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Kirk e radicalizzazione online, le piattaforme Discord, Steam, Twitch e Reddit in audizione a Washington

Piattaforme di gaming e radicalizzazione online: il caso Kirk attira l’attenzione di Washington

L’omicidio di Charlie Kirk, figura di spicco della destra americana, ha riportato al centro del dibattito internazionale il ruolo dei social media e delle piattaforme di gaming, in questo caso come luoghi di radicalizzazione e incubatori di violenza politica.

Il presunto killer, anche lui cresciuto in ambienti fortemente conservatori e repubblicani, oggi in carcere nella contea di Utah, Tyler Robinson (che rischia seriamente la pena di morte), secondo le prime ricostruzioni riportate in articolo di Sara Fischer e Erica Pandey pubblicato su Axios, avrebbe confessato l’assassinio in una chat di Discord, la popolare piattaforma nata per mettere in contatto i gamer e diventata oggi uno dei principali spazi di socializzazione digitale per milioni di giovani americani e non.

Una Commissione d’inchiesta sulle piattaforme Discord, Steam, Twitch e Reddit

Discord, Roblox, Twitch (Amazon) e Steam (Valve) nascono come strumenti per networking e per il gaming, ma col tempo si sono trasformati in veri e propri hub sociali.

Qui, milioni di utenti – spesso giovanissimi – interagiscono in spazi semi-chiusi, con false identità e pseudonimi fantasiosi, meno esposti ai controlli e alle regole delle piattaforme mainstream come Instagram o TikTok.

Per questo, di fronte all’assassinio di Kirk, Washington vuole alzare il livello di attenzione. James Comer (Repubblicano del Kentucky), presidente della House Oversight and Government Reform Committee, ha convocato per l’8 ottobre 2025 i CEO di Discord, Steam, Twitch e Reddit.

L’obiettivo è discutere i casi di radicalizzazione online e le responsabilità delle piattaforme.

Parlando dell’omicidio di Kirk, Comer ha dichiarato in una nota: “di fronte a questa tragedia e ad altri episodi di violenza politica, il Congresso ha il dovere di vigilare. Le aziende tecnologiche devono spiegare come intendono evitare che i loro spazi digitali vengano sfruttati a fini nefasti”.

Dal videogioco alla radicalizzazione e la violenza

È proprio questa architettura “chiusa” che preoccupa analisti e policy maker. Secondo Mariana Olaizola Rosenblat, esperta di tecnologia e diritto alla NYU Stern, “gli estremisti e i predatori sessuali scelgono questi ambienti perché vi trovano giovani molto coinvolti, desiderosi di connessione, spesso fragili”.

Nelle chat private, difficilmente accessibili anche ai ricercatori, il linguaggio dei videogiochi viene usato per mascherare messaggi d’odio e idee radicali, sfumando il confine tra gioco e realtà.

Secondo molti commentatori Robinson potrebbe non avere niente a che fare con i cosiddetti “antifa” o altri movimenti di estrema sinistra (come invece subito denunciato dai supporters MAGA e lo stesso Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump), ma proprio con il mondo opposto della “alt-right” e dell’estrema destra americana, come il movimento Groyper guidato da Nick Fuentes, che più volte si era scontrato con Kirk.

I precedenti che hanno fatto scuola

Non è la prima volta che queste piattaforme finiscono al centro di inchieste:

Una sfida globale

Il problema non riguarda solo gli Stati Uniti. La natura ibrida di queste piattaforme – allo stesso tempo spazi di intrattenimento, socializzazione e informazione – le rende terreno fertile per la disinformazione, l’estremismo, il cyberbullismo e gli abusi sessuali, in particolare a danno dei più giovani.

Le aziende, da parte loro, parlano di massicci investimenti in intelligenza artificiale e moderazione umana ‘h24‘. Roblox, ad esempio, rivendica l’uso combinato di machine learning e team globali per bloccare contenuti e comportamenti pericolosi. Ma la realtà, come dimostrano i casi giudiziari e le tragedie già avvenute, è che le falle restano enormi.

Le piattaforme di gaming sono oggi l’equivalente delle piazze digitali per milioni di adolescenti e giovani adulti, che in questo si differenziano di molto dai loro coetanei di 20 anni fa. Si tratta di un fenomeno sociale e culturale assolutamente nuovo. Non più soltanto spazi di gioco, ma luoghi in cui si formano vere e proprie subculture online, fatte di opinioni, identità, slogan, modi di dire e relazioni sociali, spesso sconosciute e inaccessibili a chi è ‘fuori’ da queste realtà e da questi ‘luoghi’.

La sfida per i governi e per le aziende (ma anche per la società tutta) è garantire che queste comunità non diventino incubatori di radicalizzazione e violenza di varia natura. L’8 ottobre potrebbe essere un test cruciale per gli Stati Uniti e per tutti noi: a Washington si inizierà a capire se l’industria è pronta ad assumersi una reale responsabilità sociale, o se a prevalere sarà ancora una volta la logica del business.

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