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Imprese a rischio esodo, la crisi energetica favorisce la fuga dall’Europa verso gli USA

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Cala la domanda industriale di gas in Europa e anche il prezzo. Le imprese riducono la produzione e si teme il sottoutilizzo degli impianti, con esodo finale: “C’è il rischio che una parte rilevante dell'industria europea diventi strutturalmente non competitiva, con le fabbriche che chiuderanno e si trasferiranno negli Stati Uniti”.

Stoccaggio del gas nell’UE

Secondo quanto riportato sul sito della Gas Infrastructure Europe, gli impianti di stoccaggio sotterranei (underground gas storage o Ugs) nei Paesi dell’Unione europea sono ormai pieni al 95% quasi. Al loro interno si trovano più di 102 miliardi di metri cubi di gas. Basteranno a tranquillizzare imprese e famiglie?

Si tratta di un buon livello di stoccaggio, per affrontare il prossimo difficile inverno, che potrebbe garantirci il passaggio di stagione indolore, ma non senza qualche timore. La stessa Gazprom ha comunicato che diversi Paesi dell’Unione hanno già iniziato ad intaccare le proprie riserve strategiche di gas.

Sappiamo bene che il prosieguo dell’autunno 2022 e l’arrivo dei mesi invernali del nuovo anno rappresenteranno dei seri banchi di prova per la nostra resilienza energetica.

Come ha detto un paio di settimane fa Alexei Miller, presidente del Consiglio di amministrazione di Gazprom, “gli esperti oggi stimano una carenza di 800 milioni di metri cubi di gas in Europa se ci fosse un inverno particolarmente freddo e questo è un terzo di tutto il consumo europeo“.

Giù il prezzo del gas, le imprese riducono la domanda

Come riportato dalla Reuters, al momento, i prezzi dell’energia, in particolare del gas, stanno diminuendo, ma c’è poco da gioire, hanno sottolineato gli autori dell’articolo, perché significa che si sta riducendo considerevolmente la domanda da parte delle imprese.

Sicuramente il dato è legato alle condizioni meteo positive, con un inizio autunno piuttosto mite in tutta Europa (se non straordinariamente caldo), ma molti impianti industriali stanno ridimensionando le proprie linee di produzione, con un concreto rischio di chiusura definitiva e quindi di trasloco verso mercati più redditizi (dove l’energia costa meno).

Più a rischio sono soprattutto le industrie ad alta intensità energetica, come quella dell’alluminio, dei fertilizzanti e dei prodotti chimici. L’attività manifatturiera della Zona Euro, questo mese, ha raggiunto il livello più basso da maggio 2020. E’ il segnale di una recessione alle porte?

L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) ha stimato che la domanda europea di gas industriale è diminuita del 25% nel terzo trimestre 2022, rispetto all’anno passato. Un segnale preoccupante.

Rischio esodo delle imprese verso gli USA?

Il timore è che si stia preparando un vero e proprio esodo delle nostre imprese verso gli Stati Uniti, dove il gas costa un quinto del prezzo pagato in Europa.

Patrick Lammers, membro del consiglio di amministrazione dell’utility E.ON, non ha dubbi: “Molte aziende europee stanno abbandonando la produzione”.

Limitandoci alle imprese, secondo Daniel Kral, economista senior presso Oxford Economics: “Se i prezzi dell’energia rimangono così elevati, c’è il rischio che una parte rilevante dell’industria europea diventi strutturalmente non competitiva, con le fabbriche che chiuderanno e si trasferiranno negli Stati Uniti, dove c’è abbondanza di energia da scisto a buon mercato”.

Le industrie che rischiano di più

Più di un’azienda su quattro nel settore chimico e il 16% nel settore automobilistico dichiara di essere stata costretta a tagliare la produzione, secondo un sondaggio condotto su 24.000 aziende dalle Camere di commercio tedesche (DIHK). Inoltre, il 17% delle aziende del settore automobilistico ha dichiarato di voler trasferire parte della produzione all’estero.

Egualmente a rischio sarebbe il settore strategico dei minerali, che sono utilizzati per realizzare i veicoli elettrici e le infrastrutture dedicate alle fonti rinnovabili. A tal proposito, è attesa per gennaio 2023 la nuova legge europea sulle materie prime critiche, con l’obiettivo di creare una riserva strategica di tutti i minerali considerati fondamentali per la transizione ecologica, come litio, bauxite, nichel e terre rare