Key4biz

La Cina ordina alle aziende tech di smettere di acquistare i chip AI di Nvidia

Secondo quanto riportato dal Financial Times, l’autorità cinese per il cyberspazio (Cyberspace Administration of China, CAC) ha imposto alle principali aziende tecnologiche nazionali, tra cui ByteDance e Alibaba, di interrompere immediatamente gli ordini e i test relativi ai chip AI di Nvidia, in particolare il modello RTX Pro 6000D.

Questa direttiva rappresenta un’escalation nella strategia di Pechino per ridurre la dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti, in un contesto di crescente tensione commerciale tra le due potenze.

La decisione arriva a pochi giorni dall’accusa formale mossa dalla Cina contro Nvidia per presunte violazioni della legge antimonopolio, segnalando un ulteriore deterioramento dei rapporti bilaterali sul fronte tecnologico.

Mentre in passato i divieti si erano concentrati sul chip H20, progettato da Nvidia per conformarsi alle restrizioni statunitensi sull’export verso la Cina, la nuova misura è molto più incisiva, coinvolgendo anche il più recente RTX Pro 6000D, che avrebbe dovuto costituire una soluzione su misura per il mercato cinese.

Nonostante alcune aziende cinesi avessero già avviato test e pre-ordini per decine di migliaia di unità, l’ordine della CAC ha imposto la cessazione immediata delle attività con i fornitori di server Nvidia. Il mercato ha reagito prontamente alla notizia: le azioni di Nvidia sono scese dell’1% nel pre-market.

Questo sviluppo rafforza la volontà della Cina di favorire la produzione nazionale di semiconduttori e acceleratori AI, in linea con gli obiettivi strategici di sovranità tecnologica, e rappresenta un colpo significativo per Nvidia, la cui presenza in Cina era già limitata da vincoli normativi imposti da Washington.

Per maggiori informazioni, clicca per l’articolo originale.

Business Insider autorizza i giornalisti a scrivere bozze con l’AI senza informare i lettori

Secondo quanto riportato dalla newsletter Status, Business Insider ha ufficialmente autorizzato i propri giornalisti a utilizzare strumenti di AI per redigere le prime bozze degli articoli, senza obbligo di trasparenza verso i lettori. Tale decisione, comunicata in un memo interno dall’editor-in-chief Jamie Heller, pone la testata tra le prime redazioni statunitensi ad adottare in maniera così estesa l’uso dell’AI nella produzione editoriale.

Le nuove linee guida definiscono l’AI come uno strumento equivalente ad altri usati per ricerca e montaggio immagini. Sebbene venga ribadita la responsabilità personale del giornalista sul contenuto finale, l’assenza di indicazioni obbligatorie sull’uso dell’AI nei testi pubblicati solleva interrogativi etici e rischi di trasparenza.

Solo i contenuti generati interamente dall’AI o non verificati saranno accompagnati da apposite etichette, escludendo invece le bozze AI modificate da giornalisti.

La notizia giunge in un contesto delicato per l’industria dell’informazione, che vive una trasformazione radicale tra crisi dei modelli di business e accuse di appropriazione indebita da parte delle Big Tech.

Business Insider, già coinvolta in controversie dopo la pubblicazione di articoli firmati da un presunto autore generato dall’AI, sembra ora voler normalizzare l’uso della tecnologia nel proprio flusso redazionale. La testata ha persino nominato un responsabile AI per la redazione e lanciato iniziative come uno strumento di ricerca basato su AI. I

nfine, il gruppo editoriale Axel Springer, proprietario di Business Insider, ha siglato accordi di licenza con colossi come Microsoft e OpenAI, rafforzando la sinergia tra editoria e intelligenza artificiale.

Tuttavia, la mancanza di disclosure verso i lettori rischia di compromettere la fiducia nel giornalismo e di amplificare le tensioni sul ruolo dell’AI nell’informazione.

Exit mobile version