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La bomba Nexperia e la crisi della Germania fanno scattare l’allarme chip in Europa

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La stretta di mano tra Trump e Xi fa sperare in una tregua 'duratura' nella guerra dei dazi. Niente giro di vite sui chip, ma in Europa rimane la paura di una carenza nelle forniture. I commenti per Key4Biz di Giampiero Gramaglia e Simone Pieranni.

Chip nervo scoperto dell’industria europea, intanto c’è l’intesa sui dazi tra USA e Cina (reggerà?)

Le catene di approvvigionamento di chip sono il nervo scoperto dell’industria europea contemporanea. Se qualcuno volesse mettere in difficoltà l’economia dell’Unione europea (Ue) saprebbe bene dove colpire. Ad esempio, nelle forniture delle ormai celebri terre rare, che sono fondamentali sia nel processo di produzione (attrezzature), sia nella composizione stessa dei chip.

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, con il suo viaggio in Asia di questi giorni, sembrerebbe essere riuscito a superare lo “stallo” nei rapporti con la Cina, allentando la tensione legata agli annunci di “dazi reciproci” tra le due superpotenze, che avrebbero determinato una stretta pesantissima sulle forniture globali di terre rare e quindi di chip.

L’intesa annunciata da Busan, in Corea del Sud, per quanto preliminare e sancita più che altro da una semplice stretta di mano, sospenderebbe tra le atre cose lo stop alle esportazioni di minerali essenziali per un anno, ma non è chiaro se questo riguarderà anche le forniture all’Unione europea.

A quanto si apprende da fonti stampa, i controlli e l’eventuale stretta sulle forniture di chip “su scala mondiale” sarebbero rimandati di un anno. Se ne deduce che questo varrebbe anche per l’Europa: “I due team dovrebbero perfezionare e finalizzare il lavoro di follow-up il prima possibile (…), tranquillizzare gli animi sulle economie di Cina, Stati Uniti e del mondo“, riporta l’agenzia cinese Xinhua.

La situazione europea sulle terre rare è estremamente critica proprio per la forte dipendenza dalla Cina, che controlla circa il 70% della produzione globale e l’80% della raffinazione. L’Unione europea sta lavorando attivamente per ridurre questa dipendenza con il piano “RESourceEU, che prevede la diversificazione delle fonti, l’incremento della produzione interna e la creazione di un centro congiunto di acquisto e stoccaggio strategico.

Venerdì incontro “ad alto livello” tra Ue e Cina sulle terre rare

Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha espresso al premier cinese Li Qiang:forte preoccupazione per l’espansione dei controlli sulle esportazioni di materie prime critiche e di beni e tecnologie correlati da parte della Cina“, dopo la stretta di Pechino all’export delle terre rare.
L’ho esortato a ripristinare il prima possibile catene di approvvigionamento fluide, affidabili e prevedibili“, ha sottolineato Costa a Kuala Lumpur, a margine del summit Asean.

L’obiettivo è trovare una rapida soluzione a questo problema che, come giustamente avete sottolineato, è grave e ha suscitato molte preoccupazioni nell’industria europea“, ha detto il portavoce dell’UE Olof Gill.

Non commentiamo i negoziati commerciali tra paesi terzi. Ma ovviamente, in linea di principio, accogliamo con favore qualsiasi sviluppo che rimuova le barriere ai flussi commerciali globali”, ha detto Gill interpellato nel corso del briefing con la stampa sull’annuncio di sospensione di un anno delle restrizioni all’esportazione di terre rare fatto da Pechino. “L’Ue è pienamente concentrata sul proprio impegno commerciale bilaterale con la Cina, incluso il commercio di terre rare, e domani si terranno a Bruxelles discussioni tecniche ad alto livello e ne parleremo”, ha aggiunto il portavoce europeo.

Gramaglia: “L’Europa rischia di farsi trovare impreparata”

Sono in corso trattative con India, Filippine, Thailandia, Malesia ed Emirati Arabi Uniti per aprire nuovi mercati. Tuttavia, la dipendenza rimane elevata e la Cina ha irrigidito i controlli sulle esportazioni, mettendo a rischio la competitività industriale europea. La situazione, comunque, è da considerarsi già grave e l’ormai ex locomotiva dell’economia europea, la Germania, inizia a mostrare segni di difficoltà evidenti.

