l'analisi

Infrastrutture idriche in Italia: criticità e azioni urgenti

di Fulvio Ananasso, Presidente di Stati Generali dell’Innovazione e Consigliere CDTI |

Occorre agire senza indugio sul versante delle perdite idriche, mediante una mappatura capillare delle reti di distribuzione e piattaforme tecnologiche per un efficace monitoraggio delle prestazioni e manutenzione predittiva delle infrastrutture.

La carenza di risorse idriche rischia di diventare a breve una vera emergenza nazionale, sostanzialmente sottovalutata sinora e non considerata una vera priorità. Fiumi e laghi italiani sono in grande sofferenza, in uno stato di severità idrica “media” in tre dei sette distretti idrografici e un’emergenza siccità mai rientrata, ma purtroppo in peggioramento. A metà febbraio si registrava il 53% in meno di neve sull’arco alpino, e un deficit del 61% nel bacino del Po.  

Devono quindi essere implementate condotte virtuose da parte di tutti gli utilizzatori della risorsa (civili, industriali, agricoli) ai fini della sua tutela, riducendo l’impronta idrica derivante dalle azioni umane. Occorre rendere i processi più efficienti ed efficaci (ad iniziare dalla riduzione dei fabbisogni, privilegiando ad esempio le colture meno idro-esigenti), soprattutto nei territori a maggiore vulnerabilità e criticità idrica.

È pertanto essenziale agire prontamente con decisi interventi trasformativi basati sull’innovazione tecnologica e di processo. Occorrerebbe concentrarsi, oltre che su nuovi bacini artificiali per lo stoccaggio dell’acqua piovana, sulla riqualificazione morfologica ed ecologica dei corsi d’acqua, riconnettendo le pianure alluvionali, ripristinando fitte formazioni boschive nei territori, facendo sì che le intense precipitazioni permangano più a lungo sul territorio invece di scorrere velocemente a valle, provocando danni e non stoccaggi. E poi de-impermeabilizzare (de-sealing) porzioni di aree urbane – da liberare da asfalto e cemento e riportare in condizioni idonee per far crescere vegetazione -, desalinizzare le acque marine e depurare quelle reflue. Adottare pratiche colturali che massimizzino il contenuto di sostanza organica nei suoli e la loro capacità di assorbire le piogge e trattenere umidità e nutrienti — un incremento dell’1% di sostanza organica può garantire fino a 300 metri cubi in più per ettaro di accumulo idrico nel suolo. Infine, una decisa trasformazione digitale del settore.

Perdite della rete idrica

Mentre si stimano (fisiologiche) dispersioni di acqua <10-15% per le pratiche irrigue, esse sono un tasto molto dolente nel settore civile, in particolare nelle reti di distribuzione degli acquedotti. Nel 2018 sono stati immessi in rete 8,2 miliardi di metri cubi e, di questi, solo 4,7 hanno effettivamente raggiunto gli utenti finali, il che equivale ad una perdita annua di 3,5 miliardi di metri cubi, cioè 156 litri al giorno per abitante. Se prendiamo come riferimento un valore pro capite medio (il nostro) di 215 litri, le perdite potrebbero soddisfare le esigenze idriche di 44 milioni di persone in un anno!

In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, istituita nel 1992 dall’ONU per il 22 marzo di ogni anno, l’ISTAT pubblica un focus tematico per una lettura integrata delle statistiche sulle acque in relazione al territorio e alla popolazione. In attesa del rapporto ISTAT 2023, il Report Acqua 2022 (riferito al biennio 2019-2021) ha evidenziato una dispersione media del 36,2% rispetto a quanto immesso nella rete. Nonostante siano molto consistenti, le perdite idriche risultano comunque in generale diminuzione (erano al 41,4 % nel rapporto ISTAT 2021, biennio 2018-2020), grazie anche all’impulso positivo della regolamentazione e alla presenza di Operatori industriali sull’intero ciclo idrico integrato, strada obbligata per colmare il gap infrastrutturale del Paese e tra le diverse aree d’Italia. Le perdite non sono infatti distribuite in modo omogeneo sul territorio. Il Nord-Ovest ha valori piuttosto contenuti (e.g. la Valle d’Aosta ha il 22% di perdite), mentre il Centro-Sud e le Isole – in particolare, Umbria, Abruzzo, Lazio, Sardegna e Sicilia – presentano valori superiori al 50%. A livello locale, Frosinone registra le perdite medie maggiori (~80%), Milano le minori (~18,7%).

