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Ilprincipenudo. L’Agis sparge ottimismo sul settore spettacolo: ma resta il deficit di giovani e startupper

Angelo Zaccone Teodosi

L’Associazione Italiana Generale dello Spettacolo (da cui l’acronimo Agis) è senza dubbio la più affermata “lobby” dell’industria culturale e creativa italiana, in continua competizione con l’Associazione Nazionale delle Industrie Cinematografiche e Audiovisive e Multimediali Italiane (Anica), entrambe associate a Confindustria, e socie della debole struttura di secondo livello Confindustria Cultura (cui aderiscono anche tante altre anime del sistema culturale italiano – Aie, Anes, Afi, Fimi, Pmi, Fem, Univideo, Aesvi – ma che mai è finora riuscita ad esprimere una strategia unitaria e concreta).

Questa mattina, l’Agis ha celebrato a Roma, nella sua sede centrale di Via di Villa Patrizi (una bella palazzina in stile liberty), il proprio 70° compleanno. Fondata il 7 dicembre del 1945, l’Agis riunisce le organizzazioni imprenditoriali dell’esercizio cinematografico – con l’Associazione Nazionale Esercenti Cinema (Anec) storico socio fondatore – ed una articolata rappresentanza del settore dello spettacolo dal vivo per la musica, in ogni sua forma espressiva (lirica, concertistica, jazz, popolare contemporanea e “live”), così come il teatro, la danza, il circo e lo spettacolo viaggiante…

Decine e decine di realtà, e sigle associative (forse anche troppe). Recentemente, è entrata a far parte dell’Agis anche l’Associazione dei giovani produttori cinematografici indipendenti (Apgci), la cui “naturale” collocazione sembrerebbe dover essere presso l’Anica. Con l’ingresso dell’Apgci, l’Agis riafferma la propria vocazione ad una rappresentanza unitaria (e tendenzialmente unica) degli interessi datoriali delle industrie dello spettacolo in Italia.

L’appuntamento, affollato da oltre duecento persone (con un’età media alta, oltre i sessant’anni, e pressoché nessun giovane) e veramente con un “parterre de roi”, avrebbe potuto rappresentare l’occasione per una riflessione critica sulle prospettive future dello spettacolo italiano, ma in verità ha finito per prevalere un approccio storico, in alcuni momenti quasi nostalgico, e discretamente autocompiaciuto. E, d’altronde, si deve guardare alla storia della Prima Repubblica, per identificare i momenti alti di “policy making” in materia di spettacolo e di cultura in Italia.

Basti citare l’istituzione del Fus nel 1985, ed è stato giustamente ricordato che, se ricorrono i 70 anni dell’Agis, ricorrono anche i 30 anni di “compleanno” giustappunto del Fondo Unico dello Spettacolo, voluto da un governo a guida Bettino Craxi.

Si ricorderà che nel 1993 un improvvido referendum portò all’abrogazione dell’allora Ministero per lo Spettacolo ed il Turismo, e per anni lo “spettacolo” italiano è rimasto senza una “casa” istituzionale: fu un governo a guida Romano Prodi, nel 1998, ad istituire il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che – come ha ricordato questa mattina Walter Veltroni (che ne fu primo titolare) – non venne denominato “per la Cultura” semplicemente per evitare un’eccessiva rimembranza del controverso MinCulPop fascista.

La kermesse s’è aperta con la lettura di un messaggio (in verità non proprio entusiasmante, nella sua ritualità), del Capo dello Stato Sergio Mattarella, ed in programma erano previste le testimonianze di Walter Veltroni, Gianni Letta, Sergio Escobar, Walter Vergnano, Carlo Bernaschi.

Il programma prevedeva che il Vice Presidente Vicario dell’Agis Luigi Cuciniello introducesse gli interventi dei Presidenti Silvia Costa (Commissione Cultura Parlamento Europeo), Flavia Piccoli Nardelli (Commissione Cultura Camera), Andrea Marcucci (Commissione Cultura Senato), Piero Fassino (Anci) e del Direttore Generale Gaetano Blandini (Siae).

