Nomine

In Rai prima infornata di nomine dirigenziali. Ma né donne né strategie

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Ieri il Cda di Viale Mazzini ha benedetto l’avocazione del ruolo di Direttore Generale da parte di Carlo Fuortes e 7 nomine interne.

È un dato di fatto che il Consiglio di Amministrazione della Rai si sia insediato soltanto da poche settimane (per la precisione il 21 luglio), ed è forse finanche comprensibile che non sia ancora stata resa pubblica la strategia che l’Amministratore Delegato Carlo Fuortes intende adottare, rispetto ai futuri possibili del servizio pubblico radiotelevisivo (vedi “Key4biz” del 13 agosto 2021, “Rai, i tagli imposti dall’Ad? Silenzio stampa da Viale Mazzini”).

In effetti, dalla sua prima audizione in Commissione di Vigilanza Rai, il 4 agosto scorso, non è emerso un identikit chiaro del “servizio pubblico” che Fuortes ha in mente, se non una attenzione particolare a far quadrare i conti (con tesi come “mai più un bilancio in perdita”).

D’altronde, è noto che la cooptazione dei membri del Cda Rai è avvenuta in totale assenza di pubblica evidenza, se non con l’eccezione del consigliere eletto dai dipendenti (Riccardo Laganà): in effetti, i candidati dei dipendenti hanno avuto chance di esprimere pubblicamente la propria “idea di Rai”, mentre nessuno degli altri consiglieri (gli “eletti” ovvero i cooptati discrezionalmente dal Parlamento – al di là della piccola farsa “democratica” dell’elezione – e dal Governo) si è espresso con una presa (pubblica) di posizione.

Nessun confronto. Trasparenza zero.

Nessuno ha quindi idea (se non – ci auguriamo – il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, la Presidente della Rai Marinella Soldi e l’Ad Carlo Fuortes) del futuro di breve-medio periodo della Rai.

Il tutto resta per ora avvolto nella nebbia.

Gli studiosi dei misteri di Viale Mazzini hanno cercato di capire se – “tra le righe” – le nomine di ieri possono lasciare intuire qualcosa: senza dubbio, la decisione di eliminare il ruolo di Direttore Generale (che era stato “inventato” dall’ex Ad Fabrizio Salini ed affidato ad Alberto Matassino) evidenzia la volontà di rafforzare il potere “autocratico” dell’Amministratore Delegato, e quindi evitare dispersioni nella catena del comando; la scelta di nominare soltanto interni è senza dubbio significativa della volontà di valorizzare le risorse infra-aziendali.

La prima infornata di nomine Rai dell’era Fuortes

Così ieri il Consiglio di Amministrazione della Rai, riunitosi sotto la presidenza di Marinella Soldi, ha proceduto a designare Ludovico Di Meo in qualità di Direttore Generale di San Marino Rtv (Carlo Romeo – che l’ha diretta dal 2012, dopo essere stato per 12 anni Responsabile del prezioso Segretariato Sociale Rai, struttura che purtroppo venne progressivamente depotenziata – è andato in pensione), società partecipata al 50 per cento da Rai in base ad un accordo vigente tra i Governi dei due Paesi. Di Meo lascia quindi la direzione di Rai2. Nessuno ha chiarito quale sia realmente la “funzione” dell’emittente televisiva della Repubblica di San Marino, nell’economia del “mondo Rai”, ma forse chiediamo troppo…

L’Ad Delegato Carlo Fuortes ha altresì informato il Cda sulle nomine relative all’Area “Corporate”, tutte coperte da risorse interne: Giuseppe Pasciucco, già Cfo (il “Chief Financial Officer”), è stato nominato Direttore Staff dell’Amministratore Delegato; Marco Brancadoro assume il ruolo di Cfo e Giorgio Russo quello di Direttore Pianificazione Strategica e Controllo di Gestione; Roberto Ferrara diventa Direttore Canone e Beni Artistici; a Pierluigi Colantoni, viene affidata la Direzione Comunicazione (al posto di Marcello Giannotti), nel cui ambito è inserito l’Ufficio Stampa, di cui diventa responsabile Stefano Marroni.

