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ilprincipenudo. L’Italia ‘del dono’, lanciato il progetto di ‘Osservatorio’ dall’Istituto Italiano della Donazione

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Soltanto il 18% degli italiani dona, a fronte dell’83% della Svizzera e del 60% dei francesi. Negli ultimi 10 anni persi 6 milioni di donatori.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Ieri mattina a Roma in Senato, presso la “Sala Zuccari”, si è celebrato “il giorno del Dono”, iniziativa per promuovere questa forma di condivisione, che risale certamente alla notte dei tempi ma è pratica purtroppo senza dubbio ancora rara nell’economia capitalista che domina il pianeta.

I promotori dell’iniziativa, ovvero l’Istituto Italiano della Donazione (Iid), hanno cercato un’immagine sintetica per “quantificare” il fenomeno, e ci sono riusciti: “il cuore dell’Italia che dona batte 50 volte al minuto”.

Hanno infatti stimato che in Italia si concretizzino 50 “donazioni” al minuto, ovvero 50 “scambi solidali” che uniscono le persone, e le mettono in relazione: che siano di tempo e aiuto (volontariato), biologiche (sangue o organi) oppure economiche (sia formali sia informali).

La ricorrenza del “4 ottobre” di ogni anno è dal 2015 un’occasione per l’Iid per chiamare a raccolta la società civile e le istituzioni pubbliche, per dare visibilità al tema del dono e della donazione in tutte le sue forme.

Scuole, Comuni, associazioni, imprese e cittadini insieme per costruire “la mappa dell’Italia che dona”, un Paese capace di reagire alle difficoltà mettendo al centro la bellezza del dono: è partito così in questi giorni il 3° “Giro dell’Italia che Dona”, rassegna nazionale che raccoglie circa 180 iniziative realizzate dal 21 settembre al 7 ottobre.

In occasione dell’iniziativa, è stato presentato il report in-progress “Noi doniamo – Pratiche di donazione in Italia”, insieme alla consueta “Indagine sulle raccolte fondi del non profit” curata da Iid, giunta alla sedicesima edizione. Il rapporto “Noi doniamo” reca nella titolazione, a chiare lettere, “edizione zero, in progress”, ad evidenziare che si tratta di una prima bozza di lavoro.

A presentare e discutere i dati sono stati il Presidente dell’Istituto, il Senatore Edoardo Patriarca (Partito Democratico), il Segretario Generale Cinzia Di Stasio, la sociologa Paola Tronu (curatrice del rapporto), Ana Benavides, Vice Presidente International Commitee on Fundraising Organizations (Icfo), Valeria Reda, Responsabile Monitoraggio Italiani Solidali della Doxa, Giuseppe Marano, Responsabile Settore Emovigilanza e Settore Hta (Health Technology Assessment) e Monitoraggio “Best Practices” del Centro Nazionale Sangue e la responsabile comunicazione del Centro Nazionale Trapianti Daniela Storani.

L’Istituto italiano della Donazione si pone a mo’ di ente indipendente di “certificazione”: le organizzazioni “non profit” che possono fregiarsi del “marchio” Iid vengono sottoposte ad una sorta di validazione tecnica, con verifica del bilancio economico e del bilancio sociale, dello statuto, e della descrizione chiara dei progetti ai quali vengono destinati i fondi. Il Forum del Terzo Settore è stato tra i soci fondatori dell’Iid. Tra le “onp” che sono associate all’Iid, ci sono Manitese ed il Cospe (settore “cooperazione internazionale, sostegno a distanza, adozione internazionale”), l’Auser (“lotta all’emarginazione sociale”, ovvero “nuove povertà, minori, anziani, disabili”), l’Ail – Associazione Italiana contro le Leucemie (settore “ricerca scientifica e assistenza socio-sanitaria”): una piccola parte di un “mondo” ormai dal perimetro assai esteso, ma certamente significativa e qualificata. L’Istituto italiano della Donazione è finanziato dagli associati, e soprattutto da Compagnia di San Paolo e da Fondazione Cariplo. L’Istituto svolge una commendevole funzione, a fronte di un budget oggettivamente modesto (il bilancio 2017 evidenzia costi per poco più di 300mila euro).

Purtroppo la sala non era esattamente affollata (e l’iniziativa non ha raccolto la rassegna stampa e mediale che merita), ma si è assistito ad una presentazione molto accurata, seria, elegante: “rara avis”, in un Paese in cui la convegnistica è spesso caratterizzata da fuffologia ad alta densità. L’iniziativa ci ha provocato l’impressione di un gruppo di persone appassionate e precise.

