Nomine

ilprincipenudo. Le nomine nell’industria culturale tra meritocrazia e amicizie

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Fanno discutere le recenti nomine del Ministro Dario Franceschini ai vertici di Cinecittà Luce. Un deficit di trasparenza, che fa il paio con il caso dell’Agenzia per l’Italia Digitale?

#ilprincipenudo è una rubrica settimanale di ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, promossa da Key4biz a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult.
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Un tempo, era il quotidiano fondato da Antonio Gramsci a tenere accesi i riflettori sulla politica cinematografica italiana, con particolare attenzione a Cinecittà, ma “l’Unità” è stata incredibilmente killerata qualche settimana fa e ci mancano le analisi appassionate di Gabriella Gallozzi su Cinecittà e la sua ignobile deriva fallimentare.

Scriveva Gallozzi nel febbraio 2014: “Luna Park Cinecittà lavori in corso. Sta per aprire l’area a tema, mentre muoiono gli studios. Nuovamente a rischio i posti di lavoro. La Deluxe rescinde il contratto, Abete non paga l’affitto degli spazi da anni. L’aria è di dismissione: nessun investimento né rilancio”…

Sono ormai quasi soltanto i militanti dell’associazione degli autori cinematografici a richiedere un rilancio della struttura di Via Tuscolana: il 4 settembre a Venezia, la storica Anac ha promosso un incontro dal titolo “Cinecittà Mon Amour – Gli autori per un bene pubblico europeo”. Il problema di fondo è che tra “studios” (affittati ormai da 17 anni alla privata Cinecittà Studios, in mano a Luigi Abete) ed “archivi” (lo storico Luce) e “promozione nazionale e internazionale del cinema italiano” (una delle teoriche attività residuali di Cinecittà Luce, in assenza di un’agenzia nazionale ad hoc), le funzioni di Cinecittà sono ormai completamente confuse e contraddittorie.

La notizia non ha avuto alcuna pubblicità, se non nei corridoi ministeriali, fino a ieri 24 settembre, ed è stata ripresa oggi soltanto dalla penna, sempre attenta ed arguta, di Michele Anselmi, già firma eccellente de “il Riformista” (anche qui, una testata strangolata dalle logiche malate del sistema editoriale italico, con pochi editori puri e con sovvenzionamenti pubblici gestiti in modo delirante), che scrive ormai su un quotidiano qualificato, ma certo non di respiro nazionale, qual è “Il Secolo XIX” di Genova. Il titolo dell’articolo di Anselmi è efficace: “Se anche Franceschini premia i ‘soliti’ amici”.

Le nomine del ministro Franceschini

Sul sito del Mibact si legge la telegrafica notizia ufficiale: “Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, nell’Assemblea del 19 settembre scorso, ha  proceduto alla nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione di Istituto Luce Cinecittà srl, nominando Presidente Roberto Cicutto e Consiglieri d’amministrazione Maite Carpio Bulgari e Antonio Bertani. Il cda di Luce Cinecittà si è riunito oggi, 24 settembre, attribuendo al Presidente Roberto Cicutto le deleghe  dell’Amministratore delegato”.

Perché è opportuno ri-citare Anselmi?

Perché era stato proprio lui, “vox clamans in deserto”, in occasione della conferenza stampa di presentazione della riorganizzazione strutturale del Ministero, il 16 luglio, a domandare al Ministro Franceschini cosa intendesse fare rispetto al rinnovo degli amministratori di Cinecittà Luce.

E Dario Franceschini dichiarò, testualmente: “Su Cinecittà Luce, sono d’accordo con ‘Il Secolo XIX’. Il Consiglio di Amministrazione è scaduto il 4 luglio, ne stiamo discutendo con il Ministero dell’Economia. Presto avrete notizie. Di sicuro è bene ridurre i ruoli e le spese”. Il riferimento era soprattutto ai compensi dell’ex Presidente (il dimenticabile Rodrigo Foresio Cipriani, esperto di problematiche agricole, fiduciario dell’ex Ministro Giancarlo Galan, oggi detenuto) e dell’Amministratore Delegato (Roberto Cicutto) di Cinecittà Luce, rispettivamente di 150mila e 160mila euro l’anno.

