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Internet@Italia2014. ISTAT-FUB: il 39% delle imprese non usa i social e non vende online

Digital divide

Il 39% delle imprese italiane con almeno 10 addetti è classificato come ‘utente debole’ di Internet, presente online con un sito aziendale ma senza usare i social network e senza sfruttare il canale eCommerce per le vendite online di prodotti e servizi. Inoltre, E ancora, il 60% delle imprese italiane si affida esclusivamente a competenze esterne per le sue funzioni ICT, delegando in outsourcing la componente informatica, un fattore che non viene considerato strategico per il core business aziendale. Sono questi gli elementi più preoccupanti che emergono dal convegno “Il digital divide in Italia: l’uso di Internet da parte di cittadini e imprese” che si è tenuto questa mattina per presentare i dati dell’indagine ISTAT-FUB (Fondazione Ugo Bordoni), raccolti nell’eBook ‘Internet@Italia2014: l’uso di Internet da parte di cittadini e imprese’.

Al convegno hanno partecipato Giorgio Alleva, Presidente ISTAT; Alessandro Luciano, Presidente Fondazione Ugo Bordoni; Linda Laura Sabbadini, Direttore del Dpartimento per le Statistiche sociali e ambientali dell’ISTAT; Giovanni Barbieri, Direttore centrale delle statistiche economiche e strutturali sulle imprese e le istituzioni, del commercio con l’estero e dei prezzi al Consumo dell’ISTAT; Giacinto Matarazzo, Responsabile Area Analisi economica e di scenario ICT della Fondazione Ugo Bordoni; Francesco Pirro, Dirigente Area Studi, ricerca e pareri dell’AGID; Paolo Lupi, Dirigente del servizio economico e statistico dell’AGCOM; Andrea Nicolini, responsabile Area Sistemi Informatici del Cisis (Centro interregionale servizi informatici, geografici, statistici).

La fotografia

L’esclusione dalla Rete è sempre più sinonimo di esclusione sociale e le competenze digitali sono un elemento fondamentale nella società di oggi. “La ricerca che abbiamo condotto con la FUB guarda a due versanti, l’uso di internet da parte delle famiglie e quello delle imprese con almeno 10 addetti”, ha detto Giorgio Alleva, Presidente ISTAT, presentando oggi la seconda edizione dopo quella dell’anno scorso della ricerca condotta con la FUB.

Gli ha fatto eco Alessandro Luciano, Presidente Fondazione Ugo Bordoni: “L’uso della Rete non è cambiato molto rispetto all’anno scorso – ha detto Luciano – la popolazione italiana è divisa a metà, da un lato ci sono i cittadini digitali (20-30 milioni) che sono per lo più giovani e scolarizzati, dall’altro ci sono gli esclusi digitali, che sono per lo più casalinghe e pensionati, anche se il digital divide riguarda anche il 25% fra i 19 e i 54 anni”.

I non fruitori di Internet sono 22 milioni, esistono forti differenze generazionali che però si vanno via via affievolendo.

“Lo sviluppo della banda larga è un fattore importante nell’ottica degli obiettivi europei al 2020 – aggiunge Luciano – l’Italia è indietro per quanto riguarda la copertura, ma nel mobile le connessioni sono diffusissime. Il digital divide è un fattore non dovuto quindi esclusivamente a carenze di copertura, ma soprattutto a un ritardo culturale diffuso”.

ISTAT e FUB hanno rinnovato la convenzione per realizzare la ricerca sull’uso di Internet per i prossimi 5 anni alla quale si affiancherà un altro versante di indagine, l’utilizzo della Rete da parte degli immigrati che si trovano nel nostro paese.

