Key4biz

ilprincipenudo. Sovvenzioni Fus, 60 ricorsi al Tar: oggi il Mibact ne risponde alla Camera

Angelo Zaccone Teodosi

Oggi martedì 10 novembre alle ore 13.30 è attesa la seconda parte dell’audizione del neo Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Onofrio Cutaia (detto Ninni), di fronte alla Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione) della Camera dei Deputati, presieduta da Flavia Nardelli Piccoli (esponente del Pd, già Direttrice della Fondazione Istituto Sturzo di Roma).

L’audizione verte sui sovvenzionamenti pubblici alle attività di spettacolo, attraverso il vetusto strumento del “Fus”, il Fondo Unico per lo Spettacolo creato nel lontano 1985, ed in particolare sul controverso recente (2014) “decreto Nastasi” (dal nome dell’ex Dg dello Spettacolo Salvo Nastasi, nominato qualche settimana fa Vice Segretario Generale di Palazzo Chigi), noto anche come il decreto dell’“algoritmo”.

L’audizione viene trasmessa in streaming dalla web tv della Camera, e sarà possibile fruirne anche “ex post”: va enfatizzato che si tratta di un apprezzabile servizio pubblico fornito alla comunità professionale ed alla collettività tutta (clicca qui, per vedere la precedente audizione di Cutaia, tenutasi il 29 ottobre).

Da lamentare però che, nel caso delle audizioni informali, generalmente i servizi della Camera dei Deputati non forniscono il testo dello stenografico, né vengono messi a disposizione della cittadinanza eventuali documenti consegnati dagli auditi: nel caso in ispecie, non è stato messo a disposizione il testo della relazione che il Dg ha consegnato ai membri della Commissione (e che peraltro non ha letto – se non en passant – a causa delle limitatezze di tempo).

Non si comprende perché questo deficit di trasparenza, non trattandosi certamente di un documento coperto da segreto di Stato. Da osservare che lo stesso Cutaia non ha ritenuto di pubblicare la sua relazione nemmeno sul sito web della Direzione Generale dello Spettacolo dal Vivo del Mibact.

Da lamentare poi che la videoregistrazione della web tv della Camera non è corredata dai sottopancia, per cui non è sempre agevole conoscere l’identità del parlamentare intervenuto… Data la dotazione di risorse del Parlamento, riteniamo che questi servizi tecnici debbano essere adeguatamente implementati, nella prospettiva di una sempre auspicabile maggiore trasparenza ed accuratezza documentativa: e viva gli “open data”, no?!

Perché questa audizione odierna è particolarmente importante, nell’economia politica dello spettacolo italiano?!

Perché nei mesi scorsi, come abbiamo illustrato anche su queste colonne (vedi “Key4biz” del 1° settembre 2015, “Fus e Rai alle prese con l’algoritmo della rottamazione”), s’è venuta a determinare una situazione paradossale: da tempo, la comunità professionale dello spettacolo italiano lamentava la vetustà e farraginosità dei regolamenti che governano il Fondo Unico per lo Spettacolo (406 milioni di euro la dotazione 2015), e negli ultimi due anni s’è venuto a determinare uno strano processo di neo-normazione per via regolamentare.

In sostanza, anche se non esiste ancora – incredibilmente! – una legge moderna che regoli il sostegno pubblico allo spettacolo (la legge n. 163 del 1985 sul Fus, cosiddetta “legge madre”, non ha mai “figliato” le leggi settoriali), i Ministri Massimo Bray dapprima e Dario Franceschini poi hanno stimolato un processo anomalo attraverso il quale un regolamento ministeriale è andato a dettare sostanzialmente nuove leggi.

Il “Fus” è stato oggetto, nel corso dei decenni, di infinite critiche, per la sua vischiosità e chiusura: in sostanza, chi riusciva ad accedere alle sovvenzioni manteneva questo privilegio, mentre gli “outsider” erano spesso costretti ad assistere impotenti all’altrui banchetto (chi è dentro… è dentro, chi è fuori… fuori resta!).