Del resto, il 60% della rete nazionale (500.000 km inclusi gli allacciamenti) ha oltre 30 anni di età, e il 25% supera i 50 anni. Gli investimenti si attestano a 32-34 euro / anno per abitante, a fronte della media europea di circa 100 euro (in Danimarca si arriva a 129 euro), e di stime di 5 miliardi di euro all’anno per adeguare e mantenere la rete idrica nazionale.

PNRR e ammodernamento delle reti di distribuzione

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede il finanziamento di politiche per la gestione efficiente, efficace e sostenibile dei servizi idrici. In tale contesto, è stato lanciato un programma da 900 milioni di euro destinato all’ammodernamento della rete idrica (potabile) nazionale entro il 2026. Essi riguardano 33 interventi volti a ridurre le perdite di acqua potabile negli acquedotti, di cui 19 nel Centro-Nord (536 milioni di euro) e 14 nel Sud (364 milioni di euro). Entro il 2024 circa 45.500 km di condotte ad uso potabile (72.000 km entro il 2026) dovranno essere attrezzate con strumentazioni e sistemi di controllo per la localizzazione e la riduzione delle perdite.

Nell’ambito di tale programma di interventi PNRR, lo scorso 17 gennaio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha assegnato la seconda tranche da 293 milioni di euro per progetti di riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione idrica, inclusi interventi di digitalizzazione e di monitoraggio delle infrastrutture. 

Purtroppo, le risorse allocate al momento tra PNRR e altri interventi di ammodernamento delle reti e riduzione delle perdite idriche sono largamente insufficienti. Ai 900 milioni di euro citati si aggiungono al momento solo i 480 milioni finanziati dal programma europeo React-Eu. Si pensi che l’OCSE stimava nel 2013 almeno 2,2 miliardi di euro all’anno per 30 anni per metterci al passo con il livello di manutenzione e prestazioni delle reti nel resto UE!

Infrastrutture idriche: piano di azione

Nei prossimi mesi, più caldi e secchi, la domanda di acqua per uso agricolo si aggiungerà agli attuali usi civili e industriali già in sofferenza, e il fabbisogno nazionale potrebbe risultare insostenibile. Legambiente ha recentemente indicato al riguardo otto priorità per una strategia nazionale idrica, con interventi a breve, medio e lungo periodo, che favoriscano sia l’adattamento ai cambiamenti climatici che la riduzione dei fabbisogni idrici e relativi sprechi. Esse declinano sostanzialmente gli interventi citati in Premessa, e cioè: (i) favorire la ricarica della falda acquifera, facendo in modo che le precipitazioni si infiltrino nei suoli invece di scorrere velocemente a valle; (ii) recupero delle acque piovane, della permeabilità (e.g. misure di de-sealing in ambiente urbano) e piccoli bacini per l’irrigazione agricola; (iii) rendere efficiente il ciclo idrico integrato, le depurazioni e la riduzione delle perdite di rete; (iv) riuso delle acque reflue depurate in agricoltura; (v) riconvertire il comparto agricolo verso colture meno idro-esigenti e metodi irrigui più efficienti; (vi) Criteri Minimi Ambientali per ridurre gli sprechi; (vii) riutilizzo dell’acqua nei cicli industriali; (viii) misure di incentivazione e defiscalizzazione come per gli interventi di efficientamento energetico.