L’uso di Internet da parte delle famiglie è arrivato al “75% nel 2014 – dice Linda Laura Sabbadini, Direttore del Dpartimento per le Statistiche sociali e ambientali dell’ISTAT – ma il tasso di crescita sta diminuendo, visto che nel 2015 è aumentato del 2% a fronte dell’incremento del 4% nel 2014 e del 6% nel 2013”. Anche la percentuale di fruitori della Rete cresce, ma non abbastanza, attestandosi al 68% in Italia (come la Grecia) e ancora lontano dalle percentuali intorno all’80% – 90% di paesi come Germania e Regno Unito.

E mentre si va verso la saturazione dei possessori di cellulare, con il 95% della popolazione che ne possiede uno, l’accesso a Internet è indietro, con una percentuale del 70% al Nord e del 62% al Sud.

Per quanto riguarda il Cloud, poi, “si tratta ancora di una nicchia perché il 68% degli utenti preferisce salvare i contenuti sul pc o sulla posta elettronica”, aggiunge Sabbadini.

Il gap delle imprese

Il versante più preoccupante per il digital divide di casa nostra riguarda le imprese. “Il 39% delle imprese sono utenti deboli del web – ha detto Giovanni Barbieri, Direttore centrale delle statistiche economiche e strutturali sulle imprese e le istituzioni, del commercio con l’estero e dei prezzi al Consumo dell’ISTAT – hanno un sito web, che usano però soltanto come una vetrina, ma non usano i social network e neppure sfruttano l’eCommerce per vendere prodotti e servizi online”. L’eCommerce è utilizzato dall’8% delle aziende, ma principalmente per fare acquisti.

E ancora, la maggior parte delle imprese usa ancora connessioni fra 2 e 10 Mbps, soltanto il 4,7% delle aziende consente la personalizzazione dei contenuti per gli utenti.

Va molto meglio il versante mobile, a fronte di una crescita esponenziale dell’uso di connessioni mobili.  

 

“Le imprese italiane sembrano aver colto soltanto gli aspetti più superficiali del web, come il sito vetrina, ma percepiscono le competenze ICT come esterne all’azienda”, aggiunge Barbieri.

Il digital divide in Italia è legato in primo luogo alla mancanza di “cultura digitale – dice Giacinto Matarazzo, Responsabile Area Analisi economica e di scenario ICT della Fondazione Ugo Bordoni – per i 20 milioni di persone escluse dalla rete cresce il rischio di marginalità sociale”.

Tavola rotonda

La tavola rotonda sul ruolo delle Istituzioni per una maggior promozione di Internet, moderata da Alberto Zuliani, è stata aperta da Francesco Pirro, Dirigente Area Studi, ricerca e pareri dell’AGID: “In Italia il mobile è usato più del fisso, questo si sa, ma l’aspetto più preoccupante è quel 40% di aziende che non considerano l’ICT strategico per il business”, ha detto Pirro, aggiungendo che è su questa fetta di utenza che bisogna agire per far capire come nuove idee in Rete sono in grado di creare valore in maniera ‘disruptive’. “Basti pensare a Google, Facebook, Uber, Airbnb, Skype, Netflix”.

Dal canto suo, Paolo Lupi, Dirigente del servizio economico e statistico dell’AGCOM, ha comunque sottolineato l’importanza delle infrastrutture di rete: “La disponibilità di infrastrutture è fondamentale – ha detto Lupo – preoccupa la difficoltà dei target europei, in particolare l’obbligo entro il 2020 di raggiungere il 50% della popolazione con sottoscrizioni a servizi a 100 Mbps”.

Infine, Andrea Nicolini, responsabile Area Sistemi Informatici del Cisis (Centro interregionale servizi informatici, geografici, statistici), ha ricordato il suo impegno per la diffusione della Rete a livello regionale. “Per diffondere la Rete sul territorio bisogna creare cultura digitale a partire dalle scuole”, ha detto, ricordando che alcune scuole sono già avanti – fornendo corsi di studi completamente basati sull’uso del digitale – allo stesso modo di alcune aree del paese, come Trento, dove i medici di base stanno studiando la possibilità di prescrivere App mediche ai pazienti cronici.

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