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In attesa del vaccino. Ma quali sono le tappe per sconfiggere il Coronavirus?

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Oggi siamo colpiti dalle conseguenze mondiali del Coronavirus, conseguenze che nessuna guerra ha mai determinato in modo così univoco in tutti e cinque i continenti. Ecco perché la veloce disponibilità di un vaccino diventa cruciale. Ma il problema è che sviluppare e produrre un vaccino è una strada lenta e molto costosa. Ecco perché.

Il mondo intero è coinvolto in un’unica gigantesca quarantena per il Coronavirus. Nessun continente, nessun Paese è fuori tiro.

Tutti uniti dalla paura del contagio, ma con differenti approcci (come ha fatto notare Roberto Buffagni nell’articolo di qualche giorno fa Epidemia Coronavirus: due approcci strategici a confronto) tra chi contrasta il contagio con provvedimenti di isolamento della popolazione (come in Cina, Italia o Corea del Sud) e chi la semplice cura dei malati (come in Gran Bretagna e in Germania).

Differenze di approccio a parte, tutti i laboratori sono mobilitati per il vaccino e l’opinione pubblica è a caccia di segnali di rassicurazione sul minor tempo possibile per disporre del vaccino.

Naturalmente i tempi sono importanti.

Dopo l’epidemia da Ebola nel 2014, governi e organizzazioni private hanno costituito il CEPI (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations), con un fondo di 750 milioni di dollari e con una precisa missione: lavorare nel campo delle tecnologie mirate alla realizzazione dei vaccini.

In molte circostanze, come quella attuale del Coronavirus, la velocità nella disponibilità di un vaccino diventa cruciale. Naturalmente l’epidemia deve prima manifestarsi, per poter lavorare su virus o batteri.

Ma il problema è che sviluppare e produrre un vaccino è una strada lenta e molto costosa.

Ed è quello che sta accadendo con il Coronavirus, sul cui vaccino stanno lavorando contemporaneamente numerosi laboratori di ricerca in tutto il mondo.

Quali le tappe?

Una volta sviluppato il vaccino, gli scienziati conducono le sperimentazioni pre-cliniche su topi e via via su animali di dimensioni più grandi. Già questa fase potrebbe prendere molti mesi o anni. Ma se i risultati sono incoraggianti, allora si passa prima possibile alle sperimentazioni sull’uomo.

Nella prima fase clinica, si effettuano dei test su piccoli gruppi (sino a 100 persone), per verificare che non danneggi l’organismo e per identificare la giusta dose.

Nella seconda fase clinica, si allarga il gruppo di sperimentazione (nell’ordine di diverse centinaia di persone), con l’intento di valutare l’efficacia del vaccino contro infezioni artificiali e malattie cliniche, assieme alla sicurezza del vaccino, gli effetti collaterali e la risposta immunitaria.

Nella terza fase clinica, i test vengono effettuati su larga scala, usando gruppi anche di migliaia di persone, distribuiti in differenti territori, per verificare le risposte del vaccino a contatto con differenti condizioni di malattia.

Se il vaccino in prova viene considerato sicuro ed efficace oltre un determinato periodo di tempo, l’industria farmaceutica o il laboratorio di ricerca che lo hanno realizzato, sottopongono il vaccino al giudizio delle autorità internazionali preposte, per ottenere le necessarie autorizzazioni alla commercializzazione del prodotto per uso umano.

Infine, scatta la quarta fase, quando il vaccino viene autorizzato e il suo uso viene adottato come misura di contrasto. Una fase non solo commerciale, perché l’introduzione del nuovo vaccino impone una sorveglianza post-marketing, con l’obiettivo di individuare reazioni rare e per verificare l’efficacia sul lungo termine.

Cosa accadrà per il Coronavirus è difficile dirlo. Alla luce delle cose sin qui dette, è improbabile poter disporre di un vaccino in un arco di tempo ristretto a pochi mesi. Più credibile una soluzione entro 18-24 mesi.

Ma il dato più rilevante è dato dalle conseguenze mondiali del Coronavirus, conseguenze che nessuna guerra ha mai determinato in modo così univoco in tutti e cinque i continenti.

Una ragione in più per considerare con attenzione l’importanza della ricerca non solo sui vaccini ma anche sulle tecnologie dei vaccini.

Non è uno scenario da James Bond, ma nulla esclude che in futuro non si possa configurare una circostanza di scontro non tra Stati, ma tra la convivenza civile internazionale nel suo complesso e l’azione criminosa di organizzazioni criminose internazionali ad alto tasso di tecnologia sul modello cinematografico della Spectre di Ian Fleming.

Potrebbe non essere del tutto inutile considerare tale circostanza…