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Industrie italiane: bollette energetiche più care del resto d’Europa

Industrie

Le spese che le aziende italiane sostengono per l’energia (più altre di quelle dei competitor europei) che incidenza hanno sulla competitività? L’ultimo report del Ministero dello Sviluppo Economico ha cercato di fare chiarezza. Lo scorso anno le imprese di casa nostra, stando ai dati del Bilancio energetico nazionale, utilizzavano meno di un quarto della domanda finale di energia rispetto aL 31% del totale negli anni 1980, al 29% negli anni 1990 e al 26% nel primo decennio del 2000.

Nel decennio 2003-2014 si è assistito alla diminuzione di un terzo del fabbisogno energetico industriale per una spesa energetica che per oltre la metà è sostenuta dai settori: metallurgia, meccanica e chimica e petrolchimica. Il gas costituisce la prima fonte di approvvigionamento energetico delle imprese industriali; da solo copre oltre il 40% del totale fabbisogno, seguito dall’energia elettrica la cui spesa incide per il 70% sul budget riservato ai costi per l’energia delle aziende italiane. La parte rimanente è rappresentata dai derivati del petrolio e dai solidi.

Per quanto riguarda l’elettricità c’è da dire che i prezzi sono superiori di circa un terzo rispetto alla media europea, mentre quelli del gas sono inferiori. Ad alzare il prezzo della corrente elettrica per le industrie nel nostro Paese sono le tasse e gli oneri e il differente peso sostenuto in bolletta rispetto alle famiglie. In Italia, infatti, il prezzo pagato dalle imprese è inferiore di solo un quarto a quello sostenuto dalle famiglie, mentre in Germania, Spagna e Francia le aziende pagano circa la metà.

Gli effetti del petrolio a basso costo non sarebbero rilevanti visto che il greggio soddisfa solo un terzo del fabbisogno complessivo di energia dell’Italia, più che altro nel settore dei trasporti. E poi le quotazioni dell’oro nero ormai non incidono più di tanto sul prezzo degli altri prodotti energetici. Secondo il MiSE con un ribasso dei prezzi del petrolio si registra una riduzione del prezzo dei prodotti petroliferi del 10% che si accompagna a una crescita addizionale, in termini reali, dello 0,07% del fatturato delle imprese e dello 0,11% degli investimenti. In termini di fatturato, i benefici maggiori si registrerebbero nel settore della costruzione di vetro, ceramica, di materiali da costruzione, della chimica e dell’abbigliamento.

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