Assenza di strategia

La prima questione, grave, è l’assenza di una strategia governativa rispetto al ruolo che Cinecittà Luce potrebbe/dovrebbe assumere nella politica culturale italiana. Anni fa, qualcuno pensava addirittura che potesse svolgere una funzione simile a quella del Cnc francese, quel Centro Nazionale per la Cinematografia che è il fulcro dell’audiovisivo d’Oltralpe…

Qualcuno aveva anche teorizzato una fusione tra Cinecittà Luce e Centro Sperimentale di Cinematografia

Altri, più recentemente, hanno ri-teorizzato una convergenza tra Cinecittà e Rai (se ne parla da decenni), sia sul fronte della produzione (investimenti e Studios) sia su quello degli archivi (convergenza tra il Luce e Rai Teche), ed è finanche riemersa – accarezzata dal Ministro – l’idea di un Museo del Cinema (senza naturalmente ragionare seriamente sul senso, o non senso, dell’ipotesi, rispetto alla ormai storica struttura torinese)…

Idee in libertà, suggestioni talvolta stimolanti, ma in totale assenza di studi, ricerche, business plan, indagini di mercato, analisi comparative internazionali…

Anche rispetto a Cinecittà, si assiste ad una “politica culturale” dal respiro corto, che si limita a gestire il contingente e ad amministrare l’esistente, senza ambizioni strategiche, senza alcuna progettualità di medio-lungo respiro, senza una minima ambizione di ecologia mediale del sistema complessivo delle industrie culturali italiane.

Non ci risulta esistere una decisione concreta lungimirante da parte del Ministero rispetto a Cinecittà, che è ormai il fantasma di se stessa.

Si registra che comunque, nel marzo 2014, Franceschini stesso dichiarava: “il mio impegno è per un rilancio di Cinecittà che non solo valorizzi la sua gloriosa storia, ma che gli restituisca nel futuro una nuova centralità internazionale”.

Un oppositore del Governo Renzi sosterrebbe malevolmente che si tratta della solita “tecnica” di comunicazione: begli annunci roboanti, contraddetti dall’assenza di coerente fattualità.

La relazione della Corte dei Conti

Per capire qualcosa di Cinecittà e del suo incerto futuro, una lettura soltanto è utile: la relazione della Corte dei Conti, resa nota nel dicembre 2013, relativa al bilancio 2012, reperto a firma del consigliere Agostino Chiappiniello.

Il documento cerca di ricostruire una vicenda complicata ed intricata, e si affonda comunque in sabbie mobili amministrativo-burocratiche.

Basti osservare che, per un qualche tempo, sono “co-esistite” 2 Cinecittà!

Si legge infatti nel documento della magistratura contabile: “la mancata tempestiva adozione del decreto di cui al citato art. 14, comma 8, della legge n. 111 del 2011, così come già evidenziato dalla Corte nella relazione relativa all’esercizio 2011 (“parole al vento”? n.d.r.), ha comportato una duplicazione di oneri. In particolare, sono stati corrisposti i compensi sia agli amministratori ed ai sindaci della società Cinecittà Luce s.p.a., che avrebbe dovuto essere messa in liquidazione, sia a quelli della nuova società Istituto Luce-Cinecittà s.r.l.”.

Ciò basti.

La legge n. 111 del 2011 aveva previsto che Cinecittà Luce s.p.a. venisse posta in liquidazione e trasferita alla Società Fintecna S.p.a. o a società da essa interamente controllata… Lettera morta.

E che dire dei quasi 51 milioni di euro di risultato negativo dell’esercizio 2012, frutto del trasferimento dei beni strumentali e patrimoniali, a titolo gratuito, al Mibact?! Ad oggi, è arduo comprendere “chi” faccia cosa, e per chi, e con quali costi per lo Stato, nella confusa operazione di “internalizzazione” messa in atto dal Ministero (una parte del personale è stato trasferito al Mibact in regime di “Convenzione”)…

Si legge nella relazione della Corte che le sovvenzioni sono state nell’ordine di 14,4 milioni di euro nel 2011, e sono scese a 5,9 milioni nel 2012. Si legge poi nella “Relazione annuale al Parlamento sul Fondo Unico per lo Spettacolo per l’anno 2012” che “a Cinecittà Luce s.p.a. è stato assegnato un contributo di 1.850.000 euro ed all’Istituto Luce Cinecittà s.r.l. è stato assegnato un contributo di 6.900.000 euro, per un totale di 8.750.000 euro”. Il rapporto tra “Cinecittà Luce” (la spa) e “Istituto Luce Cinecittà” (l’srl) sembra frutto di un’immaginazione à-la-Totò, ovvero una sorta di gioco delle tre carte… Che siano 6 o 9 milioni di euro, sarebbe interessante capire – ribadiamo – per fare “cosa”.

