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Industria 4.0 e ICT: in Italia difficile reperire il 50% degli specialisti che servono subito

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Mancano le competenze ed entro il 2026 imprese e industria potrebbero ritrovarsi con 70 mila posti di lavoro scoperti. Scarseggiano specialisti in diversi comparti: meccatronica, ICT, media e telecomunicazioni, soprattutto esperti di software technology, cloud, cybersecurity, data scientist e big data.

L’Italia della crisi e della disoccupazione

La situazione economica del nostro Paese è grave e l’industria lancia un nuovo grido d’allarme. La guerra in Ucraina, le conseguenze di due anni duri di pandemia da Covid-19, il rincaro dei prezzi delle materie prime a livello mondiale, il costo crescente delle forniture energetiche, le incertezze delle supply chain globali, sono tutte crisi aperte che al momento non trovano una soluzione.

La Commissione europea ha rivisto al ribasso le stime di crescita del PIL che per il 2022 dovrebbero passare dal +4,1% al +2,4%, mentre nel 2023 la situazione non migliorerà per niente, con un ulteriore ridimensionamento dal +2,3% al +1,9%.

In tutto questo, Bruxelles stima che il tasso di disoccupazione in Italia rimarrà stabile al 9,5% anche per quest’anno, come nel 2021, mentre dovrebbe scendere all’8,9% entro il 2023, ma è chiaro che il dato è legato da un lato all’evolversi della guerra in Ucraina e dall’altro dalla capacità del Governo di favorire l’incontro tra offerta e domanda di lavoro.

Difficile per imprese e industria trovare personale con le giuste competenze

Il problema, paradossalmente, oggi sta proprio in questo incontro. Gli italiani hanno bisogno di lavorare ma secondo le imprese non hanno le competenze necessarie.

L’industria nel suo complesso è alla ricerca di 99mila profili professionali. Le maggiori opportunità di lavoro nel manifatturiero sono offerte dalle imprese della meccatronica, con 17 mila ingressi programmati a maggio e più di 52 mila entro luglio.

L’informatica e telecomunicazioni che hanno programmato 15 mila assunzioni in questo mese e 50 mila entro luglio.

Poi si cono anche i servizi dei media e della comunicazione, che prevedono complessivamente quasi 12 mila assunzioni entro luglio.

Scarseggiano gli specialisti nel 49% dei casi: ne mancheranno 70 mila entro il 2026

Allo stesso tempo, però, cresce la difficoltà delle imprese a trovare le figure richieste. Nel comparto della meccatronica, ma anche dei servizi ICT, è molto difficile trovare gli specialisti necessari nel 49% dei casi.

Più in generale, secondo i dati pubblicati da Unioncamere-Anpal, tra i profili più difficili da reperire si segnalano, come riportato nel Borsino delle professioni, gli specialisti in scienze matematiche, informatiche e scientifiche (il 55,3% è di difficile reperimento), i tecnici in campo ingegneristico (56%) e tecnici della salute (56,5%).

A incontrare le maggiori difficoltà di reperimento sono le imprese delle regioni del Nord Est (sono difficili da reperire il 42,0% delle figure ricercate), seguite da quelle del Nord Ovest (41,1%), Centro (36,3%) e Sud e Isole (34,8%). 

Il risultato finale è che entro il 2026 nei comparti ICT e industry 4.0, cioè le industrie del futuro, potrebbero mancare almeno 70 mila professionisti nel nostro Paese, come si legge nell’articolo di Claudio Tucci per il Sole 24 Ore di oggi, soprattutto figure come analisti e progettisti software, esperti di cybersecurity, specialisti del cloud e dei big data, sviluppatori di applicazioni e data scientist.

Tempo perso e tempo che passa: le misure del Governo per potenziare la formazione

Nel decreto energia e investimenti di inizio maggio, ci sono diverse misure per la formazione e l’acquisizione delle nuove competenze necessarie a soddisfare l’offerta di lavoro di molte imprese italiane, come il rafforzamento dei crediti d’imposta per la formazione 4.0 e i patti territoriali dell’alta formazione per le imprese.

Il mese precedente, in un altro decreto firmato dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, sono stati destinati 350 milioni di euro per il rafforzamento dei Competence Center e il potenziamento e la riorganizzazione dei centri di trasferimento di tecnologia.

Il ministro per l’innovazione tecnologia e la transizione digitale, Vittorio Colao, ha ricordato in occasione del XXV Congresso nazionale di ACRI che in Italia ci sono 26 milioni di cittadini, dai 16 ai 74 anni che non hanno competenze digitali di base. Il 17% di questi non ha mai utilizzato Internet e il 38% delle donne non hanno competenze digitali di base.

Per ridurre le disuguaglianze ed accrescere le competenze digitali in Italia il Governo ha stanziato fondi nel PNRR e secondo il ministro bastano le infrastrutture a banda larga, il servizio civile digitale, i facilitatori digitali e un nuovo grande fondo della “Repubblica Digitale” che in 5 anni lavorerà al miglioramento dell’offerta formativa digitale e 4.0.

Il problema ora è di tempo perso e di tempo che passa. Queste misure sono tardive ma essendo state presentate di recente, avranno bisogno di “tempo” per essere avviate, per essere organizzate sui territori, per entrare in funzione e quindi per arrivare al fatidico pieno regime.

Ci sarà poi bisogno di “tempo” per formare le nuove figure professionali, che poi dovranno intercettare le offerte di lavoro.
Abbiamo tutto questo tempo?