In Cina, sempre più giovani si rivolgono a chatbot basati su AI per affrontare problemi legati alla salute mentale, in alternativa alla terapia tradizionale.
Modelli come DeepSeek, Doubao e PsychSnail offrono supporto immediato, continuo e gratuito, rappresentando un’opzione accessibile in un sistema sanitario dove la psicoterapia è costosa, scarsamente regolamentata e poco disponibile, soprattutto nelle aree rurali. Piattaforme come Xiaohongshu ospitano migliaia di testimonianze di utenti commossi dall’empatia digitale dei chatbot, diventati per molti una sorta di ‘amico elettronico’.
La crescita di questa pratica è favorita dallo stigma ancora presente attorno ai disturbi psicologici e da un mercato del lavoro incerto che rende proibitivi i costi delle sedute con terapeuti umani.
Tuttavia, gli esperti mettono in guardia sui rischi dell’uso non supervisionato dell’AI nel trattamento di ansia, depressione e ideazioni suicidarie. I modelli linguistici tendono a confermare passivamente i pensieri degli utenti, rischiando di rafforzare comportamenti dannosi.
In alcuni casi internazionali, ciò ha portato a gravi conseguenze, spingendo le autorità a riflettere sulla necessità di una regolamentazione specifica. In risposta, alcune startup cinesi, come PsychSnail, stanno sviluppando soluzioni più sicure, con protocolli di emergenza e sistemi di allerta per i casi critici.
Eppure, la normativa attuale si concentra più sulla disinformazione che sulla protezione della salute mentale. Intanto, la dipendenza affettiva da questi sistemi sta sollevando interrogativi etici e sociali: se l’AI dovesse spegnersi, molti utenti si troverebbero privati del loro unico punto di conforto emotivo.
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Perché l’America crea fidanzate AI e la Cina fidanzati AI
Negli Stati Uniti e in Cina, l’evoluzione delle relazioni uomo-macchina sta assumendo forme divergenti e culturalmente marcate: mentre l’America sviluppa prevalentemente chatbot con fattezze femminili per utenti maschili, la Cina promuove companion AI maschili, destinati a un pubblico femminile.
Questa biforcazione riflette profonde differenze nei valori sociali, nei quadri regolatori e nelle priorità politiche dei due paesi.
Negli USA, la diffusione di chatbot romantici come Replika o Character AI risponde alla domanda di giovani uomini timorosi del rifiuto o influenzati dalla ‘manosphere’, alla ricerca di relazioni virtuali docili, sessualmente disponibili e prive di giudizio.
Circa il 31% degli uomini americani tra i 18 e i 30 anni interagisce regolarmente con fidanzate AI.
In Cina, invece, la crescente popolarità dei fidanzati virtuali si lega al declino dei matrimoni, all’urbanizzazione femminile e a un contesto in cui molte donne altamente istruite scelgono di evitare le relazioni tradizionali.
App come Xingye o Zhumengdao incorporano elementi dei gacha games giapponesi e offrono un’esperienza immersiva, spesso pensata per utenti donne tra i 25 e i 40 anni.
Tuttavia, il governo cinese osserva con diffidenza questi fenomeni: la preoccupazione per il calo delle nascite e il potenziale impatto degli AI companions sulla struttura sociale ha portato a interventi normativi mirati e a strette censure sui contenuti sessuali.
Sia negli USA che in Cina, il tema dell’intimità digitale solleva interrogativi cruciali: questi strumenti colmano un vuoto affettivo o lo amplificano? Sono davvero sicuri, o rischiano di manipolare la vulnerabilità emotiva degli utenti?
Dietro l’apparente innovazione si nasconde un nodo sociale irrisolto: la crescente insoddisfazione verso le relazioni umane.
Le AI companion non sono solo prodotti tecnologici, ma specchi culturali che riflettono crisi affettive, diseguaglianze di genere e un diffuso bisogno di connessione emotiva.
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