Seconda questione, non meno grave, è la selezione degli amministratori pubblici negli enti culturali italiani: continua a prevalere il criterio del rapporto fiduciario (se non amicale) con il decisore politico di turno, nel caso in ispecie con il Ministro “pro tempore” (siamo tutti… “pro tempore”, come ricordavano gli andreottiani?).

Nessun bando pubblico, nessun invito a presentare candidature, nessuna selezione trasparente: la nomina è stata autocraticamente decisa dal ministro medesimo. Punto.

Molti anni fa (ai tempi della cosiddetta “Prima Repubblica”), esistevano pratiche forse non esaltanti di consultazioni informali con quelle che si definivano “le categorie”, ovvero le associazioni settoriali, dai produttori agli autori (dall’Anica all’Anac), oggi si direbbe gli “stakeholder”: certo, sempre latente il rischio di consociativismo, ma comunque una qualche dialettica (e finanche trasparenza) c’era, tra il decisore e le comunità di riferimento. In tempi più recenti, in nome di una presunta semplificazione delle procedure e di un decisionismo pseudo-efficientista, le pratiche sono divenute altre, con oscillazioni tra il “pubblico” ed il “privato”.

Il caso dell’Agid

Sintomatico, anche in questo caso, il caso della nomina del Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid). la vicenda ha assunto caratteristiche quasi patologiche, in un mix di vocazioni meritocratiche e verso la trasparenza, e reiterate contraddizioni decisionali. Basti osservare che l’Agenzia è stata istituita con la legge n. 134 del 2012 (sulla base di un decreto legge voluto dall’allora governo di Mario Monti), ma lo statuto societario è arrivato soltanto nel 2014.

Il primo Direttore nonché (ovviamente) Commissario Straordinario, Agostino Ragosa, si è dimesso nel giugno scorso (d’accordo con il Ministro… ed in nome dello “spoil-system”), e soltanto il 9 luglio è stata ufficializzata la nomina, controversa, di Alessandra Poggiani.

Si ricorda che le competenze istituzionali sull’Agenda Digitale italiana, che sembravano essere assegnate al Sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alla Comunicazione Antonello Giacomelli, sono state poi affidate alla Ministra Marianna Madia, Ministro alla Pubblica Amministrazione, e giustappunto neo Responsabile dell’Agenda Digitale.

È stata appunto la Ministra Madia ad apporre la propria firma su un atto che precisava, a chiare lettere: “Ferma restando la discrezionalità dell’autorità competente nella scelta del candidato più idoneo allo svolgimento dell’incarico, il presente avviso è finalizzato a garantire la piena applicazione del principio di trasparenza, e, in conformità all’articolo 97 della Costituzione, ad assicurare l’elevata e qualificata professionalità del soggetto cui verrà conferito l’incarico, individuato nell’ambito delle candidature presentate”.

L’avviso pubblico per la nomina del Dg dell’Agid fu reso noto in data 6 giugno, prevedeva un termine di scadenza discretamente stretto, ovvero il 15 giugno. Sono pervenute complessivamente 156 candidature: l’identità dei candidati è stata resa nota, ma non i curricula professionali, né le linee programmatiche proposte che il bando chiedeva a ciascun candidato.

Una trasparenza a metà, si potrebbe commentare, ma comunque un passo in avanti, un tentativo nella direzione giusta… “ferma restando”… “la discrezionalità dell’autorità competente”.

L’interpellanza dei grillini

Alcuni, più intransigenti, però, non si sono accontentati: il grillino Luigi Di Maio ha presentato il 22 settembre un’interpellanza (la n. 2/00685), per chiedere di fare luce proprio sulla vicenda Poggiani.

Secondo Di Maio, il Ministro Madia avrebbe predicato bene e razzolato male, mettendo in atto una procedura di selezione senza il pieno rispetto dei principi dell’evidenza pubblica e non garantendo il buon andamento e l’imparzialità della amministrazione.

Da osservare che Di Maio ha presentato l’interpellanza dopo aver acquisito segnalazione di una denuncia al Procuratore Generale presso la Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica. Il bando, pubblicato il 6 giugno 2014 sul sito web istituzionale del Ministero, sarebbe viziato anche dalla mancanza dei criteri oggettivi di valutazione ed ammissibilità dei candidati, si legge nell’interpellanza. Più grave ancora sarebbe, secondo il deputato del Movimento 5 Stelle, che il Ministro abbia nominato Direttore Generale dell’Agid un candidato privo dei requisiti, non essendo presente nel fascicolo di selezione alcun provvedimento che certifichi l’equipollenza del titolo di studio ottenuto all’estero dal candidato (insomma, alcuni sostengono che la Poggiani non sarebbe nemmeno laureata), o meglio avrebbe un titolo non riconosciuto.