L’Europa sconta, come tutto l’Occidente, una straordinaria miopia sul fronte dell’approvvigionamento di chip, avendo privilegiato l’economicità sulla sicurezza ed essendosi così resa dipendente invece che autonoma. In questo contesto, la tradizionale lentezza europea, rispetto all’attuale pur disordinata dinamicità americana nei rapporti con la Cina, aggiunge un elemento di penalizzazione: invece di trarre vantaggio dai 90 giorni di stallo tra Washington e Pechino, l’Unione europea rischia di farsi cogliere impreparata dall’intesa Usa-Cina”, ci ha detto  Giampiero Gramaglia, direttore del webzine AffarInternazionali.it dell’Istituto Affari Internazionali.

Pieranni: “Europa rimane mercato rilevante per l’export cinese”

Credo che questa ‘guerra die chip’ sia assolutamente a lungo termine, soprattutto considerando la rilevanza delle terre rare per le tecnologie digitali e la Difesa. L’Europa, posto che avrebbe dovuto pensarci prima, può ancora trovare un modo di dialogare con Pechino essendo un mercato che interessa molto alla Cina. Ma serve innanzitutto più indipendenza, specie rispetto a Washington. Una cosa al momento impensabile nel breve periodo. Nell’attesa, è necessario trovare un accordo con la Cina in modo autonomo rispetto agli USA. Pechino non considera l’Unione europea importante da un punto di vista geopolitico, ma a causa delle relazioni burrascose con gli Stati Uniti, nonostante adesso ci possa essere un momento di appeasment con Trump, Bruxelles potrebbe tornare fondamentale come destinazione alternativa per compensare la perdita delle esportazioni cinesi verso il mercato americano. Questa per l’Europa è un’opportunità da non sottovalutare”, ci ha spiegato Simone Pieranni, giornalista di Chora Media ed esperto di Cina e geopolitica asiatica.

La crisi industriale della Germania trascinerà tutti in recessione?

La Germania, come principale potenza industriale europea, è particolarmente vulnerabile. Berlino rischia il terzo anno di recessione consecutivo. La produzione industriale tedesca è crollata del 4,3% su base mensile ad agosto, rispetto al +1,3% di luglio. Su base annua è scesa di quasi il 4% (il 15% inferiore al livello pre-pandemico). Il calo della produzione è stato determinato principalmente dall’industria manifatturiera e da quella automobilistica.

Secondo l’ufficio statistico federale, il PIL della Germania è praticamente stagnante. Tolto l’effetto incentivi pompati subito dopo la pandemia da Covid-19, per far riprendere produzione industriale e consumi, il PIL tedesco è passato dal +3,9% del 2021 al +1,8% del 2022, fino al doppio negativo nel 2023 (-0,9%) e nel 2024 (-0,5%), mentre per l’anno in corso è stimato un lieve risultato positivo: +0,2%. Qualcuno parla inevitabilmente di recessione tecnica per il 2025.

Uno studio di Roland Berger per la Federazione delle industrie tedesche evidenzia che la dipendenza dalle materie prime critiche (incluse le terre rare) dalla Cina è in crescita. Le restrizioni cinesi hanno portato a impennate dei prezzi e potenziali danni economici stimati fino a 115 miliardi di euro, pari al 15% del valore aggiunto industriale tedesco. Questo potrebbe compromettere gravemente la competitività delle sue industrie strategiche.

La bomba Nexperia

La Germania non è certo l’unico Paese che rischia di subire gli effetti negativi delle attuali e future strozzature delle forniture di chip per le industrie strategiche (automotive, batterie, motori elettrici, elettronica e digitale, Difesa e Spazio, tecnologie per l’efficienza energetica, fotovoltaico, eolico e clean technologies, solo per citare i settori più critici).

La crisi aperta dall’azienda olandese produttrice di chip Nexperia è un campanello di allarme che sta risuonando in tutta l’Unione europea e anche oltre i suoi confini.

Nexperia è controllata dal colosso cinese Wingtech Technology. I suoi chip sono cruciali, soprattutto per l’industria automobilistica e l’elettronica di consumo in Europa. A settembre 2025, però, il governo dei Paesi Bassi ha deciso di assumerne il controllo, una sorta di commissariamento.

L’Aia, per decisione del Ministro ad interim per gli Affari economici, Vincent Karremans, ha invocato la Legge sulla Disponibilità di Merci“, citando “segnali recenti e acuti di gravi carenze di governance” in Nexperia. L’obiettivo dichiarato “è garantire la continuità e la salvaguardia sul suolo olandese ed europeo di conoscenze e capacità tecnologiche cruciali” per la sicurezza economica, impedendo che i beni prodotti diventino indisponibili.

A quanto riportato dalla Reuters, l’ex CEO Zhang Xuezheng, fondatore della Wingtech Technology, sembrerebbe abbia praticamente smantellato la sede olandese per trasferire tutto in Cina, licenziando il 40% del personale europeo e chiudendo il centro ricerche avanzate a Monca di Baviera, proprio in Germania.

