i numeri

In Italia nel 2021 in asta 126.083 immobili pignorati dalle banche

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Impressionante? Sì ma non troppo. E’ l’8,1% rispetto al 2020, quando la pandemia aveva bloccato l’attività dei tribunali per lungo tempo, ma molto meno dei numeri del 2019, quando le aste degli immobili pignorati dalle banche e di quelli in vendita per altri motivi erano state 204.632, il 38,4% in più dell’anno scorso.

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Gli immobili pignorati dalle banche e battuti all’asta nel solo 2021 sono stati 84.475. Si tratta di case (appartamenti, villette, ecc…) per le quali i proprietari non riuscivano più a pagare il mutuo acceso per acquistarli e sono stati pignorati dall’istituto di credito. Altri 39.086 provengono da situazioni di crisi, soprattutto aziendali, in seguito a procedure concorsuali collegate a fallimenti, concordati preventivi, ristrutturazioni, liquidazioni coatte. Altri 2.522 sono immobili finiti all’asta per altre ragioni, come divorzi o eredità giacenti. In totale nei 12 mesi del 2021 gli immobili messi all’asta sono stati 126.083.

Impressionante? Sì ma non troppo. E’ l’8,1% rispetto al 2020, quando la pandemia aveva bloccato l’attività dei tribunali per lungo tempo, ma molto meno dei numeri del 2019, quando le aste degli immobili pignorati dalle banche e di quelli in vendita per altri motivi erano state 204.632, il 38,4% in più dell’anno scorso.

L’effetto della sospensione delle procedure di pignoramento

La ragione di questo calo rispetto al periodo pre-Covid sta nella sospensione delle procedure di esecuzione delle abitazioni principali sugli immobili decisa all’inizio dell’emergenza sanitaria e durata fino a metà 2021. Questa è anche la ragione della composizione di tali immobili. Come si vede nella nostra infografica qui sopra, a essere di tipo residenziale sono 58.427, cioè il 46,3%. Si tratta della maggioranza relativa, ma nel 2019 si toccava, invece, il 70%. Nel 9,3% dei casi sono box e posti auto.

Molto rilevante è la quota rappresentata da uffici e negozi, il 10,7%, da magazzini, il 7,3%, da capannoni, il 4,4%. Come spiega il Centro Studi Astasy Analytics di Npls Re Solutions che ha raccolto i dati, alla base vi è la somma degli effetti della recessione legata al Covid, che ha messo in difficoltà tante imprese ed esercizi commerciali, e di trend precedenti alla pandemia. Tra questi ultimi vi è il passaggio ad un’economia più digitale e immateriale che ha sempre meno bisogno di spazi fisici come capannoni e magazzini.

L’11,5% di quello che va all’asta, poi, è costituito da terreni: sono 14.506, e tra questi ve ne sono anche molti di quelli resi edificabili durante gli anni della bolla immobiliare e che poi non sono stati sfruttati a causa del tramonto del mattone. Più di 10mila immobili rientrano nella categoria “Altro”, una voce piuttosto ampia che racchiude l’8,5% di quelli totali. Qui vi sono cinema, teatri, caserme in disuso, biblioteche, stabilimenti balneari e perfino chiese.

La grande maggioranza degli immobili pignorati dalle banche parte da un valore inferiore ai 250mila euro

Complessivamente il controvalore di base degli immobili pignorati dalle banche o risultanti da un fallimento d’impresa che sono stati battuti all’asta nel 2021 è stato di 18 miliardi e 738 milioni di euro, ma considerando le offerte minime consentite si scende a 14 miliardi e 53 milioni.

Stiamo parlando di case, uffici, terreni che nella grande maggioranza dei casi, l’89%, non superano il prezzo di 250 mila euro e, anzi, mediamente ne valgono solo 62.472, decisamente meno del passato, a ulteriore dimostrazione della crisi che ha attraversato il settore immobiliare fino a poco tempo fa.

La maggior parte del valore complessivo degli immobili all’asta è rappresentato da una piccola minoranza di strutture dal prezzo di base molto alto, ovvero dal 9% (11.349 in valore assoluto) che va dai 250mila euro al milione e dal 2,04% (2.576) che supera il milione di euro. Quest’ultimo scaglione, in cui si trova solo un immobile su 50, vale complessivamente ben 6 miliardi e 571 milioni, il 35,1% del totale.

Dove sono gli immobili pignorati dalle banche

La distribuzione geografica delle abitazioni o delle altre costruzioni che finiscono nelle aste giudiziarie vede il Nord in testa con il 42% degli immobili. La proporzione della popolazione italiana che vive in questa area è di circa il 46%. Vuol dire che nelle regioni settentrionali vi sono state, in proporzione agli abitanti, meno procedure che altrove.

Diverso è lo scenario al Centro, in cui si trova il 26% delle aste a fronte di una quota inferiore al 20% della popolazione nazionale. Nel Mezzogiorno vi è il rimanente 32% degli immobili pignorati dalle banche o in vendita per fallimento. In questa area spicca, però, il dato della Sicilia: è seconda dietro la Lombardia per numero di aste, nell’isola si concentra il 10% di tutte quelle italiane. Dopo la Sicilia vengono Lazio e Toscana. Sono questi, al Centro e all’estremo Sud, i poli del disagio in tale ambito.

Il 57,2% delle aste del 2019 nel 2021 erano ancora attive, nessuno si era aggiudicato il lotto

Il Centro Studi Astasy Analytics ha realizzato anche una ricerca sull’esito delle aste precedenti alla pandemia, quelle del 2019. Vi è una percentuale altissima di procedure ancora attive, il 57,2%. Si tratta del risultato di due fattori: da un lato la già citata sospensione, per circa un anno e quattro mesi, di ogni operazione sugli immobili che siano abitazione principale, dall’altro l’indisponibilità da parte della domanda ad accettare il prezzo proposto inizialmente.

Per legge il lotto non aggiudicato deve venire riproposto, in un’asta successiva, con un ribasso del 25%. Questo spiega il motivo per cui nel 2021 il valore medio degli immobili messi in vendita con tali procedure è sceso rispetto agli anni precedenti. Rispetto al 2017 la riduzione è stata addirittura del 44%.

Valori così bassi come quelli che vengono raggiunti da molti immobili possono rappresentare un buon affare per i compratori, che magari non avrebbero altro modo per acquistare una casa, ma sono un danno per il debitore e il creditore. Se la casa o il capannone o il terreno, che il primo è costretto a mettere in vendita, fruttano meno denaro di quanto immaginato, possono non bastare a ripagare il debito contratto e il secondo non otterrà la restituzione di quanto dovuto. Con ovvie conseguenze negative sul mercato del credito e sulla ripresa.

I dati si riferiscono al 2021

Fonte: Centro Studi Astasy Analytics