Un intervento saggistico che dimostrava tecnicamente la estrema “chiusura” del Fus è stato pubblicato qualche anno fa, e si rimanda a Luca Zan (a cura di), “Le risorse per lo spettacolo. Trasparenza, accountability ed efficacia della spesa pubblica nello spettacolo”, il Mulino (Bologna, 2009). Molti anni prima, era stata addirittura proposta una commissione di inchiesta parlamentare sul Fondo Unico dello Spettacolo, dall’allora deputato Alfonso Pecoraro Scanio (XIII Legislatura, doc. XXII n. 3 del 13 maggio 1996). Se quella Commissione di inchiesta fosse stata avviata vent’anni fa, oggi non saremmo nelle sabbie mobili nelle quali ci ritroviamo.

Va ricordato che l’autore primo del nuovo decreto ministeriale è indirettamente Massimo Bray, il predecessore di Dario Franceschini, che nel 2013 volle fortemente il decreto legge cosiddetto “Valore Cultura” (dl dell’agosto 2013 n. 91, recante “Disposizioni urgenti per la tutela la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo”), convertito, con modificazioni, nella legge n. 312 del 7 ottobre 2013, che, all’articolo 9, prevedeva di dar vita, a partire dal 2015, ad un sistema radicalmente innovativo di sostegno finanziario dello Stato alle attività dello spettacolo dal vivo.

Tutti (o quasi) attribuiscono all’ex Dg Salvatore Nastasi la paternità del regolamento: il Dg l’ha difeso a spada tratta eppur forse d’ufficio (come nella lettera di replica scritta a “La Stampa” e pubblicata l’8 agosto, “Musica alla guerra dei tagli. Dopo le reazioni critiche al decreto del ministero, la risposta del direttore generale spettacolo”), ma secondo alcuni il regolamento andrebbe invece attribuito ad una specifica e decisa volontà del Ministro Franceschini (in carica dal febbraio 2014), ed in particolare del suo consigliere il giurista Lorenzo Casini.

Gli autori tecnici del controverso regolamento vengono identificati, insieme alla dirigenza apicale del Ministero, in Alessandro Hinna e Marcello Minuti e Angela Tibaldi, partner di Struttura Consulting srl, la società romana di consulenza di cui si è avvalsa il Mibact. Non è dato sapere quanto questa consulenza, peraltro così delicata, sia costata alla Pubblica Amministrazione, come è stato lamentato anche dalla parlamentare grillina Chiara Di Benedetto

In occasione della prima audizione del 29 ottobre, Cutaia ha (ovviamente?!) difeso alla Camera il provvedimento del Ministro Franceschini che ha cambiato dal 2014 (operativamente dal 2015) i criteri di ripartizione del Fondo Unico per lo Spettacolo, provocando infinite polemiche ed anche molti ricorsi tra gli esclusi…

Cutaia, classe 1959, catenese, è stato direttore del Teatro Mercadante di Napoli dal 2002 al 2007, e direttore del poi disciolto Ente Teatrale Italiano (Eti) dal 2007 al 2010, e nell’ultimo anno ha guidato la Direzione Generale del Turismo del Ministero (provocando un qualche dubbio nella comunità degli operatori turistici, per l’assenza di specifica esperienza tecnica nel settore).

È senza dubbio un qualificato professionista del settore teatrale, e conosce a fondo le dinamiche e le alchimie dello spettacolo italiano. Dal 2009, è professore a contratto a Roma Tre, ove insegna “Modelli gestionali di teatro”. E’ noto pure per l’eloquio gentile e moderato, confermato anche dal tono pacato e diplomatico dell’intervento in Commissione. Si è formalmente insediato il 15 ottobre scorso a Santa Croce in Gerusalemme (la sede delle due Direzioni Generali dello Spettacolo dal Vivo e del Cinema del Ministero).

