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Kiosk LinkNYC. New York capitale tecnologica del mondo, ma a quale prezzo?

Roberto Capocelli

Sono ormai dappertutto e continuano a spuntare come funghi con una rapidità impressionante. Dopo Manhattan tocca ora a Brooklyn e Queens; il comune di New York ha annunciato di rispettare a pieno la tabella di marcia per l’installazione di 7500 kiosk LinkNYC entro il 2023 in tutti i cinque borough.

Si tratta di totem di ultima tecnologia muniti di connessione ad alta velocità, un tablet incorporato, 3 camere ciascuno e 30 sensori.

Il progetto era stato annunciato dal sindaco De Blasio nel 2014 e, come sempre, raccontava una storia di successo e una missione: riaffermare il primato di New York come capitale tecnologica del mondo, sostituendo le vecchie cabine a gettoni con dei totem super-tech in grado di offrire, a tutti i newyorkesi, accesso gratuito ad internet e chiamate gratis in tutti gli Stati Uniti.

I totem Link NYC offrono una vasta gamma di funzionalità che lascia impallidire i loro predecessori analogici: chiamate VoIP su tutto il territorio nazionale, porte USB per ricaricare gli smartphone, connessione internet ad alta velocità accessibile sia attraverso un tablet Chrome incorporato nei chioschi, sia tramite Wi-Fi a cui possono connettersi i dispositivi mobili degli utenti. Tutto gratuito, o almeno così si dice.

Un vero e proprio sogno americano presentato come “internet pubblico e gratuito” che, però, a guardar bene viene a caro prezzo: quello della privacy delle informazioni personali di milioni di persone.

Sin da subito, infatti, le associazioni di difesa della privacy si sono accorte che qualcosa non andava: a cominciare dal linguaggio con cui venivano spiegate le condizioni e i termini del servizio, vago, troppo vago secondo gli esperti. Insomma, come spiegato in una conferenza dello scorso autunno, il progetto sembra tutto tranne che gratuito e pubblico.

È la struttura stessa del business model dell’iniziativa, infatti, ad attrarre le preoccupazioni di chi guarda alla privacy: la rete non è, infatti, finanziata dalla città di New York. Il capillare network Link NYC è di proprietà di un consorzio di aziende private che si fa chiamare CityBridge; il consorzio sarà anche gestore della rete.

Quando gli è stato assegnato il bando nel 2014, il consorzio includeva alcune delle più grandi aziende nel settore tech: Qualcomm, produttore di telecomunicazioni; CIVIQ Smartscapes, una società del gruppo Comark che si occupa di tecnologie per smart city; Control Group e la società di pubblicità Titan.

Da notare che proprio la Titan era salita alla ribalta delle cronache nel 2014 dopo che si era scoperto che l’azienda aveva fatto installare dei “beacon” Bluetooth in oltre 100 cabine telefoniche a pagamento, allo scopo di testare la tecnologia, senza il permesso della città. Titan fu obbligata a rimuovere i dispositivi di tracciamento.

Poi, nell’estate del 2016, due dei partner principali, Titan e Control Group, sono stati acquistati e fuse in una nuova società, Intersection. Intersection, a sua volta, è di proprietà di Sidewalk Labs che altro non è se non una società specializzata in innovazione urbana controllata da Alphabet, cioè da Google.

Il progetto prevede di generare profitti per 500 milioni di dollari nei prossimi 12 anni che il consorzio CityBridge ha promesso di dividere a metà con il comune di New York. Ma come fanno a fare così tanti soldi con un servizio totalmente gratuito e i cui costi sono interamente a carico delle aziende che lo forniscono, ci si chiede.

In un articolo apparso sul popolare Village Voice, fa notare l’esperto di cybersecurity Benjamin Dean, un portavoce di Citybridge ha prima detto che l’opera ha un costo di 300 milioni di dollari e poi affermato che Link NYC permetterà di fare molti profitti. Ma se, secondo le stime, i profitti saranno 500 milioni in 12 anni e da dividere con il comune di NY, quindi alla fine solo 250 milioni per il consorzio che, a questo punto, dovrebbe andare in perdita di 50 milioni sulle spese se la matematica non è un’opinione.

Evidentemente non è così, ma non è dato conoscere i dettagli.

Eppure una frase pronunciata dal CEO di Sidewalk Lab, Dan Doctoroff, ci può aiutare a intuire come verrà risolto l’arcano: “”Avendo accesso alle attività di navigazione di persone che utilizzano il Wi-Fi – anonime e aggregate (sostiene, ndr) – possiamo efficacemente indirizzare gli annunci pubblicitari alle persone che passano in prossimità e poi, ovviamente, nel corso del tempo tenerne traccia attraverso un sacco di piattaforme diverse, attraverso i beacon e i servizi di geo localizzazione, così come attraverso i dati di navigazione. Quindi, in effetti quello che stiamo facendo è replicare l’esperienza digitale in uno spazio fisico”.

Tutto è più chiaro, anche se rimane il dubbio su come sia possibile indirizzare con “efficacia” gli annunci se i dati sono anonimi e aggregati.

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