Il programma è stato rispettato, con la sola eccezione del Presidente della Commissione VII del Senato, Marcucci. A trarre le conclusioni, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini. A condurre le danze, è stato sempre il Presidente Carlo Fontana.

La relazione introduttiva è stata presentata dal Presidente dell’Agis, Carlo Fontana, che ha anzitutto ricordato come lo spettacolo abbia come funzione primaria favorire la partecipazione e la crescita civile della collettività”. Tesi poi ribadita con convinzione da Silvia Costa, Presidente della Commissione Cult del Parlamento Europeo, che ha rimarcato come non si debba interpretare la cultura – per affermarne l’importanza e la centralità – come “figlia di” altri settori sociali, in primis l’economia. La cultura è centrale “in sé”, e non soltanto perché produttrice anche – per esempio – di reddito economico.

Fontana ha puntato l’attenzione sul concetto di cultura che riunisce in sé sia i “beni culturali” che le “attività culturali”: “Negli ultimi tempi, si è andata affermando una scuola di pensiero che ha stabilito l’equazione di ‘cultura’ uguale a ‘beni culturali’, come se le attività dello spettacolo fossero figlie di un ‘Dio minore’. In questi due anni di Presidenza, mi sono sforzato in ogni circostanza di contrastare questa opinione, sempre ricordando che non è l’Agis ma l’Unesco ad aver riconosciuto lo spettacolo come bene culturale immateriale. Fortunatamente, sono cambiati gli interlocutori, e lo scenario in cui ci muoviamo sta mutando positivamente. Dobbiamo infatti ascrivere sicuramente al Ministro Franceschini il merito di aver rimesso la cultura tra le priorità dell’agenda politica. Maggiori risorse, maggior cura nei confronti del settore culturale sono un tratto distintivo di questo Governo. Serve però grande attenzione affinché le maggiori risorse vengano destinate ad azioni incisive e durature nel tempo, anche per contrastare la concorrenza spregiudicata delle nuove piattaforme”.

L’ex Vice Presidente del Consiglio e Ministro per la Cultura Walter Veltroni ha ricordato come l’Agis sia nata allorquando l’Italia riconquistava la libertà, ed avanguardistica è stata l’idea di riunire i diversi settori del sistema dello spettacolo, in una sorta di “comunità di destino”. Veltroni ha ricordato come, prima del nuovo dicastero, il “patrimonio culturale” fosse centrale (si ricordi che fu Giovanni Spadolini nel 1974 ad istituire l’allora Ministero dei Beni Culturali e Ambientali), mentre le attività culturali rappresentassero quasi una “terra sconsacrata”. Veltroni ha riconosciuto all’allora Presidente del Consiglio Prodi ed al Ministro Carlo Azeglio Ciampi una sensibilità forte verso la cultura, confermata dal sostegno budgetario, con il convincimento intimo che “quando c’è crisi, si deve investire, in controtendenza, per tutelare la irriproducibilità della nostra identità”. La cultura va promossa, non “protetta” soltanto: “non è un… panda”, ha sostenuto Veltroni.

 

Carlo Bernaschi (Presidente Anem, ovvero dei proprietari e gestori di multiplex) ha ricordato come, fin dall’assemblea fondativa, in Agis intervennero anche i capo-comici, dato che, nell’immediato Dopoguerra, il varietà era un genere di gran successo, spesso ospitato nelle sale cinematografiche.

È intervenuta, fuori programma, la senatrice del Pd Rosa Maria De Giorgi, che si è dichiarata “orgogliosa di condurre battaglie insieme all’Agis”, ed in questi ultimi tempi in particolare per l’eliminazione dell’Imu per cinema e teatri.