Il Dg dello Spettacolo ha rivendicato come il contestato regolamento sia un “decreto moderno, che introduce la triennalità dei finanziamenti pubblici per il mondo dello spettacolo, dando quindi per la prima volta la possibilità alle imprese di programmare, e che apre le porte a nuovi soggetti incoraggiando i più giovani e i progetti multidisciplinari”.  Cutaia ha anticipato che “piccoli correttivi sono ancora possibili, anche se bisogna comunque stare attenti a non fare norme che inficino tutto il buono che c’è”. Il Direttore Generale ha annunciato che entro i primi di novembre sarebbero stati messi online tutti gli atti: “siamo una casa di vetro”. Cutaia ha anche riconosciuto onestamente che gli uffici ministeriali sono “in tilt”, a causa della gran quantità di istanze di “accesso agli atti” (la fase preliminare al ricorso al Tar), che sarebbero state oltre 240. Va osservato che, al 10 novembre, la annunciata “casa di vetro” resta ancora… appannata, dato che gli atti non sono stati messi ancora online.

Quanto al problema degli “esclusi” – ricordato e sottolineato da molti interventi dei deputati – è stato precisato che si tratta in tutto di “137 su un totale di 1.300 (ovvero il 10,5 %, n.d.r.), rispetto a quelli che nel 2014 percepivano il contributo”. Cutaia ha sostenuto che però “è giusto prevedere esclusioni: un fondo pubblico deve prevedere un ricambio anche per gli accessi”. Molto sentita tra i parlamentari della Commissione presieduta da Nardelli Piccoli è la questione di un possibile “paracadute” per chi per la prima volta, magari dopo tanti anni di sostegno ministeriale, è stato estromesso dai contributi pubblici. Nel decreto – ha fatto notare il Dg – è previsto un aiuto per chi è stato ammesso ai finanziamenti con una quota minore rispetto al passato (e che nel 2015 non può avere meno del 70% di quello che ha avuto nel 2014), ma nessun “paracadute” è stato previsto per chi è stato completamente escluso. Le modifiche? “Vediamo cosa è possibile rispetto a un miglioramento del decreto, ma non si può snaturarlo – ha risposto il Dg, in perfetta sintonia con la tesi che il Ministro sostiene dall’agosto scorso – quello che si può fare oggi sono piccoli miglioramenti sul funzionamento, che non penalizzino chi sta lavorando sui territori”.

Durante l’audizione del 29 ottobre, Lorenza Bonaccorsi, responsabile nazionale Cultura e Turismo del Pd, ha sostenuto che affidare ad un “algoritmo” la delicata fase di riforma del settore dello spettacolo va considerato un atto di “presunzione”, ed ha auspicato quindi che si operi in modo più flessibile e strategico rispetto alla transizione in atto, lavorando al contempo ad una legge di riordino e rilancio del settore.

Va segnalato che nelle scorse settimane sono piovute anche varie interrogazioni parlamentari: gustoso il botta-e-risposta tra il Ministro Franceschini ed il Vice Presidente di Ap Ncd Udc Rocco Buttiglione nel “question time” del 23 settembre scorso (clicca qui per lo stenografico), come “Key4biz” ha segnalato nell’articolo del 24 settembre 2015 (vedi “Spettacolo e risorse: Il Fus tra centralità della politica e pressione dei tecnici”).

Sono stati presentati numerosi ricorsi al Tar: addirittura i ricorsi alla giustizia amministrativa sarebbero oltre 60. È verosimile che alcuni di questi ricorsi possano essere accolti, e le conseguenze potrebbero essere paralizzanti per l’intero sistema dello spettacolo.