Al contrario, il problema… “metodologico”, il Ministro Franceschini, non se lo deve essere posto, rispetto alle nomine dei nuovi amministratori di Cinecittà Luce. Il “ferma restando” è rimasto proprio… fermo, nelle sue stanze, senza alcuna necessità di (pubbliche) consultazioni. “Ferma restando la discrezionalità” del Principe di turno, appunto. E, suvvia, che bisogno c’è di un pubblico avviso?!

Ma torniamo a Cinecittà

Chi ha scelto il Ministro?! In un mix tra continuità storica e bislacca innovazione, ha rinnovato l’incarico a Roberto Cicutto, già Amministratore Delegato di Istituto Luce dal 2009, inossidabile organizzatore culturale ed elegante intellettuale (fondatore della Mikado, ceduta nel 2006 alla De Agostini), ed ha introdotto nel cda la documentarista madrilegna Maite Carpio Bulgari ed il commercialista aquilano Antonio Bertani.

Della prima (moglie di Paolo Bulgari, Presidente dell’omonimo Gruppo, la cui maggioranza è stata ceduta nel 2011 a Louis Vuitton Moët Hennessy – Lvmh, così per ricordare quanto ami il “Made in Italy”…), si leggeva in occasione della sua cooptazione, nel luglio 2011, nel Cda del disastrato Teatro dell’Opera di Roma da parte dell’allora Sindaco Gianni Alemanno (trattasi allora forse di nomina… “bi-partisan”?!): “giornalista, regista, autrice e produttrice, Carpio Bulgari è nata a Madrid nel 1967, ed è laureata in Scienze della Comunicazione e in Filosofia, specializzata in Storia ed Estetica Cinematografica e dottore di ricerca in Filosofia”.

Memorabile una sua intervista, nella quale dichiara: “Io credo che gli angeli esistano. Assolutamente” (così in “I miracoli degli angeli”, di Anna Fermi, Piemme, 2013). Maite Carpio in Bulgari, nel maggio scorso, ha presentato a Roma all’Ara Pacis il documentario “Papa Bergoglio”, sulla vita di Francesco prima che divenisse pontefice, prodotto dalla Anthos Produzioni (fondata nel 2003 dalla stessa Maite), in collaborazione con l’italiana Rai e l’argentina Telefé. Presenti tra gli altri Ferdinando CasiniMarisela Federici ed il dinamico direttore della gesuitica “Civiltà Cattolica”, Padre Antonio Spadaro

Del secondo, Antonio Bertani, non emerge, dal profilo professionale su Linkedin, alcuna specifica competenza nell’ambito culturale ovvero cinematografico, ma evidentemente sarà persona apprezzata (anche) dal Ministro. Senza dubbio, è commercialista qualificato, con decine di incarichi come amministratore e sindaco di variegate società. In verità, un contatto con il mondo del cinema c’è, perché Bertoni è anche Sindaco effettivo della Palomar spa, la società di Carlo Degli Esposti famosa soprattutto per la produzione di Montalbano.

 

Connessione indiretta: è anche nel collegio sindacale della Ifitalia del Gruppo Bnp Paribas, presieduta da Luigi Abete, che è anche il conducator di Cinecittà Studios (vedi supra). È forse opportuno ricordare che Bertani è anche: Presidente Emerito della Sezione di Roma e del Gruppo Regionale del Lazio della Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti), Socio e Consigliere del Nuovo Circolo degli Scacchi di Roma, Member President’s Advisory Council of the American University of Rome, Delegato della Accademia Italiana della Cucina, Socio onorario della Società Toscana di Caccia alla Volpe, Cavaliere dell’Ordine Internazionale di Sant Hubertus…

Sicuramente sia Bulgari sia Bertani frequentano il bel mondo salottiero della “Roma bene”, quello che tanto diverte Roberto D’Agostino di Dagospia.

L’impressione, forse superficiale e che va al di là delle circostanze considerate, è che comunque e sempre, il preziosissimo “capitale relazionale” prevalga sulle specifiche competenze professionali.

Attendiamo di conoscere, dal novello consiglio di amministrazione di Cinecittà Luce (o Luce Cinecittà?!), che strategie prevedono per quella che, un tempo, fu una delle maggiori “fabbriche di cultura” del nostro Paese.