innovazione digitale;
  • lo stato di avanzamento della digitalizzazione procede in modo assolutamente disomogeneo: si va dal 21 % delle istituzioni che non hanno realizzato alcuna digitalizzazione, fino al 2 3% delle istituzioni che digitalizza più del 75 % della collezione;
  • il 68 % dei musei dichiara di avere un sistema di catalogazione informatizzato, ma il catalogo cartaceo è ancora diffusissimo: il 53 % dei musei ha più della metà della collezione su cartaceo soltanto;
  • molti istituti, in particolar modo i musei, tendono ancor oggi a creare propri strumenti che difficilmente dialogano con i sistemi nazionali, presentando, nel medio periodo, difficoltà di manutenzione e aggiornamento;
  • i progetti approvati risultano spesso realizzati su supporti informatici divenuti presto obsoleti e che hanno richiesto e ancora richiedono una complessa (e onerosa) attività diretta al recupero, spesso anche solo parziale, dei dati e delle informazioni raccolte;
  • solo il 22 % ha dichiarato di aver preso in riuso software di titolarità di un’altra Pubblica Amministrazione;
  • solo il 2 % ha aderito al programma di abilitazione al “cloud” Dtd/AgID;
  • solo il 15 % ha aderito al Sistema Museale Nazionale (Smn) deputato alla “governance” del patrimonio culturale;
  • solo il 26 % ha reso conformi i propri servizi alle linee di indirizzo sull’interoperabilità tecnica (condizione necessaria per l’attuazione del principio “once only”, ovvero il principio per cui il cittadino deve poter fornire una sola volta le proprie informazioni alla pubblica amministrazione, grazie all’interoperabilità delle sue banche dati);
  • la prevalenza di siti web a contenuto redazionale è ancora netta, mentre sono ancora poco sviluppate le forme di interazione con l’utenza;
  • molti siti web di note istituzioni museali utilizzano, in alternativa alla lingua italiana, la sola lingua inglese, nonostante appaia di chiara evidenza che solo il rispetto del noto principio del multilinguismo può favorire la fruizione globale sotto un profilo non solo didattico, culturale e sociale, ma anche evidentemente di incentivazione del turismo;
  • i musei italiani si concentrano prevalentemente sulla comunicazione tramite i propri canali di comunicazione (sito web e “social network”), sono ancora poco valorizzati i “canali terzi”, che sono invece quelli privilegiati dagli utenti;
  • il 48 % dei siti web non è compatibile con i dispositivi da mobile;
  • solo il 20 % dei musei offre servizi di biglietteria online;
  • il 32 % non dispone di alcun sistema informatizzato di supporto alle attività amministrative e di “back office”, come la gestione degli acquisti o del personale;
  • quanto all’“e-commerce” di prodotti, sono ancora pochi i musei che sfruttano questa leva: l’8 % dei musei dispone di un sistema informatizzato a supporto e l’11 % lo ha in comune con altre istituzioni…

Questi dati impietosi sono certificati dalla Corte dei Conti, non da un’inchiesta di giornalismo investigativo à la “Report” di Rai3, o nei dossier del “Dataroom” di Milena Gabanelli sul “Corriere della Sera”…

Questi dati confermano criticità che pure, e da molti anni, sono note agli studiosi del settore, ricercatori e consulenti: chi redige queste noterelle ricorda come una innovativa esplorazione avviata da Rai qualche anno fa (2015), affidata all’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult, sia rimasta chiusa nei cassetti della Direzione Marketing della Rai: si tratta della ricerca “The Social Museum and Smart Tourismo (Smst)”, ovvero “Politiche pubbliche nello sviluppo di applicazioni ict in ambito museale e turismo per cultural heritage”, iniziativa di studio che faceva parte di un “cluster” di studio Miur (Rai + altre 3 grandi imprese, ovvero Telecom Italia, Engineering, Vitrociset, + 12 “pmi” + 3 università), di cui è persa completamente traccia… Uno dei tanti casi di avanguardie cognitive che non vengono adeguatamente sviluppate.

Oltre un anno fa, nel giugno del 2021, Civita presentava, nel suo rapporto annuale, uno studio sullo sviluppo digitale dei musei, denunciando i deficit di coordinamento interministeriale, e quindi la dispersione di competenze e la dispersione di risorse (vedi il nostro intervento su “Key4biz” del 21 giugno 2021, “Associazione Civita presenta la “Next Generation Culture”: per uno sviluppo digitale dei musei. Ma manca una policy di sistema”).

Parole al vento, inascoltate dalle istituzioni competenti… con buona pace della gran retorica sulla digitalizzazione del nostro Paese.

Le “raccomandazioni” della Corte dei Conti: anch’esse destinate a divenire scritte sulla sabbia?

Scrive la Corte le “non più procrastinabili azioni necessarie” per superare il disastro:

  1. sviluppare il potenziale delle banche dati culturali e delle collezioni digitali, sia dal punto di vista scientifico che di valorizzazione turistica;
  2. garantire l’uso e l’accessibilità a lungo termine degli archivi digitali e dei prodotti di digitalizzazione del patrimonio culturale;
  3. ridurre le inefficienze e abbassare i costi di gestione attraverso la razionalizzazione dei sistemi informativi (approccio “cloud)”, la dematerializzazione degli archivi cartacei e la digitalizzazione dei depositi;
  4. creare piattaforme per un accesso ampio e integrato al patrimonio di informazioni culturali, al fine di facilitare la fornitura di servizi digitali a cittadini, turisti, scuole, imprese e società civile e garantire l’uso e il riutilizzo da parte di imprese culturali e creative, “start-up”;
  5. formare ed aggiornare le competenze digitali tramite un programma “life long learning” rivolto al personale del Ministero e a tutti gli operatori che operano nel mondo del patrimonio culturale;
  6. elaborare indicatori della “performance” attendibili e costantemente aggiornati, segnatamente per ciò che riguarda il rispetto del cronoprogramma ed il puntuale monitoraggio della spesa, al fine di evitare ulteriori diseconomie;
  7. conciliare le restrittive disposizioni nazionali vigenti in materia di diritto d’autore con le condivisibili raccomandazioni comunitarie, da tempo adottate, in tema di condivisione del patrimonio artistico- culturale e di prioritaria necessità di inclusione dei soggetti a vario titolo più svantaggiati (per motivi economici, didattici, culturali ed anche geografici)…

Per i magistrati contabili, in sintesi: “urge un deciso cambio di passo nella futura messa a terra di tale strategica implementazione digitale condivisa con la pubblica amministrazione”.

Il Ministro Gennaro Sangiuliano studi al meglio il dossier della Corte dei Conti, prenda atto del disastro in corso e chieda al suo collega Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Digitale di promuovere al più presto almeno un “coordinamento” interministeriale.

Clicca qui, per la Delibera n. 50/2022/G della Corte dei Conti – Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato, “Spese per l’informatica con particolare riguardo alla digitalizzazione del patrimonio culturale italiano (2016-2020)”, deliberazione del 12 ottobre 2022, pubblicata il 25 ottobre 2022, relatore il Consigliere Domenico Peccerillo.