Il quadro

ilprincipenudo. Le politiche per i giovani: le debolezze dell’approccio italiano

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Un seminario della Presidenza del Consiglio evidenzia la debolezza dell’approccio italiano alle politiche per i giovani: mancano un Ministero ‘ad hoc’, strategie organiche e risorse adeguate

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Il workshop “La dimensione giovanile nei trattati europei: sviluppi e prospettive”, organizzato ieri mattina a Roma nella Sala Monumentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri a Largo Chigi, ha rappresentato un’occasione per confermare quel che da molto tempo andiamo scrivendo su queste colonne: alcune delle direzioni impresse dal Governo Matteo Renzi alle politiche nazionali sono valide, ma quel che continua a mancare sono gli studi approfonditi ed accurati, le analisi di scenario così come le analisi di mercato. Ci si scontra con un “policy making” volenteroso, ma spesso con i piedi di argilla, deficitario di tecnicalità. Tante volte, abbiamo invocato su “Key4biz” quel che si definisce “evidence-based policy making”: questo governo basato sui dati e le analisi è invece ancora “rara avis” in Italia. Che poi Renzi sia abilissimo comunicatore (di quel che riesce a fare, poco o tanto che sia), e sappia utilizzare i “numeri” in termini spettacolari ed effervescenti… è questione altra.

Il seminario promosso dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha confermato il deficit cognitivo: quasi nessuno dei relatori – pur istituzionalmente tutti ben qualificati – ha fatto riferimento a dati quantitativi, a cifre di budget, a descrizioni di scenario che non fossero quelle inevitabilmente generiche (come purtroppo s’usa in tanta convegnistica italiana). In casi come questi, il rischio “fuffologico” è sempre in agguato. Un segnale sintomatico lo si è avuto osservando la totale assenza di documentazione consegnata ai partecipanti (una cinquantina di persone, sala vuota per un terzo), se non il programma dei lavori ed una paginetta sintetica descrittiva delle funzioni del Dipartimento.

Di grazia, era troppo attendersi almeno una descrizione delle attività degli ultimi anni, una qualche indicazione delle risorse disponibili, della loro utilizzazione, dei risultati perseguiti e di quelli ottenuti?!

Non si pretende sempre un “bilancio sociale”, ma almeno un minimo set informativo-documentativo, che consentisse di ben comprendere cosa diavolo combinano sia il Dipartimento della Presidenza del Consiglio sia l’Agenzia Nazionale per i Giovani (Ang). Entrambi questi soggetti non godono oggettivamente di una visibilità significativa: ciò dipende certamente anche dalla limitatezza delle risorse assegnate loro, ma forse anche dalla debolezza nel rappresentare il proprio operato, nei confronti dei media e della collettività. Ci domandiamo se sia mai stata realizzata una ricerca demoscopica in materia: su 100 giovani italiani, quanti sono a conoscenza dell’esistenza di una… “agenzia” a loro dedicata?!

Il workshop è stato aperto da una relazione introduttiva a cura del consigliere Calogero Mauceri, Capo del Dipartimento della Gioventù e del Servizio, che aveva fatto ben sperare, perché ha contestualizzato in modo preciso la tematica delle politiche europee per i giovani, ed ha preannunciato un dibattito aperto a tutti coloro presenti in sala. Il che non è purtroppo stato, anche se son stati accolti tre interventi, non previsti in programma ma frutto di invito esplicito di Mauceri appunto. La relazione di Mauceri ha aperto i lavori, che si son sviluppati con interventi tutti a braccio, e già questo evidenzia l’assenza di approccio documentato. Tra l’eccesso di slide “à la Renzi” ed un fumoso intervento in libertà ci sarebbe una saggia via di mezzo…

In verità, alcuni interventi sono stati discretamente banali ed altri soporiferi veramente, e ci si domanda perché, in queste occasioni, i relatori coinvolti non si sforzino di elaborare una presentazione, una traccia scritta, qualche appunto, come si richiederebbe in workshop che ha vocazioni tecniche e non celebrative. Anche se, nel caso in ispecie, il seminario rientra comunque nell’ambito delle “Celebrazioni del 60° Anniversario dei Trattati di Roma”, previste tra il 2016 e il 2017, e quindi il rischio latente… è divenuto concreto. Si ricorda che le celebrazioni del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma (1957-2017) sono state avviate dal convegno tenutosi l’11 aprile scorso alla Camera dei Deputati, sul tema “Da Roma a Lisbona e oltre. La costruzione di una nuova comunità politica”.

