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La Cooking Therapy come risposta all’educazione digitale

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Per una educazione digitale si può avvalere questa volta dell’antro domestico della cucina come spazio affettivo in cui si accresce la consapevolezza di un Noi familiare sapidamente integrato, fulcro protettivo di una sana crescita interiore.

Oggi nell’era della postmodernità contorniata dall’iperconnessione agli strumenti digitali anche le punizioni dei genitori si sono ristrutturate sul monito digitale: “se non vai bene a scuola, ti tolgo il cellulare!”, “ti sei comportato male quindi ora niente videogiochi”.

Apparentemente si educa ma in realtà si compie l’errore di delegare allo strumento qualità affettive che non le sono proprie e nel contempo si creano bivi difensivi che possono aumentare il divario generazionale.

Si toglie di mano il cellulare e lo si carica di desiderata che con il tempo possono invece alterare l’utilizzo dello strumento su basi compulsive. Quel che dovrebbe oggi invece essere il leit motiv della linea educativa del digitale all’interno dei nostri spazi domestici è il contenimento strutturale dello strumento in quanto strumento utile per agevolare determinate aree funzionali quali quella relazionale sociale, quella ricreativa e quella cognitiva che oggi viene, forse per la prima volta, messa in primo piano con la sperimentazione, più o meno riuscita, della didattica a distanza (DAD).

Punizioni che dovrebbero invece essere ristrutturate in un percorso di comprensione verso l’errore compiuto, per attivare una strada funzionale di ri-parazione in cui si riflette sull’errore, si creano alleanze comunicative che possono essere interiorizzate in una sorta di google drive affettivo-emotivo che direziona il bambino e più tardi l’adolescente su un percorso di consapevolezza interiore che non orienta l’azione e l’agito nei diversi spazi di crescita, digitale incluso.

Se da una parte infatti il digitale è divenuto la protesi identitaria di tanti adolescenti (Volpi, 2014) aumentando il divario generazionale su un dictat comunicativo dell’aladino digitale che sembra fornire in modo automatico le diverse risposte necessarie alla crescita evolutiva, trasformandosi nel peggior competitor genitoriale, dall’altra è assolutamente prioritario favorire il processo comunicativo tra genitori e figli su terreni di incontro spuri dall’immersione digitale.

In questa prospettiva l’Aldino per e il competitor per tanti genitori va posato sulla scrivania [per tutti, genitori e figli) non in termini di punizione ma di scelta per stare insieme, guardarsi negli occhi anche quando si è compiuta una “marachella” proponendo di fare insieme delle attività.

Non più punizione ma “vieni di là con me mi aiuti a fare qualcosa ed intanto parliamo di ciò che è accaduto”. Il fare insieme qualcosa è l’aggancio relazionale per trovare uno spazio di incontro per tanti adolescenti restii al dialogo, e timorosi del confronto con i genitori.

In questa prospettiva un veicolo diretto di aggancio può essere rappresentato dal cucinare insieme una torta, una pizza, un piatto preferito da condividere poi insieme alla famiglia (attività che tutti abbiamo sperimentato nella sua valenza di risorsa interiore nella fase del lockdown).

Si entra in cucina, si posa il device [per riprenderlo nella fase finale quando scatta il desiderio di immortale nella memoria di silicio la nostra creazione culinaria), e nel fare operativo si accorciano le distanze, si stemperano conflitto, si attiva naturalmente il dialogo cogliendo l’opportunità di analizzare insieme errori di condotta, agiti poco comprensibili e con la torta alla mano uscire più sereni dalla cucina e maggiormente motivati a fare bene.

Punizione che diventa allora scelta e azione riflessiva che ci permette di incrementare il dialogo comunicativo tra genitori e figli trasformandosi in una florida risorsa familiare che non teme il confronto con lo strumento digitale ma anzi ne orienta la delineazione puramente strumentale.

Educazione digitale che passa sempre per la strada affettiva e che si avvale questa volta dell’antro domestico della cucina come spazio affettivo (Volpi, 2020) in cui insieme alla torta che lievita in forno si accresce la consapevolezza di un Noi familiare sapidamente integrato, fulcro protettivo di una sana crescita interiore.

Bibliografia

Volpi B. (2014), Gli adolescenti e la rete, Carocci.

Volpi B. (2020), Che cos’è la Cooking therapy, Carocci.