La ritorsione cinese

Come risposta all’intervento del Governo olandese, la Cina avrebbe bloccato le forniture di chip prodotti da Nexperia verso l’Europa. Sebbene questi siano prodotti nell’Ue, in realtà il confezionamento avviene in Cina prima della distribuzione europea (altro nodo che prima o poi viene al pettine: non basta produrre in Europa per garantirsi autonomia e indipendenza, bisogna “europeizzare” tutta la filiera dei chip).

La disputa geopolitica sulla società olandese di chip Nexperia ha messo in luce la posizione sempre più precaria dell’Europa: bloccata nel mezzo di un’intensa rivalità tra Stati Uniti e Cina e incapace di trovare accordi soddisfacenti con entrambe le parti contemporaneamente.
L’aspetto più brutto di questa vicenda è che in qualsiasi modo Bruxelles si muoverà ne uscirà perdente.

I rischi di una forte dipendenza europea dalle forniture estere di chip

Una situazione di stallo, questa di Nexperia, che potrebbe travolgere le principali industrie europee, a partire da quella automobilistica. Secondo l’Associazione europea dei costruttori di automobili (ACEA): “Sebbene l’industria si rifornisca già degli stessi tipi di chip da operatori alternativi sul mercato, l’omologazione di nuovi fornitori per componenti specifici e l’avvio della produzione richiederebbero diversi mesi, mentre si prevede che le attuali scorte di chip Nexperia durino solo poche settimane”. 

Le interruzioni delle catene di montaggio potrebbero essere a pochi giorni di distanza. Esortiamo tutti i soggetti coinvolti a raddoppiare gli sforzi per trovare una via d’uscita diplomatica da questa situazione critica“, ha dichiarato il direttore generale ACEA, Sigrid de Vries.

La Volkswagen ha già avvertito di non poter garantire la continuità produttiva nei prossimi mesi e in Germania si parla apertamente di cassa integrazione. Toyota e Nissan, dall’altra parte del globo, denunciano difficoltà simili. L’interdipendenza complessa e profonda delle economie post globalizzate è ormai un obiettivo sensibile in caso di scontro tra superpotenze e ora ci si rende conto, troppo tardi, di questo nodo critico.

Altri Paesi europei esposti sono quelli con industrie manifatturiere, tecnologiche e di Difesa sensibili alle forniture di terre rare, come Francia e Italia, con produzioni elettroniche avanzate. L’Ue nel suo insieme potrebbe soffrire effetti negativi significativi se l’accordo raggiunto oggi tra Washington e Pechino non dovesse reggere al tempo e al lavoro dei ‘falchi’ in entrambi i Paesi, con la possibilità sempre dietro l’angolo di un giro di vite sulle forniture e quindi di possibili colli di bottiglia nelle supply chain e potenziali interruzioni nei settori chiave dell’economia europea.

Anche l’Italia dovrebbe rendere più resilienti le catene di approvvigionamento

In Italia, le materie prime critiche, tra cui litio, rame e terre rare, contribuiscono alla produzione industriale delle imprese tecnologiche per oltre 60 miliardi di euro, rendendo il sistema manifatturiero particolarmente esposto ai rischi geopolitici, secondo un’indagine realizzata da The European House – Ambrosetti e ANIE Confindustria.

Non possiamo più permetterci di dipendere da filiere fragili concentrate in poche aree del mondo – ha dichiarato Filippo Girardi, Presidente ANIE Confindustria – il settore elettrotecnico ed elettronico è pronto a fare la sua parte e accogliamo con favore l’approvazione del Programma nazionale di esplorazione mineraria come primo passo importante. Ma è fondamentale che le istituzioni sostengano questo sforzo con politiche industriali coraggiose, investimenti nella transizione circolare e strumenti concreti per rafforzare l’autonomia tecnologica del Paese”.

Se l’accordo con gli Stati Uniti non dovesse tenere e la Cina decidesse di inasprire ulteriormente la stretta sugli approvvigionamenti, le catene di fornitura europee potrebbero subire gravi contraccolpi in termini di costi, disponibilità di materiali e rallentamenti produttivi, con impatti diretti sulle catene del valore di tutte le industrie sopra citate.

Bruxelles sta cercando di rispondere con politiche di de-risking, reshoring e accordi strategici per favorita l’autonomia e sicurezza di approvvigionamento, ma la situazione geopolitica è sempre più instabile e anche il ruolo degli Stati Uniti si fa ambiguo e poco confortante per l’Europa.

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