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‘Industry 4.0 cruciale leva di business. La fibra ottica entri in tutte le aziende’. Intervista a Stefano Pileri (Italtel)

Gli oggetti connessi in rete sono attualmente 14 miliardi ma si stima diventeranno circa 50 miliardi entro il 2020. Si parla di un mercato che in Italia ha registrato nel 2015 una crescita del 30% rispetto al 2014, e di un ecosistema in grado di trainare, tra le altre cose, anche la trasformazione competitiva digitale dell’industria in un’ottica di Industry 4.0. Una trasformazione su cui l’Italia viaggia in ritardo. Un tema culturale e di politica industriale su cui ci deve concentrare per recuperare il gap competitivo e innovativo del suo tessuto  produttivo.  E’ per questo necessario oltre che portare la fibra ottica in tutte le aziende anche concentrarsi su alcune caratteristiche delle reti fino a oggi non ritenute importanti. Ne abbiamo discusso con Stefano Pileri, amministratore delegato di Italtel.

Key4biz. Cominciamo con qualche dato sul mercato IoT italiano. Quali sono le prospettive?

 

Stefano Pileri. Il mercato IoT, composto dalla vendita dei sensori; delle piattaforme di raccolta, elaborazione, stoccaggio e messa a disposizione dei dati per le analisi e delle piattaforme di analytics che consentono di amministrare i dati, ha generato nel 2015 un valore di 2 miliardi di euro, in crescita del 30% rispetto al 2014. Potrebbe sembrare ben poca cosa se si pensa che il fatturato del mercato dell’informatica e delle telecomunicazioni è oggi da 55-60 miliardi di euro. Ma il dato importante e da evidenziare è che il mercato IT e TLC cresce annualmente dell’1%, mentre l’IOT ha registra incrementi del 30% e ha soltanto cominciato a crescere.

Key4biz. Le applicazioni IoT cominciano a farsi strada anche in Italia. Quali sono quelle più sviluppate?

 

Stefano Pileri. Il primo grande mercato è quello dello smart metering, ossia i contatori intelligenti per l’energia elettrica: ce ne sono già attivi 36 milioni. A questi si aggiungono 1,2 milioni di contatori del gas, 700 mila videocamere, 600 mila lampioni connessi, 450 mila impianti fotovoltaici e 200 mezzi di trasporto pubblico. Un altro segmento importante e in crescita è quello delle vending machine, ossia dei distributori automatici di bibite – ce ne sono in Italia circa 80 mila – che oggi sono in grado di comunicare quando sono vuoti in maniera tale che il refill possa avvenire quando serve e non con cadenza periodica, consentendo quindi un risparmio di costi non indifferente. E questo è quello che avviene da un po’ di anni nelle città già più intelligenti con i sensori posti nei cassonetti dei rifiuti.

Key4biz. In che modo il legislatore può, a suo avviso, influenzare lo sviluppo del mercato?

 

Stefano Pileri. La disposizione obbligatoria di implementare contatori intelligenti anche per il gas sta velocizzando lo sviluppo del mercato. Così come lo sta velocizzando anche l’obbligo di dotare le auto di dispositivi di eCall per le chiamate di emergenza. Sono casi importanti perché dimostrano che chi fa le leggi può influenzare la crescita positiva del mercato.

Key4biz. La disponibilità di dati IoT può influire sulla costruzione di nuovi modelli di business e in che modo?

 

Stefano Pileri. Un esempio che rende molto l’idea di come l’IoT può influenzare la costruzione di nuovi modelli di business è quello del settore delle assicurazioni. Oggi nel nostro paese ci sono più di 650 mila auto connesse. La crescita di questo segmento è stata trainata da un modello di business molto importante che consente di pagare meno di assicurazione a fronte di un comportamento ‘virtuoso’ o di pagare in base a quanto utilizziamo l’automobile. E di pagare meno anche perché le auto sono meglio protette dai furti.

 

Key4biz. Ma in concreto, cosa cambia con la cosiddetta Industry 4.0?

 

Stefano Pileri. I vantaggi più evidenti sono rappresentati dalla possibilità di integrare virtualmente Supply Chain e filiere, garantendo risposte immediate alla volatilità della domanda. Ad esempio nel settore tessile la manifattura e produzione offshore dei capi di abbigliamento sta velocemente diminuendo perché i sei mesi di tempo necessari alla produzione, trasporto, sdoganamento e consegna dei capi è enorme rispetto alla necessità di adattare i modelli alla variazione dei gusti e quindi della domanda, quindi la produzione automatizzata può tornare dalle nostre parti. Industry 4.0 inoltre consente di minimizzare i tempi di inattività degli impianti grazie a strategie di manutenzione predittiva. La produttività del lavoro può essere incrementata grazie al tracciamento di persone e strumenti, mentre la connettività in tempo reale con gli impianti industriali consente di avviare nuovi modelli di business. Gestione e controlli remoti permettono, infine, di risparmiare su spese operative ed energetiche.

Key4biz. Cosa serve perché l’IoT abbia successo?

 

Stefano Pileri. Chiariamo innanzitutto che l’IoT si compone di oggetti e sensori estremamente diversificati. Ci sono i piccoli sensori che hanno la caratteristica importante di trasmettere dati poche volte al giorno – una decina, una volta ogni ora, ogni due ore. Esistono poi altre categorie di oggetti intelligenti che invece possono trasmettere tantissimi dati, come le cosiddette macchine autonome che stanno nascendo e crescendo nell’ambito non solo della ricerca ma anche del mercato. L’IoT ha successo quando i sensori scelgono poche metodologie, pochi protocolli per comunicare coi livelli superiori, perché si ottengono così efficienza ed economie di scala e quando le piattaforme vanno a estendersi, facendo diventare orizzontali, quindi riutilizzabili, le applicazioni verticali. Quanto più l’IOT, le piattaforme, consentono di fare un substrato comune di informazioni, tanto più si hanno due effetti positivi: costano meno le applicazioni verticali e si può far leva sull’interoperabilità, che vuol dire scoprire nuove applicazioni dall’insieme di applicazioni diverse.

