come migliorare il Ddl

‘Impronte digitali in Pa? Meglio una trasformazione digitale completa e non solo ai tornelli’. Intervista a Donato A. Limone (SNAD)

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Donato A. Limone (SNAD): ‘Sono d'accordo con le indicazioni del Garante Privacy e troverei la soluzione non solo nelle modifiche del testo del Ddl, ma (finalmente) potrebbe essere l'occasione di innescare riflessioni/soluzioni serie sui modelli di organizzazione delle PA. Da 30 anni non si fanno riforme per una burocrazia moderna’.

Lo stop del Garante Privacy al Ddl “Concretezza”, che introduce l’uso massivo e obbligatorio, in tutte le pubbliche amministrazioni, delle impronte digitali dei dipendenti più la videosorveglianza, non fa arretrare di un passo il ministro che ha proposto la norma: “La verifica della presenza in ufficio tramite le impronte digitali”, ha detto Giulia Bongiorno, ministro della Pubblica amministrazione, “così come prevista dal provvedimento ‘Concretezza’, non vìola in alcun modo la privacy del lavoratore: l’impronta sarà semplicemente trasformata in un codice alfanumerico. Su questo aspetto non ci sarà alcun passo indietro del Governo”. Una semplice dichiarazione è forse insufficiente per replicare a una dettagliata e motivata audizione di Antonello Soro, che non contesta l’uso delle impronte digitali contro l’assenteismo nella PA “in presenza di fattori di rischio specifici”, ma boccia l’uso eccessivo, obbligatorio e contestuale di impronte digitali più telecamere in ogni PA.

Sul tema Key4biz apre un confronto con esperti di privacy e di Pa digitale e lo inaugura con l’intervista a Donato A. Limone, Professore di informatica giuridica e direttore della Scuola Nazionale di Amministrazione Digitale (SNAD), Università degli studi di Roma, Unitelma Sapienza.

Key4biz. Come giudica la norma del Ddl?

Donato A. Limone. Con il riconoscimento biometrico del pubblico dipendente posso controllare se entra e se esce rispettando le regole e gli orari dell’amministrazione; ma non verifico se lavora, come lavora, con quali risultati, ecc… (non controllo niente di quello che avviene “durante” le ore di lavoro). Ancora una volta si opera sugli accessi e sulle uscite, ma non sulla organizzazione del lavoro e sulla qualità dei servizi. Su questi aspetti abbiamo un ritardo significativo e possiamo dire che le indicazioni del Rapporto Giannini (1979; compie 40 anni  nel 2019) sono rimaste senza un riscontro attuativo concreto. Le riforme di questi ultimi anni hanno toccato le “regole” (approvate e riformate a strati e frammentarie) ma al di fuori dei “contenitori” organizzativi. Siamo un Paese di regole!

 

Key4biz. Servirebbe una riforma sui processi lavorativi?

 Donato A. Limone. Le amministrazioni dovrebbero riconsiderare l’orario di lavoro sotto tutti i profili (ingresso, uscita, lavoro, procedure di lavoro, razionalizzazione e semplificazione delle attività; carichi di lavoro sistematici, ma quelli veri, ecc.)

Quindi le PA dovrebbero considerare il problema del controllo delle presenze avendo adottato nuovi modelli di organizzazione: le organizzazioni nativamente digitali; i procedimenti semplificati; i sistemi di lavoro digitali (in sede e fuori). Un approccio integrato. Non ci siamo! Siamo al 25 posto della classifica DESI e al penultimo posto sulla qualità dell’amministrazione pubblica (indagine CGIA,2019).

Key4biz. Quindi nuove tecnologie non solo ai tornelli, ma una trasformazione digitale completa delle Pa?

Donato A. Limone. Certamente. Se non si procede in questo modo allora si continuerà ad operare (come da sempre) solo sul controllo degli accessi e delle uscite.  Ma nessuno si curerà della qualità del lavoro in una organizzazione moderna. Quindi ci interessiamo e rendiamo critico il trattamento dei dati personali per i controlli dei tornelli e non controlliamo (non solo formalmente ma in concreto) tutto il sistema del lavoro pubblico (in termini di qualità, di efficienza, di efficacia, di costi, ecc.). Le soluzioni lavorative devono essere definite nell’ambito delle logiche, delle dinamiche, delle prassi della trasformazione digitale.

Key4biz. Cosa propone?

Donato A. Limone. Comprendo le preoccupazioni del Ministro della Funzione pubblica ma sono quindi d’accordo con le indicazioni del Garante Privacy e troverei la soluzione non solo nelle modifiche del testo del disegno di legge, ma (finalmente) potrebbe essere l’occasione di innescare riflessioni/soluzioni serie sui modelli di organizzazione delle PA. La cd privacy non può accollarsi tutte le criticità delle PA solo perché da 30 anni non si fanno riforme “vere” per una burocrazia moderna. La protezione dei dati personali (con l’applicazione corretta del GDPR) può contribuire a migliorare le amministrazioni pubbliche ma il contesto organizzativo non può restare fuori dalle riforme. Lo stesso GDPR obbliga a rispettare il principio di accountability, la progettazione (e non la improvvisazione) del sistema di protezione dei dati personali, la valutazione dei rischi attraverso l’analisi delle attività, delle procedure, dei procedimenti. Gli attuali modelli organizzativi amplificano i rischi di protezione. Tutta la protezione dei dati è fuori controllo ma come tutto il sistema dei dati/documenti non è digitale (come dovrebbe) e ciò non aiuta l’amministrazione ad essere certa, a norma, semplificata, trasparente, moderna.