Sergio Escobar (Direttore del Piccolo di Milano) è stato il primo ad evocare il Fus, “incubo e sogno” da 30 anni per tutti coloro che operano nel settore dello spettacolo. Ha ricordato che il Fondo Unico dello Spettacolo, fortemente voluto dal socialista Lelio Lagorio (oggi novantenne), nacque dalla disponibilità di Bettino Craxi, così come di Giulio Andreotti, e fu un atto epocale nella storia delle politiche pubbliche italiane: per la prima volta, lo Stato mostrò “responsabilità” ed assegnò “dignità”. Si trattò di un atto politico alto. “La politica faccia un passo indietro?!”, si è domandato retoricamente Escobar, che così ha risposto: “no, deve piuttosto fare il suo dovere”. E purtroppo non l’ha fatto, nei trent’anni trascorsi, perché lo spirito originario della “legge madre” Fus – programmare strategicamente – è stato tradito dal non essere state approvate le cosiddette “leggi figlie” (per il cinema, il teatro, la musica…).

Gianni Letta ha sostenuto che “soltanto con la cultura viva e vivente si sviluppa il Paese”, ed ha fatto riferimento all’ultima edizione del rapporto Censis (ed alla capacità “magica” di De Rita di interpretare il Paese): l’Italia sta vivendo un “letargo collettivo”, dal quale si può uscire soltanto investendo in innovazione e creatività. Ha dato merito a Franceschini di aver rinunciato ad assumere la guida di altri dicasteri, apparentemente più “importanti” (nella cultura “politichese” italiana), ma in verità meno strategici del Mibact.

Letta ha ricordato che un ruolo importante lo svolse anche Luigi Mazzella (allora nella veste di Capo di Gabinetto del Ministro del Turismo e Spettacolo, dal 1983 al 1985), tra gli artefici dell’architettura del Fus. E Mazzella, dalla platea, ha ricordato come, quando è stato Giudice della Corte Costituzionale (dal 2005 al 2015, dal 2013 Vice Presidente Vicario), ha fatto il possibile affinché la gestione del Fus non passasse dallo Stato centrale alle Regioni.

Letta ha ricordato anche la figura dei vari direttori generali che si sono avvicendati alla guida delle politiche pubbliche dello spettacolo in Italia, ed in particolare il compianto Carmelo Rocca, che – nonostante le lontane polemiche sulla gestione del Fus – ha avuto tra l’altro il merito di aver allevato due persone di valore come l’ex Direttore Generale del Cinema Gaetano Blandini (attualmente Direttore Generale della Siae) e l’ex Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo Salvo Nastasi (attualmente Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio; sostituito al Mibact, da metà ottobre, da Onofrio Cutaia).

Luigi Cuciniello (Presidente Anec, ovvero degli esercenti cinematografici), il più giovane tra i relatori, ha evidenziato che, se all’esterno Agis può (e deve) apparire “unitaria”, all’interno le discussioni sono anche “violente” sebbene “allegre”: l’associazione è un luogo aperto di confronto. Si è mostrato preoccupato per il calo delle quote del cinema italiano in sala, e per la perdurante assenza di una politica di promozione internazionale delle nostre industrie audiovisive.

La Presidente della Commissione Cultura del Senato Flavia Nardelli Piccoli ha enfatizzato la grande sintonia esistente in questa fase tra le due commissioni competenti delle due camere: ciò agevola i processi normativi, anche se permane sempre la criticità dei “fondi”, anche rispetto alla proposta di Di Giorgi di eliminazione dell’Imu (un emendamento non ancora bocciato, ma “accantonato”).

Gaetano Blandini è intervenuto in rappresentanza della Siae, ma anche come “allievo” di Rocca, sostenendo ironicamente che l’allora Direttore Generale (Rocca) gli diceva scherzando: “tu sei bravo, ma Nastasi… insomma, tu sei un mediano, ma lui è un fuoriclasse”. Blandini ha affermato la centralità del diritto d’autore nella rivoluzione digitale, e si è fatto poi interprete di un testo redatto dal Presidente della Siae, Filippo Sugar, che ha ricordato che come la cultura sia la risposta giusta per combattere il terrorismo.