Presa coscienza che la carenza di risorse idriche rischia di diventare a breve una vera emergenza nazionale, in grado di compromettere pace sociale e sviluppo socioeconomico delle nostre comunità, è necessario pianificare un action plan di interventi estremamente urgenti e radicali – “trasformativi” piuttosto che (solo) evolutivi -, che in 3-5 anni al massimo pongano un freno alla possibile emergenza idrica e contribuiscano a disinnescare la potenziale “bomba sociale”.

Una prima azione dovrebbe riguardare la mappatura capillare, aggiornata e precisa delle reti di distribuzione sul territorio e relative prestazioni e manutenzioni. Operazione non banale, in quanto occorre poter raccogliere – in un registro informatizzato geo-referenziato delle infrastruttureidriche, organizzato per classi di rischi potenziali e relative priorità degli interventi – i dati detenuti da tutti gli Enti proprietari e/o gestori di servizi pubblici e privati che possiedono o costruiscono le infrastrutture idriche. Il Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI) già include in (gran) parte la rete idrica (distribuzione e smaltimento), e il suo completamento rappresenterebbe il fulcro centrale per una efficace strategiadi monitoraggio, valutazione, problem solving e decision making di contrasto ai problemi indotti dalla siccità. Occorre però distinguere tra grandi e piccoli Operatori, tutti tenuti per legge ad alimentare il SINFI con i dati sulle infrastrutture, non sulle perdite. I grandi Operatori sono dotati di sistemi SCADA (supervisory control and data acquisition) per conoscere automaticamente e in tempo reale posizione ed entità delle perdite, mentre per i piccoli Consorzi la cosa è molto più complicata. Il SINFI potrebbe essere comunque utilizzato come “cruscotto” informativo, purché sia completato e disponibile a tutti gli stakeholder, sulla base dell’assunto che l’acqua è un “bene pubblico” di interesse strategico, da salvaguardare nell’interesse generale.

Occorre quindi che il Legislatore e/o il Regolatore Arera attuino norme-quadro vincolanti per equiparare il monitoraggio e la prevenzione di carenze infrastrutturali agli obblighi per la sicurezza delle infrastrutture critiche previsti dalla normativa vigente. Il Regolatore deve disporre di strumenti concreti per poter agire sugli Operatori del settore – che siano grandi aziende o piccoli consorzi – mediante norme precise ed incisive su incentivi e sanzioni in base al raggiungimento o meno degli obiettivi stabiliti. Il Regolatore deve vigilare affinché essi realizzino un efficientamento dei processi / recupero di produttività relativamente al monitoraggio e messa in sicurezza delle reti di distribuzione – anche eventualmente mediante terziarizzazione in outsourcing di alcune attività – attraverso key performance indicators (KPI) chiari e sfidanti sulle prestazioni delle reti.

Trasformazione digitale del settore idrico

Il settore idrico è peraltro (fortunatamente) in continua evoluzione – tecnologica e di processo – per migliorare la salvaguardia della risorsa idrica e garantirne il riuso. Si pensi alle tecniche ingegneristiche più evolute per la gestione delle reti e degli impianti, all’utilizzo delle information & communication technologies (ICT), fino alle simulazioni “digital twin e robotica avanzata.

La digitalizzazione e l’innovazione nel settore ne favoriscono l’ottimizzazione, attraverso l’interconnessione e gestione coordinata delle diverse componenti del processo produttivo. Ad esempio, tramite sensori IoT (internet of things) nelle infrastrutture di rete per la razionalizzazione della manutenzione, la regolazione dei flussi, il risparmio del fabbisogno energetico e la riduzione dell’inquinamento. Per calibrare gli standard di prestazione e fornitura ai singoli utenti in base alle specifiche necessità e richieste nell’arco della giornata. E così via.