Un’assemblea di una parte degli “esclusi”, pochi giorni fa al Teatro Quirino di Roma, ha registrato un’affluenza impressionante (vedi “Key4biz” del 26 ottobre scorso: “Lo spettacolo italiano lancia l’allarme: senza fondi è rischio paralisi”) e rivelato dinamiche – se corrispondenti al vero – discretamente sconvolgenti (in taluni casi, le commissioni ministeriali si sarebbero riunite… per via telefonica): tutto il mondo dello spettacolo italiano è comunque in subbuglio, e si ha ragione di ritenere che un qual certo malcontento serpeggi anche tra gli “ammessi”, perché il crudele meccanismo dell’“algoritmo”, nella sua pseudo-tecnocraticità, può tagliare la testa domani a chi oggi è stato privilegiato.

Un “dettaglio”: i membri delle Commissioni consultive che hanno effettuato le selezioni sono stati nominati dal Ministro, previo avviso pubblico a presentare candidature, ed il Dg Cutaia ha voluto enfatizzare che non ricevono emolumenti di sorta. Questa caratteristica non depone positivamente rispetto alla stimolazione di professionisti che pure debbono dedicare molto tempo e molta attenzione a queste delicatissime procedure valutative e selettive.

Questa pratica del… “senza oneri per l’Amministrazione” è il risultato perverso di una esasperata “spending review” male interpretata: perché consiglieri e consulenti e membri di commissioni, che sono chiamati dallo Stato ad esprimere il loro parere tecnico su materie sensibili (amministrazione di pubblico danaro), debbono prestare la propria delicata attività… gratuitamente?!

Non è sempre latente il rischio che, a fronte di questa generosa gratuità, possano venirsi a determinare rischi di influenze anomale da parte dei postulanti e dei poteri forti? Riteniamo che questa stortura del sistema debba essere oggetto di una precisa correzione: si teorizza indipendenza, ma non la si garantisce.

La questione di fondo è, ancora una volta: perché si è intervenuti in modo così radicale, senza un preventivo coinvolgimento attivo del Parlamento e magari una pubblica discussione che coinvolgesse anche gli operatori del settore e gli “stakeholder” tutti?! Perché è stato approvato un decreto che modifica “nasometricamente” l’intervento della mano pubblica, senza aver avviato una fase di analisi, dibattito, e valutazione tecnica di efficienza e efficacia del ruolo dello Stato nel settore?

Perché non esiste ancora in Italia un’analisi accurata ed approfondita dell’intervento dello Stato nel settore culturale, e specificamente dello spettacolo?

Chi ha voluto che lo strumento tecnico di valutazione e monitoraggio che avrebbe dovuto rendere il Fus trasparente, ovvero l’Osservatorio dello Spettacolo (previsto dalla “legge madre” del 1985), fosse progressivamente depotenziato e definanziato, vanificando la sua funzione di cassetta degli attrezzi del Parlamento e della Pubblica Amministrazione?! In questi decenni, in assenza di trasparenza e di analisi di efficienza ed efficacia, “qualcuno” ha governato come meglio ha voluto.

Il “regolamento Nastasi” è intervenuto in modo radicale su una materia che è sostanzialmente ignota ai più: in verità, nessuno in Italia, nemmeno il Ministro pro-tempore, è in grado di rispondere in modo serio e dignitoso a chi osa domandare perché – esemplificativamente – al settore lirico viene assegnato l’ics per cento del Fus ed al cinema l’ipsilon, e ciò basti a livello “macro”.

A livello “micro”, poi la ripartizione delle sovvenzioni inter-settoriali è affidata alla discrezionalità del Ministro, e poi intervengono infrasettorialmente le Commissioni consultive con le loro discrezionali scelte…

Come abbiamo scritto su queste colonne, il “regolamento Nastasi” sembra una sorta di foglia di fico che consente al Principe di non assumersi piena e diretta responsabilità di decisioni che ancora una volta son state – ed inevitabilmente debbono essere – politiche. La tecnocrazia all’amatriciana produce effetti perversi: insieme all’acqua sporca, s’è buttato anche il bambino…

Si teorizza tecnocrazia e si pratica nasometria.