Due dei relatori annunciati hanno peraltro dato forfait, e non è stata nemmeno giustificata la loro assenza: si tratta di Domenico Arcuri (Amministratore Delegato di Invitalia spa) e di Silvia Costa (Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo). Il loro intervento sarebbe stato certamente utile per comprendere, concretamente, alcuni interventi in materia di politiche giovanili, sia a livello italiano sia europeo.

Giacomo D’Arrigo, Direttore dell’Agenzia Nazionale per i Giovani, ha sostenuto che personalmente non gli piace la definizione di “politiche giovanili”, che è limitata e limitativa, e vorrebbe che queste politiche facessero parte, in modo organico, dell’insieme delle politiche (economico-sociali) di sviluppo del Paese.

Il che evidentemente non è.

D’Arrigo si è soffermato sulle potenzialità del “servizio volontario europeo” (da cui l’acronimo “sve”), un programma di volontariato internazionale finanziato dalla Commissione Europea, che consente a tutti i giovani legalmente residenti in Europa, di età compresa tra i 17 e i 30 anni, di svolgere un’esperienza di volontariato internazionale presso un’organizzazione o un ente pubblico in Europa e nei Paesi dell’area euromediterranea e caucasica per un periodo che va dalle 2 settimane ai 12 mesi.

Simile al “Servizio Civile Internazionale”, prevede il rimborso delle spese di viaggio e la copertura completa dei costi di vitto e alloggio. Crediamo che queste iniziative meritino analisi più accurate, così come ci sembra manchi ancora una valutazione d’impatto – che sia critica e non autoreferenziale – del tanto decantato Erasmus e suoi derivati.

Si segnala che queste esperienze finiscono spesso per stimolare l’emigrazione anche intellettuale: ricordiamo che nel 2015 sono stati circa 100mila gli italiani che hanno lasciato il nostro Paese (e sono soprattutto giovani, appunto), e soltanto una minima parte di loro rientra, a distanza di anni, in Italia.

I dati che ha proposto nel luglio dell’anno scorso la Fondazione Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), in occasione della presentazione del “Rapporto Italiani nel Mondo 2015” sono inquietanti: negli ultimi 10 anni, i flussi migratori degli italiani verso l’estero sono cresciuti del 49 per cento. E non si tratta più un fenomeno prettamente meridionale: la maggior parte di chi se n’è andato proviene dall’Italia settentrionale.

Nessun conato di orgoglio nazionalistico, sia ben chiaro: ma siamo proprio sicuri che programmi come Erasmus facciano bene ai singoli Paesi d’Europa (alla loro socio-economia nazionale), o provochino piuttosto uno sradicamento socio-culturale funzionale soprattutto all’economia della globalizzazione?! Qualcuno si sta domandando quali possono essere le conseguenze nel lungo periodo?

L’Agenzia Nazionale per i Giovani è un organismo pubblico, nato nel 2006, dotato di autonomia organizzativa e finanziaria, vigilato dal Governo Italiano (ovvero dalla Presidenza del Consiglio) e dalla Commissione Europea: è stata creata dal Parlamento Italiano in attuazione della Decisione 1719/2006/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio, che ha istituito il programma comunitario “Gioventù in Azione” per il periodo 2007-2013.

Primo direttore ne è stato il Luca Bergamo, ai tempi di Giovanna Melandri, Ministro senza portafoglio in un Governo Prodi. Un cenno storico sulle “politiche per i giovani” (istituzionalmente intese) è opportuno: già nel governo Andreotti II (1972-1973), era stato istituito un “Dipartimento per i Problemi della Gioventù”, per poi nascere ufficialmente il 18 maggio 2006 con la formazione del Governo Prodi II, che istituisce il “Dipartimento per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive”, collocandolo al fianco dei ministeri per i giovani e lo sport presenti in quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea.

