nota diplomatica

Isole imperiali, propaggini remote e abbandonate degli USA

di James Hansen |

Gli Stati Uniti possiedono direttamente dei piccoli ‘territori d’oltremare’, da Puerto Rico alle isole Vergini, da Guam alle Marianne Settentrionali, fino alle Samoa. Territori in crisi, distanti, invisibili e insignificanti dal punto di vista politico e mediatico.

È d’uso, specialmente a sinistra, definire gli Usa un ‘impero’. La descrizione cozza con il significato convenzionale del termine, ovvero “un organismo politico con a capo un sovrano che porta il titolo di imperatore, formato da altre entità statali (regni, principati, nazioni ecc.), tutte subordinate all’autorità centrale”.

James Hansen

Tralasciando l’aspetto poco ‘imperiale’ di Biden, Trump et al., il vero problema con la definizione è quello dell’estensione territoriale, dato che gli Usa sono un paese decisamente ‘unitario’ dal punto di vista geografico. Tuttavia, gli Stati Uniti possiedono direttamente dei piccoli (perlopiù piccolissimi) ‘territori d’oltremare’.

Il più grande di questi—l’unico di dimensioni ragguardevoli—è l’isola di Puerto Rico. Ha una popolazione di 3,3 milioni ed è situata nell’Oceano Atlantico ai margini dei Caraibi, come anche le Isole Vergini Americane (popolazione 87 mila). Gli altri territori, sempre delle isole, sono invece nel Pacifico: Guam (popolazione 154 mila), le Marianne Settentrionali (47 mila) e le Samoa Americane (50 mila).

Oltre alla comune nazionalità, tutti questi piccoli territori sparsi sono uniti da un’altra caratteristica condivisa: la popolazione in forte calo—e non è evidente quale sia il motivo. In due casi, quelli delle Isole Vergini e delle Samoa americane, esiste un ‘gemello’ vicino con cui fare un paragone immediato: le Isole Vergini Britanniche e le Samoa indipendenti. Tra il 2010 e il 2020 le Isole Vergini Americane hanno perso il 18% degli abitanti, mentre la popolazione delle Isole Vergini Britanniche è cresciuta del 9%. La popolazione delle Samoa Americane è calata dell’11%, mentre le Samoa indipendenti hanno guadagnato il 7%…

Neanche gli Stati più sciagurati degli Usa continentali—West Virginia, che perde il 3,2% della propria popolazione, e Mississippi, che ne perde lo 0,2%—arrivano a tanto. E comunque, nell’insieme, la popolazione degli Usa—che va verso i 334 milioni —continua a crescere.

Cos’hanno quelle misere isole americane rispetto alle vicine che invece parrebbero godere di piena salute? È pericoloso affidarsi a una sola, semplice spiegazione, ma un fattore comune salta agli occhi: le isolette Usa—con la sola e limitata eccezione di Puerto Rico—non contano un ‘cavolo’.  Sono distanti, invisibili e insignificanti dal punto di vista politico e mediatico.

Il fatto è che il loro declino parrebbe avere molti punti in comune con quello dello sterminato e quasi vuoto interno degli Stati Uniti—la zona di infinite pianure, deserti e boschi che gli abitanti delle due ricchissime coste del Paese descrivono con sufficienza come “fly-over country”, cioè ‘territorio da sorvolare’ mentre si passa da una costa che conta all’altra…

Sinteticamente, i territori isolani americani sono in crisi molto probabilmente perché, in una nazione governata essenzialmente secondo criteri economici e di cui oltre l’80% della popolazione è ‘urbanizzato’, è come se fossero funzionalmente ’rurali’.  Varrebbero quindi poco o niente e non se ne cura nessuno.