Le tecnologie offrono una enorme e valida opportunità per riconoscere in tempo utile i segnali di un’imminente crisi, per descriverne l’evoluzione e implementare gli opportuni interventi. I citati sistemi SCADA (e specifici sottosistemi applicativi) attuano il monitoraggio e rilevamento (automatico) dei principali parametri ambientali, fisici, chimici, meccanici, … delle infrastrutture. Piattaforme tecnologiche ICT (IoT, Data Management / Analytics, Blockchain, …) consentono di monitorare e stimare con continuità lo stato di salute delle strutture e simularne (analogamente ai digital twin) i comportamenti futuri e i tempi di possibili defaillance più o meno serie, permettendo di prendere in tempo utile le opportune contromisure. L’ampia disponibilità di dati rilevati dai sensori IoT rende possibile realizzare una manutenzione predittiva mirata (‘su condizione’), applicando algoritmi di Intelligenza Artificiale (AI) ai parametri misurati automaticamente nelle strutture, per derivarne stime sui possibili comportamenti e prescrizioni sulle misure da adottare in tempo utile prima che si verifichino rotture, guasti o fuori servizi vari.

Infrastrutture idriche: riepilogo azioni suggerite

Il comparto idrico, parte integrante della transizione ecologica, è oggi in forte sofferenza e rappresenta anche un serio problema economico. Crisi climatica e siccità prolungata comportano carenze di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli, industriali e zootecnici, oltre a perdite di biodiversità ed equilibrio degli ecosistemi naturali. Le scarse precipitazioni e lo scioglimento precoce delle nevi condizioneranno pesantemente le capacità dei bacini idrici nei mesi più caldi.

Occorre quindi prendere coscienza che la carenza di risorse idriche rischia di diventare a breve una vera emergenza nazionale. I recenti avvenimenti di assottigliamento delle riserve idriche, peggiorati dalla generale siccità degli ultimi anni (destinata a durare ed accentuarsi anche nel breve-medio termine, secondo le previsioni degli esperti), devono portare all’attenzione dei decisori Istituzionali l’urgenza di mettere la questione al centro dell’agenda delle decisioni radicali trasformative non più rinviabili, o affrontabili con interventi locali di improbabile recupero di situazioni in disfacimento.

In sintesi, un action plan a 3-5 anni (al massimo) da attuare senza indugio, eventualmente sotto la supervisione del Commissario straordinario di cui si sta discutendo a livello governativo, richiederebbe:

  1. mappatura capillare delle infrastrutture idriche – completamento / adeguamento del SINFI, inserendo nel registro informatizzato georeferenziato tutti i dati (incluse le perdite di rete) relativi a età, parametri strutturali, stato di “salute”, storico degli interventi manutentivi, …
  2. norme-quadro vincolanti con obiettivi, incentivi e sanzioni che equiparino il monitoraggio / prevenzione di carenze infrastrutturali agli obblighi di sicurezza delle infrastrutture critiche
  3. key performance indicators (KPI) relativi alle prestazioni delle reti di distribuzione in termini di perdite in rete – ad esempio da ridurre (in 3-5 anni) del 5-10% all’anno
  4. efficientamento dei processi organizzativi degli Operatori (Utilities e Società private o Municipalizzate) per adeguarsi ai requisiti dei KPI
  5. eventuale terziarizzare in outsourcing della gestione / monitoraggio e controllo della rete
  6. piattaforme tecnologiche (SCADA e specifici sottosistemi applicativi) di monitoraggio, analisi dati, elaborazione AI, problem solving & decision support systems (DSS), con contestuale installazione (ove non ancora esistente) di adeguata sensoristica internet of things (IoT).

È il caso di ribadire ancora come occorra agire senza indugio con decisi interventi trasformativi e non (solo) limitati miglioramenti evolutivi, mitigando il rischio di una gravissima emergenza idrica dai potenziali rischi socioeconomici estremamente seri e drammatici.