Silvia Costa (Presidente della Commissione Cult del Parlamento Europeo) ha sostenuto la necessità di “una pari dignità tra i vari generi dell’arte”, ed ha riconosciuto all’Agis di essere stata antesignana in questa prospettiva.

Costa ha evidenziato che si deve “evitare la funzione ancillare della cultura: la cultura non è figlia dell’economia, ma importante in sé, come antidoto all’omologazione ed alla banalizzazione dei media”. Ha rimarcato la differenza fondamentale tra “copyright” e “diritto d’autore”, ricordando come il secondo, e non il primo, tuteli adeguatamente i diritti anche morali degli autori. Ha ricostruito le linee-guida del suo operato in Commissione, ed ha sostenuto come si debbano sviluppare tecnologie digitali in grado di stimolare la domanda potenziale di cultura e di spettacolo: auspico “fablab creative che siano come i teatri off”, ovvero luoghi di ricerca e sperimentazione.

Piero Fassino, Sindaco di Torino, ha sostenuto la necessità di stimolare la massima convergenza tra pubblico e privato, attraverso opportuni “apparati normativi”: se Torino investe ogni anno in cultura ben 100 milioni di euro, va segnalato che ben 25 milioni vengono da privati, e processi come questo vanno sostenuti da leggi adeguate.

Ha concluso il Ministro Dario Franceschini, che – in verità – non ha annunciato nulla di particolarmente nuovo, anche perché, effettivamente, annunci – in materia di cultura – ne son stati prodotti, e non pochi, nelle ultime settimane: da lui stesso che ha annunciato come, per la prima volta dopo decenni, il budget del Mibact va a crescere e non subisce quindi tagli (+8% nel 2016), per arrivare al Presidente Matteo Renzi, che ha annunciato l’ormai famoso “1 miliardo uno” per la cultura (vedi “Key4biz” del 27 novembre 2015, “Contro il terrore un miliardo alla cultura”).

Franceschini ha riconosciuto che il Fus non è stato aumentato quest’anno perché nel 2015 ha ritenuto che fosse prioritario intervenire su settori “disastrati”, come quello delle biblioteche: ha ricordato che la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma ha un budget di 12 milioni di euro (di cui 10 milioni sono per il personale…), che è meno di un decimo del budget della omologa biblioteca nazionale di Parigi.

Il Ministro ha sostenuto che vorrebbe che il 2016 fosse “l’anno dell’industria culturale e creativa”, settori su cui intende concentrare la propria attività, dopo aver lavorato su musei e biblioteche e tax credit. Il Ministro ha anche sostenuto che “stiamo lavorando sul disegno di legge per lo spettacolo e il cinema (quindi c’è il concreto rischio che il ddl cinema Di Giorgi vada a finire su un binario morto, ndr). Subito dopo, lavoreremo sullo spettacolo dal vivo, perché questi settori hanno bisogno da tempo che sia ridisegnato il quadro oltre che vengano cambiate in parte le regole del Fus. Dopo critiche e suggerimenti stiamo lavorando anche sullo spettacolo dal vivo, per capire, discutendo anche con voi dell’Agis, quali correttivi si possono introdurre nei criteri di assegnazione del Fus, già a partire dal 2016”.

Franceschini ha sostenuto infine che la vera partita è rispetto al digitale: “l’idea di un accesso gratuito ai contenuti culturali è un grave errore concettuale dei giovani, ma gli Stati nazionali si debbono attrezzare al meglio rispetto agli Over-The-Top, superando una logica difensiva: se l’Europa riesce ad uscire dalle proprie piccole barriere nazionali, rappresenta il mercato culturale più importante del mondo, e può assumere un ruolo competitivo a livello planetario”.