Presentiamo questi dati – ha affermato Edoardo Patriarca, con toni assai pacati e positivi (come se Matteo Salvini fosse distante anni-luce) – che ci consegnano una stima delle più diffuse pratiche di donazione in Italia. Rappresentano uno specchio parziale della cultura del dono, ma fotografano un’Italia tenuta insieme da milioni di persone che ancora credono nella solidarietà e nella generosità e la praticano. Un termometro del dono e delle relazioni che costruisce: ci racconta l’Italia che è in prima linea a celebrare il Giorno del Dono, e che deve continuare ad operare per allargare il suo perimetro e contagiare tutta la cittadinanza”.

Secondo il documento di ricerca (una sorta di bozza in itinere), l’Italia è ancora discretamente generosa. Il report di ricerca si è basato su diverse fonti dati: sia statistiche ufficiali (Istat…) sia fonti amministrative (Ministero della Salute, Ministero dell’Economia e delle Finanze…), ma anche di indagini “ad hoc” curate da istituti di ricerca (come Doxa e GfK…) e la già citata “Indagine sulle Raccolte Fondi” realizzata dall’Istituto Italiano della Donazione.

Il report di ricerca ha preso le mosse da tre fondamentali domande: quanto è vasto l’universo dei donatori? qual è il profilo del donatore tipo? quanti gesti di donazione vengono compiuti in Italia fuori dalle reti familiari e amicali?

Il periodo di riferimento è stato il biennio 2016-2017.

Quasi 10 milioni sono i donatori di denaro alle organizzazioni non profit (dati GfK).

Altri 6,3 milioni donano denaro seguendo vie informali (dati Doxa).

Altrettanto alti i numeri di coloro che donano il loro “tempo” ed “aiuto”: 10,7 milioni partecipano alla vita delle associazioni e organizzazioni non profit frequentandone le riunioni, 6,9 milioni svolgono attività gratuita.

In 3 milioni (di cui 2,5 milioni in via esclusiva), fanno “volontariato” in modo informale, fuori dalle organizzazioni.

I “donatori biologici” sono la terza componente del sistema del dono: 1,7 milioni donano il sangue, 3,2 milioni hanno dichiarato il loro consenso alla donazione di organi e tessuti post-mortem…

Questi numeri evidenziano il ruolo che il dono – nella forma delle donazioni concrete di tempo, denaro e biologiche – ha nel mantenimento e nel rafforzamento della struttura della solidarietà civica.

In verità, non è agevole stimare il numero complessivo delle persone che donano, perché la stessa persona può donare in più modi, e i dati di cui si dispone sono rilevati separatamente per ciascuna delle tre forme di donazione.

Per dare una misura dell’incisività del “sistema dono” in Italia, è possibile aggregare i gesti di donazione nelle tre diverse modalità: si arriva, così, a calcolare una stima dell’entità del dono in Italia in un intero anno in 26 milioni di atti di donazioni, scambi tra persone che donano e persone che ricevono la donazione.

Che si tratti di tempo dedicato o di denaro, in rapporto alla popolazione, vi è un gesto di donazione ogni due abitanti con una media di 50 gesti ogni minuto.

È comunque emersa la necessità di un sistema di studio e di monitoraggio più accurato ed approfondito: deprime osservare il ritardo del nostro Paese nell’analizzare un settore della società che merita essere valorizzato e promosso, perché stimola coesione civile ed integrazione sociale.

Senza dubbio, va dato merito all’Istituto Italiano della Donazione di aver gettato le basi per un “Osservatorio” di cui effettivamente si sente la necessità (a fronte di tanti “osservatori” spesso inutili, come abbiamo denunciato anche su queste colonne).

Un Osservatorio che possa fornire anche a Parlamento e Governo una strumentazione tecnica adeguata allo sviluppo di un sistema normativo che possa stimolare la propensione degli italiani verso il “dono”.

Il convegno ha evidenziato – grazie ad un contributo di Gfk (era previsto anche l’intervento di Paolo Anselmi, Vice Presidente Gfk, trattenuto a Milano per impegni accademici) – che esiste una “correlazione” tra percezione del proprio benessere e propensione al dono.

Sembrerebbe comunque che gli italiani siano sempre meno “felici”, se è vero che nel 2002 un 91 % degli intervistati (campione Gfk Tssp Sinottica) si dichiarava “molto” ovvero “abbastanza soddisfatto” della propria vita, e questa quota percentuale è scesa all’86 % nel 2016 (si tratta di dati comunque sorprendenti, anche soltanto considerando la alta quota di famiglie italiane che vivono sotto la soglia di povertà…).

