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ilprincipenudo. Laura Boldrini sprona i social, ‘media company fa la differenza’

Angelo Zaccone Teodosi

Si è tenuta questa mattina presso la “Sala della Lupa” della Camera dei Deputati una iniziativa di consultazione organizzata con modalità discretamente curiose, tra il “pubblico” e il “privato”, tra il seminario aperto e la riunione a porte chiuse.

Sono stati infatti convocati a Montecitorio dalla Presidentessa della Camera Laura Boldrini 39 esponenti dei “mondi” della scuola, delle imprese, dei “social network” e dei media tradizionali (vedi in calce l’elenco dell’eletta schiera), tutti selezionati con criteri che non sono stati illustrati (ma evidentemente con una volontà di ipotetica “rappresentatività” dei rispettivi “mondi”). Ammessa ai lavori una ventina di altre persone, tra osservatori e giornalisti.

Ogni “tavolo di lavoro” è stato affidato al coordinamento di uno dei quattro esperti di fiducia della Presidente Boldrini: Walter Quattrociocchi, sociologo specializzato dell’Imt Alti Studi di Lucca  (“tavolo” dedicato a “scuola, università, ricerca”); David Puente, consulente già alla Casaleggio & Associati (tavolo “mondo digitale”); Michelangelo Coltelli, fondatore del blog “Butac – Bufale tanto al chilo” (tavolo “imprese”); Paolo Attivissimo, giornalista e noto “cacciatore di bufale” (tavolo “media”). Anche questi esperti selezionati dalla Boldrini – ci sembra di comprendere – “intuitu personae”, e non esattamente con un avviso pubblico.

Alla fine dei lavori, i quattro “rapporteur” debbono produrre una relazione che dovrà caratterizzarsi con “proposte concrete”, come da esplicita richiesta della Boldrini: un “documento sostanziale”.

La modalità coreografico-organizzativa dell’iniziativa ci ha ricordato sia l’ormai mitico stile della “Leopolda” renziana, sia la inutile consultazione “CambieRai”: anche su queste stesse colonne, abbiamo più volte manifestato perplessità su simili modalità che – alla fin fine – non brillano per pubblicità, trasparenza, e finanche efficacia del metodo di lavoro consultivo.

L’iniziativa odierna ha certamente confermato la sensibilità della Presidente Boldrini su queste tematiche (come abbiamo già segnalato anche su “Key4biz” del 9 e 14 febbraio scorso, in occasione del seminario promosso dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni: “Hate speech e Fake news, Laura Boldrini attacca i social: ‘Da che parte sta Facebook?’ (prima parte)”, e “(seconda parte)”). Come è noto, la Presidente è stata tante volte oggetto di indegni insulti su web (anche nei giorni scorsi è stata divulgata una “fake” sulla defunta sorella della Boldrini).

Laura Boldrini, con la sua abituale eleganza, ha introdotto i lavori sostenendo che “chi droga il discorso pubblico corrompe la democrazia”. E ci piace soffermarci proprio sull’uso del termine “droga” (come diceva anche Moretti, “le parole sono importanti”) perché evidenzia inevitabilmente il rischio di una deriva regressivo-repressiva della sensibilità. Come dire?! Circola… “droga” sul web, interveniamo su “mercanti” e “spacciatori”, per proteggere il povero sprovveduto navigatore internet (“tossicodipendente”?!)…

La questione delle “fake news” riapre e amplifica all’infinito una questione “filosofica” che è all’origine del concetto stesso di libertà: di opinione, di informazione, di stampa, di media…

Irrisolto è il dibattito se internet sia o meno un “medium” (piuttosto che una “piazza digitale”, un “locus conversazionale”), e se quindi deve essere sottoposto alle stesse regole che riguardano i tradizionali mezzi di comunicazione di massa (ed il controllo del “content” che essi veicolano).

I “libertari” sostengono che qualsiasi sistema di regolazione della rete da parte dello Stato corre il rischio di degenerare in censura, e sostengono che ipotizzare limitazioni di sorta su web sarebbe come pretendere il… divieto di uso delle parolacce in una conversazione al bar.