L’unica notizia vera – di cui si sapeva, ma in riservate stanze – è che Salvo Nastasi è colui cui il Premier Renzi ha affidato la strutturazione e amministrazione del famoso “bonus” di 500 euro per i giovani, da destinare a consumi culturali. Non è compito da poco, e ci auguriamo che il Vice Segretario della Presidenza del Consiglio si avvalga di un team adeguato di consulenti di marketing.

Il Presidente dell’Agis Fontana ha segnalato che la sua associazione intende raccogliere la proposta della senatrice Di Giorgi, affinché il potenziale della “card” possa essere valorizzata al meglio, attraverso una particolare politica di sconti, che possa stimolare i giovani ad indirizzare i consumi verso il teatro, il cinema, la musica.

In conclusione, la kermesse dell’Agis (organizzata con cura dal decano dei dirigenti dell’Agis, Lorenzo Scarpellini, per decenni Segretario Generale) ha proposto una immagine serena ed “ottimistica” (come ha sostenuto lo stesso Presidente Fontana) del settore dello spettacolo italiano (le polemiche sulla gestione del Fus son rimaste fuori dalla porta) così come del rapporto tra la storica associazione ed i “decision maker” politici ed istituzionali (d’altronde, si tratta pur sempre di una lobby storica e consolidata, che spesso è stata in grado di vedere accolte le proprie istanze nelle stanze del potere).

Al di là dell’inevitabile rischio celebrativo (autoreferenzialità, compiacimento e narcisismo sono forse inevitabili, nelle… feste di compleanno), crediamo che un qualche segno di preoccupazione per la sostanziale stagnazione dei consumi di spettacolo, e, in alcuni casi, per il loro calo, sarebbe stato opportuno, così come la richiesta che sia la Rai la “macchina culturale” a svolgere il ruolo essenziale di grande promotrice – almeno a livello comunicazionale – delle arti e dello spettacolo. In quattro ore di confronto, nessuno ha mai evocato il servizio pubblico radiotelevisivo, e questa rimozione è veramente stupefacente. Senza una Rai attiva nel settore – almeno a livello comunicazionale e promozionale – la cultura italiana è destinata ad una devastante stagnazione, e sarà costretta a guardare al proprio passato con infinita nostalgia.

Va ricordato che, in anni passati, l’Agis si era mostrata più attiva e pugnace, e finanche “protestaria”: nel febbraio 2014, l’allora Presidente Alberto Francesconi si fece promotore di una indimenticata “Vertenza Spettacolo”, promossa interpretando le esigenze degli allora suoi 7mila associati e coinvolgendo anche la componente artistica del settore (gli artisti, oggi sostanzialmente assenti a via di Villa Patrizi), proponendo un “tavolo di concertazione” che riunisse i rappresentanti di governo, istituzioni, regioni, comuni, province, al fine di avviare l’elaborazione di una politica strategica di lungo respiro.

È trascorso oltre un decennio da allora, e il respiro è rimasto corto, a fronte di una continua riduzione di risorse che ha messo in ginocchio buona parte del settore.

Con Renzi-Franceschini, si apprezza un’importante inversione di tendenza, ma così grave è stata la politica degli ultimi anni – tra tagli assurdi e mala gestione delle poche risorse – che il “ripristino” rappresenta “un passo importante ma non sufficiente” (come ha riconosciuto onestamente lo stesso Franceschini). La “Vertenza Spettacolo” ha in verità oggi molte più ragioni d’essere di quante ne aveva oltre un decennio fa, anche alla luce della rivoluzione digitale e degli sconvolgimenti radicali delle industrie culturali e creative.

Lo spettacolo italiano ovvero l’Agis (che rappresenta buona parte) corre il rischio di non arrivare agli… 80 anni, se non si governano assieme le politiche culturali e le politiche mediali e le politiche digitali. Peraltro, va lamentato come in sala, questa mattina all’Agis, si osservasse una pressoché totale assenza di giovani: dove sono i giovani imprenditori delle industrie culturali e creative italiane?

Dove sono gli “startupper” del settore dello spettacolo italiano?!

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