L’esperto di “promo” Pierluigi Colantoni chiamato a dirigere tutta la comunicazione Rai

Non entreremo qui nel merito delle nomine, ma ci limitiamo a segnalare che è piuttosto curioso che sia stato chiamato a dirigere la comunicazione Rai un dirigente di lungo corso (classe 1975, è a Viale Mazzini dal 2001) come Pierluigi Colantoni, che nel corso degli anni si è specializzato nelle attività di “promozione”.

La “promozione” è ovviamente una parte della “comunicazione” tout-court, ma forse nemmeno quella più strategica.

Si legge nel suo cv ufficiale: dal 2004 “è impegnato nella definizione strategica degli spot promozionali in termini di comunicazione, pianificazione e creatività e nell’attività di affiancamento e supporto alla produzione dei promo stessi, fornendo materiali video, grafica e musiche. Cura le attività di naming, l’ideazione e lo sviluppo dei loghi e delle sigle, i servizi speciali e le interviste per la realizzazione di backstage. Per le serie televisive e le fiction trasmesse dalla Rete, si occupa dello studio e della realizzazione di speciali promozionali di diversi formati, sia per la trasmissione che per la presentazione ai festival”. Nel 2013, viene assegnato alla Direzione Comunicazione e Relazioni Esterne – Direzione Promozione e Immagine, con l’incarico di Responsabile dell’unità organizzativa “Promozione Web e Pubblicità”. Nel 2015, diviene Vice Direttore della Direzione Promozione e Immagine, con il ruolo di “deputy” e, a seguito di una riorganizzazione interna, viene nominato Vice Direttore nell’ambito della Direzione Comunicazione e Relazioni Esterne, con la responsabilità dell’unità organizzativa “Promozione e Immagine”. Nel 2016, diviene responsabile della struttura organizzativa “Promozione” in qualità di Vice Direttore della Direzione Creativa.

Ruoli senza dubbio importanti per l’immagine Rai, ruoli nella cui economia può vantare anche molti premi che la tv pubblica ha guadagnato nei festival internazionali di promo dei broadcaster televisivi.

Però nel novembre 2020, questo incarico gli viene revocato e gli viene affidato il ruolo di Direttore della neonata Direzione Sviluppo Nuovi Formati: struttura Rai che finora non ha prodotto molto, né brillato per la capacità di mettere a frutto le potenzialità aziendali interne. Si ha notizia di decine e decine di idee e progetti di format, elaborati da dipendenti interni Rai, che non sono stati oggetto di analisi, allorquando si continuano a privilegiare format acquistati dalle multinazionali dell’“entertainment”…

7 maschi per 7 dirigenze apicali Rai

Quel che ha provocato diffuse perplessità, in questa prima infornata di nomine, è la totale assenza di donne: 7 maschi per 7 dirigenze apicali!

I sindacati sul piede di guerra: “non un grande inizio per i nuovi vertici della Rai sul piano dell’equità di genere di cui tanto si parla” si legge nel documento della Commissione Pari Opportunità di Fnsi e Usigrai. E ancora: “in una azienda che già vede le donne in forte minoranza nei vertici, queste nomine sono un palese segno di disinteresse per il tema delle pari opportunità. Un segnale retrogrado e in decisa controtendenza rispetto alle politiche in essere nei maggiori broadcaster di servizio pubblico europei. Sinceramente è offensivo semplicemente pensare che non esistessero in Azienda professioniste in grado di assumere anche uno solo dei ruoli assegnati”.

Lamentazione è stata espressa anche da Karina Guarino Laterza, Presidente della Commissione Pari Opportunità della Rai, che ha denunciato “lo schiaffo” segnalando come “la Rai si è molto impegnata su questa tema” (più sulla carta, ci permettiamo di aggiungere noi, che nei fatti, n.d.r.) “quindi ci sembra abbastanza incomprensibile che non si siano trovati dei curriculum degni di donne“.

Anche la capo-gruppo del Partito Democratico in Commissione Vigilanza, Valeria Fedeli (già Ministro dell’Istruzione nel Governo guidato da Paolo Gentiloni) ha giustamente denunciato: “ingiustificabile rimozione delle tante competenze femminili”. Ed ha precisato: “le nomine dell’area corporate della Rai tutte al maschile sono un grave vulnus e ostacolo al percorso di rilancio e rinnovamento del servizio pubblico. Senza competenze femminili, non c’è crescita sostenibile e innovativa”.

