Il dibattito

ilprincipenudo. Rai: pressing di Palazzo Chigi sulla Tv. Facile controllo, ma qual è la vision?

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Settimana densa di avvenimenti con l’Opa di Mediaset su Rai Way, il riordino dei tg Rai e il dibattito sulla riforma del servizio pubblico. Manca però una vision sulla governance futura della Tv.

Febbraio volge al termine… e sarà veramente aprile “il mese della cultura e della Rai”, come ebbe ad annunciare retoricamente il nostro Presidente del Consiglio Matteo Renzi qualche settimana fa?!

Di annunci simpaticamente disattesi, se ne potrebbero in verità contare tanti, in quest’anno di governo, e non sappiamo se anche questo rientrerà in questa deprimente categoria.

#ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz.
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La settimana che si chiude oggi è stata però oggettivamente incandescente, tra inattesa opa Mediaset su Rai Way (anche se il grillino Roberto Fico, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai, ha sostenuto “io l’avevo previsto mesi fa…”), riordino dei tg Rai (provvedimento logico in termini di efficienza infra-aziendale, ma che temiamo andrà a ridurre lo spettro del pluralismo del “public service broadcaster” italico), ed annuncio del Premier sul possibile ricorso ad un intervento governativo decisionistico e brutale (addirittura decretazione d’urgenza) rispetto alla attesa (ma… da decenni) riforma della “governance” di Viale Mazzini.

Questa rubrica propone su “Key4biz” dal luglio 2014 un osservatorio critico che cerca di andare oltre le letture correnti e le analisi tradizionali: non andremo quindi a riproporre dettagliatamente lo scenario dei “fuochi d’artificio” che ha caratterizzato il dibattito politico e giornalistico di queste ultime settimane e soprattutto giorni, anche perché crediamo che si tratti veramente di… “molto rumore per nulla”.

Ci limitiamo a ricordare che, a proposito dell’operazione Ei Towers, il renziano Michele Anzaldi (capogruppo Pd in Vigilanza) ha rimarcato che comunque non potrà essere ceduto da Rai oltre il 51% delle quote, ed il direttore di “Key4biz” Raffaele Barberio ha saggiamente ben rimarcato su queste colonne come un ipotetico “gestore unico” di torri e frequenze determinerebbe una reazione certamente negativa da parte della Commissione Europea (anche alla luce delle belle figure barbine fatte dall’Italia in passato in materia di frequenze)…

Ci limitiamo a ricordare come la Presidente della Camera Laura Boldrini abbia segnalato che la questione Rai non sembra incarnare esattamente l’esigenza di un decreto legge, e sia stata subito sommersa da una marea di critiche da parte dei governativi filo-decisionisti (anche lei rientra ormai nelle schiere dei gufi?!). Peraltro si ha ragione di prevedere che Renzi stia semplicemente pensando ad un disegno di legge, e quindi verosimilmente non verranno concretizzati “atti di forza”…

Ci limitiamo a ricordare come tre consiglieri di amministrazione di Viale Mazzini (Rodolfo De Laurentiis, Antonio Verro, Guglielmo Rositani) abbiano votato contro il piano di riorganizzazione dell’informazione Rai (che pure è stato oggetto di critiche da parte della Vigilanza, ed in particolare da parte del relatore Pino Pisicchio, capogruppo del Misto; Maurizio Gasparri, per Forza Italia, ha sostenuto che si tratta di “un cervellotico piano carta-straccia”), mentre la Presidente Anna Maria Tarantola, non appena è stato approvato in cda, ha ritenuto di dover informare tempestivamente il premier by phone…

Tutto ciò sommariamente ricordato, una domanda emerge spontanea: si tratta di fatti o di fattoidi?!

Tendiamo a propendere per la seconda ipotesi interpretativa. Molto fumo e poco arrosto. Chiacchiere in libertà, amplificate dalla stampa e dai media, nel teatrino mediale della politica italiana.

Si ricorda la vicenda dell’isterico taglio dei 150 milioni del budget Rai, in nome di una presunta “spending review”)?

Si ricorda la vicenda del riformando canone Rai?

Si ricorda la vicenda della mitica “consultazione popolare” sulla riforma Rai?

Si ricorda la vicenda surreale dell’imperfezionato “contratto di servizio” Rai-Mise?

Eccetera.