Di fronte a questi “apocalittici”, si schierano gli “integrati” (le due categorie coniate da Eco mantengono la loro validità a distanza di decenni, e possono essere declinate in differenti contesti) che ritengono invece indispensabile una qualche forma – più o meno intensa – di controllo, verifica, validazione, dei flussi informativi che alimentano il web. E qui si pone il problema della identificazione del soggetto preposto a quel che ormai si usa chiamare “fact checking”: che sia un “soggetto terzo” (“terzo” rispetto a chi?!), che sia una “autorità indipendente” rispetto a Governo e Parlamento e Società Civile (un’altra “authority” ancora?!), che sia un “organismo di autoregolazione” da parte degli stessi “social network” (con un magico “algoritmo” sensibile?!), che sia un “Ministero della Verità” (citazione orwelliana che tanto piace al Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli)…

Riteniamo che le dimensioni infinite dell’oceano del web, così come l’architettura genetica della rete, rendano strutturalmente impossibile la chance di un reale controllo pubblico, ma, al tempo stesso, crediamo che una qualche forma di sensibilità sociale-istituzionale debba emergere ed è opportuno stimolare alleanze in questa direzione.

In verità, un sistema semplice per ridurre i deliri e gli sproloqui e la spazzatura che caratterizzano una parte del “discorso in rete” potrebbe essere rappresentato dal divieto di pubblicare su web in condizioni di anonimato. Un esempio concreto: la libertà di opinione è sacrosanta, ma, se io scrivo con la vernice spray su un muro e sostengo che “xyz” è un farabutto, commetto un reato e posso essere perseguito, ovviamente se vengo colto in flagranza… I libertari sostengono che non è però necessario introdurre nuove norme repressive rispetto al web, perché il sistema penale italiano prevede già reati come la denigrazione, la diffamazione e la divulgazione di notizie “atte a turbare l’ordine pubblico”…

Il problema reale è la lentezza con cui la polizia giudiziaria e la magistratura hanno chance di intervenire, anche a causa della limitatezza delle risorse tecnologiche ed economiche di cui dispongono. A sua volta, il meccanismo di (pesudo) auto-controllo utilizzato dai “social network” si caratterizza per metodiche misteriose, e comunque – anch’esso – per lentezza e tardività, come confermano i drammatici casi di persone che sono addirittura arrivate a suicidarsi, anche a causa della perduranza su rete di immagini e testi lesivi della loro dignità umana.

Soprattutto sul web, il confine tra “verità” e “menzogna” diviene sempre più labile, così come quello tra “notizia” e “opinione”, e non può non essere qui citato il neologismo “post-verità” (si ricordi che l’Oxford English Dictionary ha deciso di eleggere “post-truth” come “parola dell’anno del 2016”).

Il dibattito su queste materie è veramente complesso, e non può essere certo qui esaurito.

L’intervento della Boldrini ha richiamato i “social network” ad un impegno di maggiore responsabilità (… sociale, appunto), rispetto al proprio ruolo: “media company fa la differenza”, è quasi uno slogan coniato dalla Presidentessa della Camera, per richiamare Google e Facebook and Co. ad una maggiore sensibilità e soprattutto responsabilità. Ha chiesto che gli “over-the-top” investano “maggiori risorse, sia umane sia tecnologiche”, per affrontare in modo finalmente serio le criticità in atto. Mentre Boldrini manifestava con convinzione questa tesi, abbiamo colto un segno di prevedibile dissenso nell’espressione del viso di Laura Bononcini, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Facebook Italia.

Si ricorda che un paio di settimane fa (per l’esattezza il 7 aprile 2017) Facebook ha lanciato anche in Italia un “decalogo/guida” (ovvero si legge nella “home-page” di Fb un avviso intitolato “suggerimenti per individuare le notizie false”), per mettere in guardia gli utenti rispetto alle “fake news”, redatto in collaborazione con la Fondazione Mondo Digitale.

Rivolta al mondo delle “imprese”, Boldrini ha auspicato che gli investitori pubblicitari non vadano ad acquistare spazi su siti che “vivono di disinformazione”.

Non dobbiamo lasciare sole le persone che credono che tutto ciò che leggono sul web sia vero, come già accaduto con la televisione nei decenni passati”, ha sostenuto (e qui è emerso il rischio di paternalismo – o “maternalismo” che sia! – istituzionale), e questa affermazione potrebbe – da sola – stimolare un convegno di ore ed ore…

Boldrini ha rivendicato il primato della sua sensibilità ed attività su queste tematiche, e di questo appassionato attivismo le va dato atto: appena eletta Presidente della Camera, ha verificato come fosse assurdo che il Parlamento italico non avesse una Commissione Parlamentare permanente sulla Società Digitale, ed ha quindi promosso una Commissione atipica (in quanto formata sia da parlamentari sia da esperti sia da rappresentanti della società civile), denominata “Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet”, affidata alla Presidenza di Stefano Rodotà, che ha prodotto una dichiarazione di alti principi qual è la “Carta dei diritti in internet”, approvata a fine luglio 2015.