A fronte di questa reazione di stupore, naturale sorge il quesito: la senatrice Valeria Fedeli non ha chance di interloquire direttamente con Carlo Fuortes?

Ovvero, in altri termini, l’esponente di punta del Pd in materia Rai non è stata informata preventivamente di queste nomine?!

Il che sarebbe sano, per alcuni aspetti, se esistesse – non soltanto sulla carta – una vera autonomia tra “politica” e “servizio pubblico”, ma temiamo che questa indipendenza non sia esattamente reale.

Appare in effetti inverosimile che un Ad nominato con il sostegno esplicito e convinto del Partito Democratico non “risponda” – in qualche modo – ai suoi… “grandi elettori”.

Protesta anche Daniela Santanchè, esponente di Fratelli d’Italia, ma, in questo caso, trattandosi di un partito che è stato escluso dalla lottizzazione partitocratica del Cda, non ci si deve meravigliare…

Domani la corrente del Pd guidata da Orfini e Verducci promuove un dibattito sul “nuovo contratto di servizio pubblico” della Rai

In questo scenario incerto, stupisce piuttosto un’altra iniziativa assunta dal Partito Democratico: nel corso dell’ultimo anno, e prima delle “elezioni” del novello Cda, non ha promosso alcun incontro per dibattere dei futuri possibili della Rai…

Il Pd non ha nemmeno promosso alcun dibattito di possibile confronto tra i candidati al Consiglio di Amministrazione di Viale Mazzini, ed ha tirato fuori i “suoi” nomi dal cilindro del cappello partitocratico soltanto a poche ore dall’elezione da parte di Camera e Senato…

Eppure domani 11 settembre 2021, in occasione dell’ottava Festa di Left Wing (che si tiene dal 9 all’11 settembre a Roma, al Parco Nemorense), intitolata “Chiaroscuro”, il Pd emerge dal torpore, con un’iniziativa di confronto intitolata “Un nuovo contratto di servizio pubblico per la Rai”.

Intervengono, tra gli altri: Antonio Nicita, Rita Borioni, Silvia Calandrelli, Andrea Vianello, Antonella Pisanelli, Maria Cristina Zoppa, Nicola Zaccardi, Stefano Coletta, Serena Bortone, Duilio Giammaria, Stefano Marroni, Marino Sinibaldi, Roberto Natale, Giuliano Fiorini Rosa, Lorenzo Di Dieco, Giovanni Anversa, Natalia Augias, Mussi Bollini, Flavia Barca, Carlo Fontana, Riccardo Laganà, Roberto Pagano, Tito Vagni…

Un “panel” senza dubbio ampio, variegato quanto qualificato.

Nel quale però non è stata coinvolta Francesca Bria, colei che è stata “espressa” dal Partito Democratico nel Cda Rai (senza peraltro dimenticare che anche Fuortes ne è – in qualche modo – espressione). È stata coinvolta invece l’ex membro del Cda Rai Rita Borioni, che dell’area Orfini-Verducci è espressione…

Si potrebbe obiettare che “Left Wing” non è il “Partito Democratico”, ma rappresenta soltanto una delle sue tante anime (di fatto, è una “corrente”, anche se questo termine non è più in voga): in effetti, si tratta dell’associazione cultural-politica cui fa riferimento quell’area politica che nel Pd ha nel deputato Matteo Orfini e in Francesco Verducci, Vice Presidente della Commissione Cultura del Senato, gli esponenti più rappresentativi.

Peccato che una iniziativa simile non sia stata promossa nella fase antecedente le elezioni dell’ultimo Cda Rai…

E ancor più… peccato che non venga organizzata una iniziativa di analisi critica su quel che è stato fatto realmente – e soprattutto non è stato fatto – in relazione all’evanescente “contratto di servizio” Rai ancora in essere, che peraltro “governerà” (è una battuta!) la Rai fino all’anno prossimo. Il “contratto di servizio” in essere è in vigore infatti dal 2018 al 2022: sarebbe meglio partire dagli errori del passato (e del presente), con una analisi seria ed approfondita, prima di ragionare sulla fantapolitica mediologica di teorici futuri possibili…