Vai alla Proposta di inchiesta parlamentare d’iniziativa del deputato Pecoraro Scanio: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione del Fondo Unico per lo Spettacolo, XIII Legislatura, Doc. XXII n. 3, presentata il 13 maggio 1996.

Last minute. Alcuni commenti sulla seconda audizione del Dg Ninni Cutaia in Parlamento, che si è svolta oggi dalle ore 14 alle 14.30, e la relazione del 29 ottobre 2015 in esclusiva per “Key4biz”

 

Il Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo Ninni Cutaia ha reagito con prevedibile pacatezza alle osservazioni dei parlamentari che sono intervenuti, sia nell’audizione del 29 ottobre sia in quella odierna del 10 novembre 2015. Va notato come nessuno degli interventi dei parlamentari abbia peraltro assunto toni particolarmente critici.

Cutaia ha spiegato che, “se potesse”, procederebbe immediatamente ad alcune “corrigende” al decreto ministeriale Nastasi, ma la questione è ovviamente delicata e richiede un placet dell’Ufficio Legislativo del Ministero.

Ha piuttosto proposto al Parlamento di farsi carico di un… “salto di qualità”: prendere il meglio dall’esperienza del decreto ministeriale, “errori inclusi” (ma ha subito precisato “errori almeno di prospettiva”), nella logica dell’“andando vedendo”, ed elaborare una proposta di intervento normativo (ipotesi che era stata prospettata da Lorenza Bonaccorsi nell’audizione del 29 ottobre), che vada a rinnovare il senso e la qualità dell’intervento pubblico a sostegno del settore dello spettacolo.

Nel mentre, però?!

L’Amministrazione deve intanto attrezzarsi per reagire ai tanti ricorsi, che sarebbero – ha rivelato oggi Cutaia – “almeno 30-35 per il settore teatro” ed “altrettanti per il settore musica”. Questi quindi i dati “aggiornati ad oggi”: ben 60 se non 70 ricorsi!

Una quantità impressionante, a fronte di 137 “esclusi”: insomma, 1 escluso su 2 ricorre al Tar! Un problema di dimensioni enormi (si pensi soltanto alle spese legali che dovrà affrontare lo Stato…), che potrebbe stimolare il Ministro a ragionare su un decreto ministeriale correttivo. Come dire? Un ravvedimento operoso: prospettiva di intervento che riteniamo essere nei pieni poteri ministeriali di Franceschini. La capacità autocritica dovrebbe essere un vanto del buon amministratore pubblico.

Cutaia ha enfatizzato che ha comunque deciso di avviare “da domani” due “tavoli tecnici”, con l’Agis (sia consentito osservare che l’Agis non rappresenta comunque tutte le anime del policentrico settore dello spettacolo italiano) e con le Regioni (per identificare i progetti più radicati sul territorio), per studiare ogni possibile correzione di rotta, ma limitando le “corrigende” al futuro (esercizio 2016), perché il decreto Nastasi non prevede una fase di “sperimentazione”.

Per esempio, ha annunciato che nella ripartizione dei fondi Fus, inter-settoriali (quel che in gergo viene definito “lo spacchettamento” del Fus: allocazione delle risorse del fondo tra cinema, teatro, musica, danza, circhi) ed infra-settoriali (all’interno di ogni singolo settore: attività di produzione, promozione, eccetera), si potrà prestare nel 2016 maggiore attenzione alle cosiddette “azioni di sistema”, così come alle iniziative che evidenziano un buon collegamento “con il territorio” appunto.

In relazione alla trasparenza, il Dg Cutaia ha informato che è partita ieri una “Pec” a tutti coloro che hanno presentato un’istanza di sovvenzionamento al Mibact, per chieder loro l’autorizzazione a pubblicare sul sito web del Ministero il progetto che è stato finanziato (o anche semmai escluso?!).