Tutte dinamiche tipiche di un Paese assai mediterraneo, cerchiobottista, un-passo-avanti-e-due-indietro: territorio incontrastato di Arlecchino e Pulcinella… Vogliamo immaginare il sorriso di Pirandello e Malaparte.

Quante volte, nei mesi scorsi, abbiamo assistito ad accelerazioni e frenate, a comportamenti erratici e contraddittori?!

Perché questa volta dovrebbe essere diverso?!

Forse perché il consiglio di amministrazione Rai è effettivamente in scadenza ad aprile, ed il Presidente del Consiglio vuole liberarlo dalla “politica” (intesa – temiamo – come politica… altrui!), per allocarvi sicuramente un qualche tecnico amico, vicino al suo “giglio magico”?!

Quel che qui vogliamo rimarcare, e porre all’attenzione dei lettori di “Key4biz”, è che il “dibattito” sulla delicata questione Rai, ovvero sulla maggiore industria culturale nazionale, si è caratterizzato, in quest’ultimo anno, per l’assenza di approfondimenti, studi, ricerche, analisi comparative internazionali.

Sembra essere stata congelata anche l’iniziativa promossa da Mario Morcellini e dal suo Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma, la cosiddetta “Pallacorda per la Rai”, ovvero il tentativo di promuovere un laboratorio scientifico-politico, il cui ultimo dibattito s’è tenuto a metà novembre: era stato annunciato un evento pubblico di presentazione dei risultati dei cinque incontri, ma non se ne è avuto più notizia.

Forse l’accademia si è resa conto, ancora una volta, della inutilità del proprio sforzo, a fronte della perdurante sostanziale sordità della politica. L’isolamento tra questi due mondi è altra patologia storica del nostro Paese.

Il misterioso gruppo di studio che era stato promosso dal Sottosegretario Antonello Giacomelli non s’è più riunito da mesi, e non si sa nemmeno che fine abbia fatto la documentazione che era stata prodotta dai partecipanti… Si ha notizia, in questi ultimi giorni, di concitate riunioni infra-Pd, ma con modalità non esattamente tipiche dei “think-tank” della migliore tradizione anglosassone. Si ha anche notizia di una frenetica sollecitazione via email, nei giorni scorsi, affinché un’altra imprecisata eletta schiera di esperti ed operatori del settore e politici di professione manifestasse “idee” che contribuissero al frullatore cognitivo-ideativo del “Conducator” Renzi… Portatori d’acqua per il cappellaio magico.

La domanda, semplice quanto brutale, è: ma possono essere queste le metodiche con cui un Governo serio affronta, seriamente, una tematica delicata e strategica come quella del ruolo e della riforma del servizio radiotelevisivo pubblico?!

Crediamo che, alla fin fine, molte bolle di sapone svaniranno: l’operazione Ei Towers – Rai Way non si concretizzerà, e la montagna partorirà il topolino, con un Presidente del Consiglio che sarà forse riuscito a “semplificare” la gestione Rai, riducendo magari a 5 il numero dei consiglieri di amministrazione. E magari tutti di nomina governativa?! Come dire?! Fuori i partiti da Viale Mazzini, e dentro il governo… Fuori “la politica” e dentro “gli amici”… E magari si introdurrà anche, per stimolare demagogicamente il consenso del popolo, un intervento che vada a ridurre l’entità del canone…

Ancora una volta, saremo costretti ad assistere ad interventi frammentari e occasionali, completamente sganciati da una riflessione approfondita, documentata, organica, sul ruolo della Rai nel contesto del complessivo sistema culturale nazionale alla luce della rivoluzione del web. Ed in totale assenza di discussione sul conflitto di interessi, sulla concentrazione oligopolistica, sull’assetto dei vari segmenti delle industrie culturali e creative (editoria, cinema, musica, multimedialità…).

Bettino Craxi si rivolta nella tomba, osservando il decisionismo renziano. A quei tempi, esistevano, nei partiti politici, uffici studi e fondazioni che lavoravano con impegno all’elaborazione di un “policy making” basato su una minima base tecnocratica.

Oggi assistiamo a conati di decisionismo spesso caratterizzato da improvvisazione e velleitarismo.

Ahinoi, un sol uomo al comando, e molti dilettanti allo sbaraglio.

C’è veramente da temere per il futuro della Rai e di tutte le industrie culturali italiane.