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Intelligenza artificiale e strategia UE, Roberto Viola ‘Al centro di ogni azione sempre le persone’

Roberto Viola

L’intelligenza artificiale è una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche degli ultimi decenni. Ne sono convinti in molti, tra esperti, ricercatori, sviluppatori, docenti e rappresentanti delle Istituzioni e del mondo della politica e delle imprese.

Il mondo investe oggi circa 3 miliardi di dollari in tecnologie per l’AI (artificial intelligence), se ne attendono 3,5 miliardi per la fine dell’anno in corso e per il 2023 gli investimenti potrebbero salire a 12,3 miliardi di dollari secondo un nuovo Report di Markets and Markets, con un tasso di crescita medio annuo (Carg 2018-2023) di quasi il 29%.

Partendo da 16 settori di applicazione, l’AI è in grado di aumentare la redditività delle imprese del 38% entro il 20235 secondo una recente analisi Accenture.

Sempre di più le macchine saranno integrate ai settori economici ed industriali, ma anche nella sanità ad esempio e a scuola, nel mondo dell’intrattenimento, della protezione civile, nell’automotive e nelle smart cities. Anche i curricula che arrivano alle grandi aziende, si legge in un articolo di Karsten Strauss su The Forbes, sono passati al vaglio di software, applicazioni o anche bot, che valutano in completa autonomia competenze e abilità dei candidati.

Come ha spiegato in un post Roberto Viola, attuale direttore generale DG CONNECT (Directorate General of Communication, Networks, Content and Technology) della Commissione europea, se è chiaro che l’intelligenza artificiale cambierà radicalmente la nostra società, la nostra quotidianità e il modo di lavorare delle imprese, è altrettanto vero che spetta all’uomo e all’uomo soltanto guidare questo processo, stabilirne le regole e controllarne gli sviluppi attuali e futuri.

Le persone devono poter controllare il proprio futuro e nessuna macchina può decidere al posto loro”, ha dichiarato Viola in una nota sul sito della Commissione. “Quando leggo articoli come quello di Lorenzo Longhitano su La Stampa, che raccontano di come un computer può calcolare le probabilità di guarigione di un malato, penso che è giunto il momento di tracciare una linea netta e chiara di demarcazione”.

Non sono gli algoritmi a stabilire qual è il nostro stato di salute. Anche se il valore sociale ed economico delle macchine è innegabile, d’altronde è grazie ad esse che siamo cresciuti e abbiamo provveduto a migliorare la nostra vita in molti campi del sapere, non vogliamo in alcun modo che siano i computer a decidere al posto nostro”, ha precisato il direttore.

Abbiamo bisogno dell’elemento umano, del controllo umano e della nostra capacità di saper interpretare i dati”, di valutarli in base ad una serie di sfumature culturali, tecniche, emotive e percettive, che solo un uomo è in grado (al momento) di integrare in un giudizio oggettivo.

Grazie all’intelligenza artificiale potremmo affrontare tante sfide presenti e future, ma “la stessa AI sta divenendo una sfida per la società stessa”, ha commentato sempre Viola.

La sua applicazione solleva rilevanti questioni etiche e filosofiche“, ha commentato il direttore, e in molti sono a porsi domande che possiamo facilmente definire epocali, tra cui una ad esempio: “chi sarà considerato responsabile se sbaglia un’intelligenza artificiale all’interno di un’organizzazione?”

Presto la Commissione presenterà agli Stati membri una nuova strategia sull’intelligenza artificiale e una cosa è certa, ha precisato Viola: “Le persone saranno sempre al centro di ogni azione dell’Unione europea, anche nel caso dell’intelligenza artificiale. Nostro obiettivo è fare in modo che le persone, i cittadini, abbiano la possibilità di trarre il massimo vantaggio dall’innovazione tecnologica, non il contrario”.

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