Qui, temiamo il Dg cada purtroppo su una buccia di banana: a quanto ci risulta (da più fonti, ben validate), molti di coloro che hanno presentato istanza di accesso non hanno ricevuto la documentazione richiesta entro i termini per la possibile presentazione del ricorso al Tar, 60 giorni dalla data di pubblicazione dei decreti direttoriali con l’elenco degli ammessi e degli esclusi, ovvero il 30 ottobre 2015.

Il Ministero ha addotto problematiche di gestione della grande richiesta di accessi ed inconvenienti di natura tecnica. Fatto sta che la richiesta via “Pec” che è partita ieri (9 novembre, a distanza di tre mesi dalla pubblicazione dei decreti direttoriali a firma Nastasi!) appare come contraddittoria dinamica (e graziosa presa in giro): cosa se ne può fare, il postulante escluso, se la documentazione verrà messa a disposizione oltre il termine previsto per legge per presentare il ricorso?!

Va bene la logica “open data”, ma in questo caso se ne vanifica l’utilizzazione per la tutela dei propri diritti. Peraltro, il Dg ha annunciato che è partita giustappunto ieri la richiesta di autorizzazione, e la disponibilità ovvero indisponibilità all’accesso agli atti deve essere autorizzata, entro 10 giorni, dal cosiddetto “contro-interessato”.

Se il contro-interessato non concede l’autorizzazione, il suo progetto non può essere reso di pubblico dominio. Quindi, ci si deve comunque aggiornare al 19 novembre prossimo, per comprendere come si sviluppa lo scenario… cognitivo. Cutaia ha però al contempo sostenuto che tutti i progetti sono attualmente online sul sito del Ministero. Abbiamo appena consultato il sito del Mibact (ore 16), ed i progetti in questione non sono – ovviamente – ancora online. Sia consentito osservare che, ancora una volta, si corre il rischio di affondare nelle sabbie della burocrazia. Al di là delle buone e belle intenzioni.

In relazione al costo della società Struttura Consulting srl, l’impresa romana di consulenza di cui si è avvalsa il Mibact, Cutaia ha chiarito oggi che il budget allocato è stato di 130.000 euro, e che l’impresa è stata identificata a seguito di una procedura cosiddetta di “cottimo fiduciario”, previa richiesta manifestata al Mepa (che dovrebbe aver fornito cinque nominativi di potenziali candidati). Si ricorda che il Mepa è l’acronimo del Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, strumento di commercio elettronico (di tipo “business-to-government”, ovvero “B2G”) affidato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze a Consip, a disposizione delle amministrazioni pubbliche italiane per effettuare acquisti ed appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria: 134.000 euro per la Presidenza del Consiglio ed i Ministeri e 207.000 euro per le altre amministrazioni.

Infine, il Direttore Generale Cutaia ha sostenuto che sarebbe necessario conoscere quanto e come intervengono anche le Regioni e le Amministrazioni Locali per sostenere le attività di spettacolo, per comprendere meglio il senso del complessivo intervento dello Stato centrale, anche nella prospettiva di una auspicata riforma complessiva.

Bene, bravo.

Da anni, invochiamo ciò su queste colonne. Ma forse sarebbe stato bene pensarci prima, magari riattivando il killerato Osservatorio dello Spettacolo del Mibact, ed arrivando quindi a finalmente costruire una (ancora incredibilmente indisponibile) fotografia-radiografia (accurata, approfondita, aggiornata) dell’intervento della mano pubblica nel settore culturale italiano. Ci auguriamo che il Ministro Franceschini ed il Dg Cutaia si adoprino presto in tal senso, dando operativa concretezza ai condivisibili annunci.

“Key4biz” ha acquisito copia della relazione presentata da Ninni Cutaia in occasione dell’audizione del 29 ottobre 2015, e quindi può offrirla in esclusiva ai propri lettori (nota bene: alcuni dei dati proposti sono ovviamente aggiornati a quella data).

Exit mobile version