Sempre secondo le stime Gfk, nell’arco degli ultimi 10 anni, sono stati “persi” quasi 6 milioni di donatori: l’attuale livello del 18 % della popolazione che dona è ben diverso dal 30 % che si registrava nel 2007, ed in valori assoluti si traduce in un calo di donatori di 5,8 milioni di donatori

In sintesi, scema il livello di “felicità” degli italiani ed ancor più scema la propensione al “dono”.

Durante tutto il convegno, la parola “Rai” non è mai stata citata, ma crediamo invece che il servizio pubblico radiotelevisivo dovrebbe avere un ruolo importante – centrale, addirittura – nella promozione di queste pratiche, con campagne di comunicazione e di sensibilizzazione. In questa prospettiva, ci auguriamo che il “nuovo corso” di viale Mazzini recuperi – tra l’altro – l’esperienza, killerata senza giustificazioni, del Segretariato Sociale, la struttura dedicata al rapporto tra Rai e società civile, che dovrebbe avere centralità assoluta, nell’economia di un “servizio pubblico” evoluto.

Il 16° rapporto dell’Iid sulle raccolte fondi nelle organizzazioni “non profit” è un’altra rilevazione stimolante, svolta su un campione (non rappresentativo staticamente, ma comunque interessante) di 121 “onp” – ovvero “organizzazioni non profit” che operano in diversi ambiti (dalla salute all’integrazione sociale).

Positivi i dati generali rispetto alle entrate totali, che confermano un trend di moderata ripresa delle donazioni che si è assestato dopo gli anni della crisi, ma sono in calo le raccolte fondi, soprattutto nel settore della cooperazione internazionale.

Il 42 % delle “onp” ha aumentato le proprie entrate totali nel 2017, mentre il 33 % non ha avvertito alcun cambiamento; il 35 % ha registrato invece una diminuzione.

Il calo più drastico riguarda le “non profit” che operano nella cooperazione internazionale.

Negli ultimi anni – ha commentato la giovane e brillante Cinzia Di Stasioavevano avuto prestazioni migliori o uguali al campione generale, mentre nel 2017 hanno registrato una performance di 5 punti percentuali inferiore”. Ad aver abbandonato maggiormente il sostegno alle “onp” che operano nella cooperazione internazionale sono soprattutto i privati cittadini: sono diminuite del 18 % le “onp” che migliorano la raccolta dagli individui e aumentate del 12 % quelle che le perdono. Il meccanismo “causa/effetto” è di facile comprensione: è verosimilmente “il frutto di un clima sociale e mediatico ostile alle organizzazioni che fanno cooperazione internazionale che nel corso del 2017 è stato parte del dibattito più generale sull’immigrazione nel nostro Paese”.

L’indagine Iid quantifica anche le fonti da cui proviene la raccolta fondi, confermando che sono i privati cittadini (43 %) la fonte più corposa seguita dalle imprese (11 %), gli enti di erogazione e fondazioni (9 %), la pubblica amministrazione (9 %), le fondazioni di origine bancaria (4 %), le fondazioni di impresa (2 %).

Interessante – tra i diversi interventi – lo sguardo comparativo internazionale proposto dalla elegante e simpatica Ana Benavides, Vice Presidente International Commitee on Fundraising Organizations (Icfo), che ha evidenziato alcune tendenze di massima, segnalando che purtroppo esiste un deficit di dati ed analisi anche a livello internazionale.

Secondo dati di fonti diverse (ed elaborati con metodologie differenti, quindi da trattare con prudenza), l’Italia detiene la maglia nera, a livello mondiale, come percentuale della popolazione che dona: soltanto un 18 % del totale dei cittadini italiani dona, a fronte dell’83 % della Svizzera, del 62 % dell’Austria, del 60 % della Svezia, del 60 % della Francia, del 54 % della Germania… I valori dell’Italia sono vicini a quelli della Spagna, e la stessa Benavides (spagnola) ha commentato che la natura “latina” dei due Paesi li accomuna in una sorta di anomalia. Il Canada è a quota 82 %, gli Stati Uniti d’America al 59 %, il Giappone al 35 %…

Emerge evidente la necessità di campagne di informazione, sensibilizzazione, promozione, per stimolare gli italiani verso questa civile e nobile attività sociale: un ruolo fondamentale potrebbe essere svolto – insieme alla Rai – dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso opportune campagne nazionali di sensibilizzazione…

  • Clicca qui, per leggere il rapporto di ricerca “Noi doniamo. Pratiche di donazione in Italia. Edizione zero, in progress”, promosso dall’Istituto italiano della Donazione (Iid), presentato il 3 ottobre 2018 a Roma.