L’ufficio faceva capo al Ministro senza portafoglio Melandri, appunto.

Nel 2008, il Governo Berlusconi IV ne ha modificato nuovamente il nome in “Dipartimento della Gioventù”, affidandolo come supporto amministrativo al Ministro senza portafoglio Giorgia Meloni.

Il Governo Monti ha istituito l’attuale “Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale”, affidandolo alla responsabilità del Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi.

Il Governo Letta ha delegato al Ministro per le Pari Opportunità, lo Sport e le Politiche Giovanili Josefa Idem le competenze del Dipartimento. Dopo le dimissioni della Idem, nel giugno 2013 ha attribuito la delega riguardante le politiche giovanili al Ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge.

Sotto il Governo Renzi, il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile è una struttura incardinata nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, mentre la delega alle politiche giovani è stata assegnata al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti… Insomma, per farla breve: in sostanza, quali che siano le dinamiche erratiche degli uffici e delle deleghe, l’Italia renziana del 2016 non ha un Ministero per la Gioventù!

A partire dal 1° gennaio 2014, l’Agenzia Nazionale per i Giovani è l’ente attuatore in Italia del capitolo “Youth” del nuovo Programma Erasmus +, per il periodo 2014-2020. Quattro i settori previsti dalla programmazione 2014/2020: educazione, formazione, gioventù e sport. Nell’arco di un decennio, Ang ha intercettato oltre 80mila giovani, fornendo loro supporti nel percorso di crescita ed apprendimento, contribuendo a dinamiche di inclusione sociale, protagonismo giovanile e di cittadinanza attiva, come basi per la costruzione del sentimento europeo.

Ang si rivolge a tutti i giovani (13-30 anni), al di là del background sociale e culturale, dando loro la possibilità di realizzare progetti, ed arricchire il proprio bagaglio di esperienze e competenze, rafforzandone il percorso verso l’occupabilità e sviluppando autoimprenditorialità.

In assenza di un “bilancio sociale”, non è possibile comprendere a fondo l’attività finora realizzata, sebbene l’Agenzia si faccia vanto di essere in grado di impegnare tutti i fondi che l’Europa mette a disposizione, e questo, in Italia, rappresenta veramente un’eccezione alla regola, apprezzabile quanto raro caso di eccellenza.

Il bilancio dell’Agenzia è modesto: nell’ordine di 2 milioni di euro l’anno (di cui 1,3 milioni circa da contributo dello Stato e 700mila euro dall’Unione Europea), di cui i due terzi (il 67%) sono assorbiti dalle spese per il personale (i dipendenti sono una trentina, per lo più giovani), cui vanno aggiunti circa 200mila euro per consulenze, collaborazioni, compensi, restando quindi soltanto circa 300mila per acquisizione di servizi.

Insomma, c’è ben poco da spendere.

Tra le iniziative senza dubbio interessanti, va segnalata “Angtv – Viaggio, imparo, lavoro”, la web tv dell’Agenzia, realizzata in collaborazione con Mtv. Tra le iniziative degne di nota, anche la stipula – avvenuta una decina di giorni fa – di un protocollo d’intesa tra l’Agenzia per i Giovani e l’Agenzia del Demanio, per agevolare iniziative di riutilizzo di spazi pubblici da riconsegnare alla collettività e per sostenere la partecipazione e l’inclusione sociale delle nuove generazioni.

La tesi del superamento del territorio “protetto” delle politiche per i giovani è stata ben rilanciata da Serena Angioli, Assessore ai Fondi Europei ed alle Politiche Giovanili della Regione Campania, che ha richiesto allo Stato centrale di promuovere migliori politiche di orientamento e programmazione, lasciando poi alle Regioni di operare liberamente in quel contesto, ricordando come esistano differenze forti tra le varie amministrazioni regionali, rispetto alle sensibilità in materia.

