Il dossier

Inquinamento urbano, nuovo rapporto ‘Mal’aria 2017’

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Nel 2016 un capoluogo italiano su tre ha oltrepassato il limite per il PM10 di 35 giorni. Torna l'incubo smog in alcune città del Nord Italia. In Europa le morti per inquinamento sono 467 mila l’anno.

La qualità dell’aria delle nostre città non migliora e i cambiamenti climatici tendono ad esasperare le conseguenze negative dello smog (come in questi ultimi giorni in Val Padana). Milano negli ultimi giorni ha registrato valori di polveri sottili spesso sopra i limiti, anche di 5 volte rispetto quelli consigliati dall’Organizzazione mondiale della sanità per la tutela della salute umana.

I primi 25 giorni dell’anno hanno visto 9 città italiane andare oltre o 15 superamenti del limite giornaliero previsto per il PM10: Cremona (Fatebenefratelli) con 20 giornate (il 60% di quelle consentite per tutto il 2017), Torino (Rebaudengo) con 19 e Frosinone scalo con 18, sono le tre situazioni peggiori, ma Treviso, Padova, Vicenza e Reggio Emilia inseguono con 15 giorni di sforamento (circa il 40% del totale consentito).

Sono i dati che emergono dal nuovo dossier di Legambiente “Mal’aria 2017.

L’aria non è nociva solo qualche settimana all’anno (quando si superano i limiti più alti di concentrazione degli inquinanti) ma tutto l’anno”, ha ricordato la responsabile Aria e clima delle Nazioni Unite, Helena Molin Valdes; che ha sottolineato anche come “9 persone su 10 nel mondo respirano aria inquinata oltre le soglie di sicurezza fissate dall’Organizzazione Mondiale di Sanità”.

A confermare tutto ciò, è arrivato il rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, pubblicato lo scorso 23 novembre, che quantifica le morti per inquinamento (467 mila solo in Europa) e i costi sanitari associati (quantificabili tra 400 e 900 miliardi di euro all’anno sempre in Europa).

Campagna di Legambiente “PM10 ti tengo d’occhio”

Durante l’anno passato è stato monitorato l’andamento giornaliero dei 96 capoluoghi di provincia di cui sono disponibili i dati e che tiene in considerazione solo le centraline urbane di fondo e di traffico.

Ne è venuto fuori che nel 2016 un capoluogo italiano su tre ha oltrepassato il limite per il PM10 di 35 giorni, con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi per metro cubo prevista dalla legge.

Conoscere le fonti di emissione degli inquinanti è il primo passo per capire come e dove andare ad intervenire in via prioritaria. Trasporti, riscaldamento ma anche industria (e zone portuali in alcune aree) sono i settori principali su cui intervenire.

10 mosse per ripulire l’aria delle nostre città

Il dossier suggerisce delle possibili soluzioni per sconfiggere l’inquinamento urbano una volta per tutte: ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città per favorire sicuri spostamenti a piedi e in bicicletta; aumentare il verde urbano; mobilità verso “emissioni zero”; priorità alla mobilità pubblica; fuori i diesel e i veicoli più inquinanti dalle città; road pricing e ticket pricing; riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati; riscaldarsi senza inquinare; rafforzare controlli su emissioni auto, caldaie, edifici; intervenire su industrie e aree portuali.

Il diesel gate

Gli ultimi scandali legati al mondo delle automobili hanno confermato che le emissioni dai veicoli in condizioni reali di guida sono molto di più di quanto dichiarato dalle varie case madri in fase di omologazione. Anche nel report 2016 dell’agenzia europea per l’ambiente si accenna all’evidente discrepanza presente tra il dato reale e quello di laboratorio, e di come i vantaggi derivanti dalla progressiva omologazione con limiti sempre più stringenti – ovvero i vari passaggi dagli euro 0,1,2 fino agli ultimi euro 5 ed euro 6 – siano stati in realtà nulli.

La Norvegia, che non fa parte del mercato UE, sta verificando politicamente la possibilità di vietare completamente dal 2025 la vendita di nuove auto a combustione interna.

Il parlamento olandese ha anticipato una serie di misure e piani per vietare la commercializzazione di veicoli a benzina e diesel dopo il 2030. Anche alcuni leader tedeschi hanno chiesto al governo Merkel di fissare lo switch off al 2030.

E noi in Italia?