Senza contestare l’importanza delle dichiarazioni di principio, alcuni osservatori hanno criticato la sostanziale inefficacia di simili iniziative, che corrono il rischio di non avere ricadute concrete nella quotidianità. Si pensi – tra l’altro – ad irrisolte questioni come il “cyberbullismo” (vedi “Key4biz” del 7 febbraio 2017: “Cyberbullismo: imporre il riconoscimento dell’età del bambino in Rete”).

Boldrini ha anche ricordato l’appello che, da cittadina, ha pubblicato sul web (attraverso un suo sito web personale), ovvero la campagna “#bastabufale”, e si è fatta vanto di aver stimolato l’adesione di oltre 20mila cittadini: una quantità certamente significativa, ma riteniamo non sconvolgente rispetto a tante altre iniziative “dal basso” che caratterizzano la società civile italiana, e che – ahinoi – spesso non determinano alcuna concreta conseguenza di modificazione degli assetti politico-normativi (basti pensare alle inascoltate proposte di legge di iniziativa popolare…).

La Presidente ha confermato l’intenzione di avviare una ambiziosa ed accurata “indagine conoscitiva” sulle “fake news” (ha aggiunto “la stanno già facendo a Londra”), più volte ha ribadito il concetto essenziale: “essere informati è un diritto, essere disinformati è un pericolo”, che è anche lo slogan, corredato dall’immagine-simbolo di Pinocchio, che campeggia sul sito web giustappunto della sua campagna “#bastabufale”.

Ha sostenuto che la questione è anzitutto “culturale”; “più il livello culturale non è adeguato, più la disinformazione trova terreno fertile”; la scuola e i media debbono stimolare la produzione di “anticorpi alla disinformazione”.

Per enfatizzare la drammaticità del problema, Boldrini ha citato una ricerca dell’Università di Stanford (ci viene da pensare che c’è “sempre” una ricerca di una qualche università statunitense da citare…), secondo la quale gli adolescenti fanno ormai fatica a distinguere, su web, tra una “notizia” ed una “pubblicità”.

Stupisce, nella composizione del “panel” dei 39 esperti, l’assenza di un rappresentante della Rai a livello di vertici apicali e relazioni istituzionali (seppure siano stati coinvolti due giornalisti di Viale Mazzini), che pure è, resta, dovrebbe essere, la maggiore agenzia di alfabetizzazione culturale (e digitale) del Paese. Piuttosto curioso, poi, che non sia stato coinvolto nessun rappresentante delle industrie culturali di produzione di contenuti originali di qualità, ovvero creativi ed artisti come gli autori cinematografici, televisivi, musicali, ecc., che pure un ruolo evidentemente hanno nella “produzione di senso” anche sul web (sarebbe bastato, forse, coinvolgere un esponente della Società Italiana Autori Editori – Siae).

I documenti dei quattro tavoli di lavoro verranno presentati, con enfasi istituzionale, martedì 2 maggio prossimo, in occasione della celebrazione, presso la Camera dei Deputati, della “Giornata Mondiale della Libertà di Stampa”.

Attendiamo con interesse di leggere i risultati di questo curioso “brain-storming” istituzionale: auguriamoci che non si risolva tutto – ancora una volta – in una bolla di sapone, ovvero nell’ennesima apprezzabile ma evanescente dichiarazione d’intenti.

Confidiamo anche nei risultati dell’annunciata indagine conoscitiva, che vogliamo sperare sarà approfondita, equilibrata e soprattutto arricchita da un adeguato ormai indispensabile accurato apparato comparativo internazionale. Il problema “fake news” non può infatti essere affrontato se non in una prospettiva anche globale, ovvero – meglio – “glocal”.

[ Ha collaborato Martina Paliani ]

Il discorso introduttivo di Laura Boldrini: video

Elenco dei partecipanti ai 4 “tavoli di lavoro” dell’incontro sulle “fake news”

presso la Camera dei Deputati, 21 aprile 2017

 

Tavolo “Scuola, università e ricerca” (moderatore: Walter Quattrociocchi)

 

Tavolo “Mondo digitale”  (moderatore: David Puente)

 

Tavolo “Imprese” (moderatore: Michelangelo Coltelli)

 

Tavolo “Media” (moderatore: Paolo Attivissimo)

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