Veronica Nicotra, Segretario Generale dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (Anci), si è soffermata sul bando di 500 milioni di euro per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, il cui schema ha visto la luce ad inizio aprile (con due mesi di ritardo rispetto alla prevista scadenza di fine gennaio), e che si annuncia in imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Per la precisione, ricordiamo che si tratta del “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie”, previsto dalla Legge di Stabilità 2016. La bozza del bando ha precisato che potranno partecipare soltanto le città metropolitane e i comuni capoluoghi di provincia, prevedendosi che gli interventi dovranno riguardare le aree urbane caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza di servizi e non dovranno consumare altro suolo.

Ogni progetto potrà ricevere un finanziamento massimo di 18 milioni di euro. L’iniziativa non deve avere funzioni di riqualificazione urbanistica – per così dire – “asettica”, ma dovrà essere basata su progetti che prevedano soprattutto interventi in ambito socio-culturale: le politiche a favore dei giovani dovranno essere un elemento caratterizzante. L’Anci è stata coinvolta dal Governo nella messa a punto del bando. Particolare importanza viene assegnata alla cultura, per l’adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati…

Da segnalare l’intervento appassionato di Maria Pisani, portavoce del Forum Nazionale dei Giovani, un network che rappresenta oltre 75 organizzazioni, con una base di circa 4 milioni di giovani italiani, che ha ricordato come l’Unione Europea dedichi alle politiche per i giovani le briciole del proprio bilancio, ovvero meno dell’1 per cento del budget (lo 0,80%, ha precisato, ed è stato uno dei pochi dati emersi dal seminario).

Il Sottosegretario Luigi Bobba ha elevato assai il livello politico e strategico del dibattito, con un intervento dagli alti toni civili. E piace osservare come sia stato pressoché l’unico ad aver citato dati e considerazioni estrapolati da alcune delle ricerche in materia, realizzate dall’Osservatorio dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica di Milano così come dal professor Ilvo Diamanti di Demos & Pi. In particolare, di quest’ultimo, il Sottosegretario ha richiamato l’intervento del 9 maggio sul quotidiano “la Repubblica”, significativamente intitolato “L’Europa si chiude, cresce la voglia di confini: solo i giovani dicono no”.

In sostanza, di fronte ad un’idea di Europa “casa comune” che sembra scricchiolare sotto il peso di nuove intolleranze ideologiche ed a causa di una deriva eccessivamente economicista, parrebbe che siano proprio i giovani a credere di più in un “noi” del Vecchio Continente. Per questa ragione, le politiche per i giovani dovrebbero essere dotate di slancio ideale e di risorse economiche adeguate alla sfida. Bobba ha anche ricordato – en passant – che la settimana prossima andrà finalmente in aula la tanto attesa riforma del servizio civile.

Sono intervenuti al workshop anche Gianluca Callipo (Sindaco di Pizzo Calabro nonché Coordinatore Nazionale Anci Giovani), Nicola Verola (Capo della Segreteria Tecnica del Sottosegretario di Stato Sandro Gozi, che ha la delega agli Affari Europei, ed è apparso per qualche minuto in modalità per un breve intervento), Fabrizio D’Ascenzo (Delegato del Rettore per i Rapporti con le Imprese ed il Mondo del Lavoro Università “La Sapienza” di Roma), Giovanni Bastianini (Presidente della Consulta del Servizio Civile Nazionale)…

Conclusivamente, un’occasione interessante per comprendere come in Italia le “politiche per i giovani” siano ancora piuttosto confuse oltre che deboli, non dotate delle risorse adeguate, e non sufficientemente correlate con le più generali politiche di sviluppo socio-economico del Paese. Da osservare infine la pressoché totale, quanto incredibile, assenza di riferimenti alla comunicazione, ai media, alla Rai, alla società digitale…

  • Clicca qui per leggere la relazione introduttiva di Calogero Mauceri, Capo del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al workshop “La dimensione giovanile nei trattati europei: sviluppi e prospettive”, Roma, 17 maggio 2016
  • Clicca qui per leggere gli appunti per le conclusioni di Luigi Bobba, Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al workshop “La dimensione giovanile nei trattati europei: sviluppi e prospettive”, Roma, 17 maggio 2016