Le barriere

Internet of Things: frequenze, standard e domanda latente i nodi da sciogliere

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Le utilities dell’energia dovranno modellare le loro strategie sul nuovo paradigma dell’IoT, alimentando la domanda di oggetti connessi perché il mercato decolli.

Internet of Things, un mercato promettente con miliardi oggetti connessi nel giro di pochi anni che entreranno nelle nostre case e, nelle aziende, nelle fabbriche. Un nuovo mercato fatto di sensori e oggetti connessi, pronti a trasmettere miliardi di dati che promettono di ribaltare diversi settori, a partire da quello energetico Un mondo alle porte, si prevedono 20,8 miliardi di oggetti connessi nel 2020 rispetto ai 6,4 miliardi del 2015. Ma i nodi da sciogliere sono ancora tanti, a partire dalle frequenze da utilizzare (ne serviranno tante) passando per gli standard di comunicazione per finire con il ruolo delle authority di regolazione.

“L’Internet of Things per l’efficienza energetica avrà un forte impatto sulle strategie delle utilities – dice Stefano Clerici, responsabile dell’Osservatorio sull’Efficienza Energetica CESEF (Centro studi efficienza energetica) di AGICI – il tema è di grande attualità perché le potenzialità sono notevoli, ma si teme anche la rapida obsolescenza delle tecnologie e delle applicazioni”.

Un esempio arriva dal mondo dei tablet e degli smartphone, dove l’obsolescenza è molto rapida: un iPad di qualche anno fa non è più in grado di supportare le nuove applicazioni di oggi e quindi sono costretto a cambiarlo.

Un tema, quello dell’obsolescenza, che rischia di limitare anche il mercato nascente dell’IoT: i produttori dovranno fare attenzione a questo aspetto.

Un altro ostacolo al decollo del mercato di massa dello IoT riguarda la domanda, che per ora è latente. Ad esempio, in ambito domotica, ora come ora il primo driver alla diffusione di apparecchiature M2M è la sostituzione. “Oggi che deve sostituire il termostato di casa può essere stimolato ad acquistare quello nuovo connesso in rete – dice Clerici – quindi, per far decollare la domanda le utilities devono tener conto di questo primo driver, stimolando il mercato della sostituzione in chiave IoT”.

 

C’è poi il tema della banda, delle frequenze necessarie per veicolare la comunicazione M2M. AGCOM ci sta lavorando, in collaborazione con l’AEEG nell’ambito del tavolo permanente sul M2M.

Per ora i nuovi contatori del gas e quelli di seconda generazione per i consumi elettrici (Enel com’è noto ne installerà 32 milioni nelle case degli Italiani) viaggeranno su frequenze 2G (Gsm e Gprs).

Basteranno per sostenere il traffico IoT in ambito smart grid e smart metering?

Il monitoraggio delle reti elettriche (es. smart metering, grandi volumi di dati ma tempi di risposta non critici); il controllo (principali funzionalità delle smart grid) e la loro protezione (la più critica, con latenza nell’ordine dei millisecondi) impongono trasmissione dati in tempo reale, senza latenza.

Un altro tema aperto è quello dei protocolli di comunicazione in ambito domotica degli oggetti connessi. Un’ipotesi è utilizzare il WiFi, ma sembra che consumi troppo.

I produttori sviluppano standard diversi fra loro anche per quanto riguarda i dispositivi, c’è quindi il rischio di dover gestire separatamente i diversi oggetti connessi in casa (elettrodomestici, sistema di illuminazione, serrande, termostato) perché fra loro non parlano.

Infine, anche i big player del digitale guardano con attenzione al mondo IoT. Google ad esempio sta sviluppando WEAVE, una piattaforma (agganciata al Android) di comunicazione fra oggetti, smartphone-to-the-cloud e interazione fra smartphone e web. C’è da dire però che l’azienda non ama parlarne. Apple dal canto suo sembra un po’ ferma sullo IoT, mentre Microsoft ha già sviluppato la sua.