Key4biz. Le reti attuali sono sufficienti per garantire uno sviluppo adeguato dell’IoT per digitalizzare l’industria?

 

Stefano Pileri. Rispondo dicendo innanzitutto che noi pensiamo di essere già molto evoluti sul piano delle reti, ma l’IOT cambia radicalmente la prospettiva. Le reti devono diventare ubique. Anche la parte più remota dell’angolo più remoto di un territorio diventa importante quanto l’area più densa della città più importante. Le coperture devono diventare un continuo sempre anche quando, anzi ancor di più, c’è meno esigenza. Diventa pertanto molto importante la copertura in ottica geografica non più sui soli terminali.

Key4biz. Cosa devono garantire le reti per l’IoT?

 

Stefano Pileri. Bisogna comprendere che con l’IoT non è più solo questione di Gbps perché le reti del futuro devono sì guardare le altissime velocità, ma anche le bassissime velocità e con alcune caratteristiche fino a oggi non ritenute importanti. Oltre alla copertura geografica è essenziale la capacità di risposta immediata, ossia la latenza zero perché la stampa 3D, la manifattura 4.0, il comando a distanza delle fabbriche o l’agricoltura di precisione hanno bisogno di una reazione in tempo reale.

Key4biz. Le imprese italiane non hanno ancora avviato la trasformazione competitiva digitale. Cosa serve e quali saranno i benefici per l’economia?

 

Stefano Pileri. Dire che la manifattura 4.0 automatizza i processi può forse fuorviare, portando a pensare a una produzione completamente robotizzata priva del fattore umano. Ma in realtà si tratta di un’innovazione che rende la produzione particolarmente orientata alla flessibilità, alla posizione di nicchia, al culto del bello. In parole povere permette di ‘customizzare’ la produzione, riportandola molto vicino al cliente, soprattutto quando si parla di piccole quantità produttive e quindi di ‘eccellenze’. Il nostro paese può, quindi, e deve puntare sulla trasformazione competitiva digitale dell’industria per riportare a casa tutta quella parte di produzione che troppo velocemente negli anni ‘80 e ‘90 è stata portata in offshoring.

Key4biz. Serve quindi un cambiamento di mentalità…

 

Stefano Pileri. Credo di si, e serve proprio adesso, anche vista la prossimità dell’uscita dei bandi di gara ultrabroadband nelle aree bianche. Per comprendere l’attuale situazione italiana porto come esempio quello della Lombardia dove, secondo l’Istat ci sono 300 aree industriali. Di queste, il 77% sono ubicate in aree identificate come bianche, a fallimento di mercato, fuori quindi da quegli interessi economici che portano un operatore a investire in quell’area. Questo non è possibile in un momento in cui si parla di Industry 4.0. Bisogna correggere: nei bandi Infratel che stanno per uscire va indicato che c’è obbligo, come per la PA, di coprire le aree industriali con i portanti ottici fin dentro le aziende. Oltre a garantire la Banda Ultra Larga in tutti i territori con un potenziale produttivo è quindi fondamentale stimolare gli investimenti in digitale con incentivi e politiche di sostegno, oltre che sviluppare le competenze digitali nel sistema formativo. Non ultimo, è importante completare al più presto le 10 piattaforme previste dal Piano Crescita Digitale, dallo Spid a Italia Login per citarne due.

Key4biz. In Italia il tessuto produttivo è costituito da PMI. E’ un limite?

 

Stefano Pileri. In un certo senso sì, ma per risolvere le criticità di questo sistema c’è una parola d’ordine che è ‘aggregazione’ intelligente e dinamica. E’ per questo essenziale la creazione di cosiddetti Innovation Hub. Devono nascere dei punti dove le imprese possano fare squadra, mettere insieme le risorse per fare ricerca e sviluppo, trasferire conoscenza, contaminarsi col digitale e sviluppare nuovi modelli di business.

Key4biz. Che cosa si aspetta l’industria dal mondo della ricerca?

 

Stefano Pileri. Noi ci aspettiamo di fare passi da gigante sotto tre aspetti: il più importante per il sistema italiano delle piccole aziende è quello dei sensori e dei sistemi intelligenti complessi o cyber phisical systems. Lì c’è bisogno di tanta ricerca – ad esempio nel settore dei sensori in fibra ottica totalmente passivi quindi con consumo pressoché nullo – e tanta se ne sta facendo.

Il secondo aspetto è la ricerca sulle reti: ciò significa reti 5G con copertura microcellulare (femtocelle) con latenze sotto 1 millisecondo e con velocità di molti gigabit al secondo, ma significa anche  protocolli di corto raggio che consentono interazione efficace con gli oggetti – bluetooth, wifi, zigbee – senza dimenticare le grandi reti, la cui qualità deve essere misurata su parametri quali bassa latenza, affidabilità e limitato consumo energetico.

Il terzo e ultimo punto è quello delle piattaforme software, con particolare riferimento all’uso dei dati. La gran quantità dei dati generati dai sensori degli oggetti intelligenti consente di avere a diposizione moltissimi dati che vanno analizzati e sui quali costruire modelli di business innovativi. Ci sono miniere d’oro. Come 10 anni fa si scoprivano i motori di ricerca per andare a pescare nelle informazioni del world wide web, oggi abbiamo una frontiera più avvincente: non si tratta di cercare qualcosa che si conosce ma qualcosa che non si conosce.

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