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ilprincipenudo. Istat/Bes 2015: Italia distratta sul suo sistema culturale?

Angelo Zaccone Teodosi

Questa mattina è stata presentata nella sede centrale romana dell’Istat, la terza edizione del cosiddetto “rapporto Bes”, ovvero “Il benessere equo e sostenibile in Italia 2015”, facendo seguito alla prima edizione del marzo 2013 ed alla seconda del giugno 2014.

Su queste colonne, il “Bes”, indicatore multimediale del benessere individuale e sociale, è stato già oggetto di molta attenzione (vedi “Key4biz” del 22 aprile 2015, “Cultura e media, sempre in attesa di sviluppo equo e sostenibile”).

Il padrone di casa, il Presidente dell’Istat Giorgio Alleva, dopo una breve introduzione ha subito lasciato la parola al Ministro dei Beni e Attività Culturali e Turismo Dario Franceschini, che ha naturalmente ribadito la centralità della cultura nel sistema socio-economico italiano. Franceschini ha voluto spiegare meglio la battuta che fece in occasione della sua salita al Quirinale per la nomina a Ministro: “dissi che ero onorato di assumere il più importante ministero… economico del Paese, e ribadisco che ne ero e ne sono oggi ancora più convinto”. Franceschini ha rivendicato (notiamo che lo ripete in ogni pubblica sortita) che, per la prima volta, quest’anno il budget del Ministero (che tra il 2000 ed il 2013 ha visto dimezzato le proprie risorse) registra un incremento dell’8 per cento della dotazione, a partire dall’anno 2016 (è previsto un + 19 % per gli anni successivi), e già questo è un segnale oggettivo di inversione (o comunque correzione) di rotta, confermato alla grande dall’iniziativa culturale promossa direttamente da Matteo Renzi (1 miliardo di euro alla sicurezza + 1 miliardo di euro alla cultura, di cui pure abbiamo scritto su queste colonne: vedi “Key4biz” del 27 novembre, “Contro il terrore un miliardo alla cultura: ecco come sarà ripartito”), iniziativa che è stata ieri oggetto di una polemica tra il Premier e Bruno Vespa, che teme che il “bonus” di 500 euro destinato ai neo-18enni (una delle quattro misure previste da Renzi) possa essere destinato non alla cultura nel senso auspicato (libri, musica, teatro, cinema…), ma ai… “flipper” (testuale).

Il Presidente ha preannunciato al Ministro che dal 3° rapporto Bes emergono dati contrastanti rispetto alla cultura, ed è vero, anche se francamente il “focus” Istat sulla cultura non ci sembra adeguatamente accurato.

La presentazione della ricerca è stata affidata a Linda Laura Sabbadini (Direttore Dipartimento per le Statistiche Sociali e Ambientali dell’Istat), la quale ha proposto una sua interessante lettura dei dati, ma la sua presentazione – purtroppo – inspiegabilmente non è stata inserita nell’economia del volume, che, pur ricco di informazioni e graficamente accurato, sembra giustappunto monco di una lettura complessiva, organica e sistemica.

Complessivamente, il 2014 sembra essere un anno di transizione, secondo molti indicatori. Nonostante il Paese non si sia ancora affrancato dalla crisi, l’anno scorso ha registrato una lieve crescita dell’ottimismo verso il futuro: dal 24 % di persone di 14 anni e più che ritengono che la loro situazione migliorerà nei prossimi 5 anni nel 2013 al 27 % nel 2014.

L’Italia presenta un forte ritardo su istruzione e formazione, rispetto alla media dei Paesi europei, ma nell’ultimo anno l’incremento di diplomati e laureati, insieme con quello delle persone che hanno svolto formazione continua ed alla significativa riduzione del tasso di abbandono precoce degli studi, hanno ridotto un po’ il divario che ci separa dal resto dell’Europa. Piccolo segnale positivo è anche la quota di “neet” (acronimo di “Not engaged in Education, Employment or Training”), che, dopo anni di crescita, si mantiene stabile rispetto all’anno precedente (26 %). Tuttavia, sebbene il continuo miglioramento dal 2004, i tassi d’incremento sono sempre molto contenuti e più bassi di quelli europei. Inoltre, in controtendenza, il tasso di immatricolazione dei diplomati nel 2014/2015 è in diminuzione, dal 49,7 % al 49,2 %, e sarà necessario verificare che ciò non corrisponda all’inizio di un preoccupante progressivo allontanamento dall’università.

La partecipazione culturale, che aveva conosciuto un trend negativo durante tutto il periodo di crisi, è in lieve miglioramento nel 2014, soprattutto per la crescita di visitatori a musei, mostre e siti archeologici. Diminuisce, invece, la lettura dei quotidiani (sai che novità)…

L’Istat ricorda, con prudente diplomazia (vedi pag. 213), che i dati comparativi internazionali “autorizzano a considerare inadeguato l’impegno di spesa dello Stato italiano in questo settore, che nel 2013 è pari allo 0,3 % del Pil, collocandoci al penultimo posto tra i 28 Paesi dell’Unione Europea”, nonostante lo stranoto italico primato nella “World Heritage List” dell’Unesco.

Il rapporto Bes è disponibile sul sito dell’Istat, e quindi i lettori appassionati potranno studiarlo con la necessaria attenzione. Prevediamo che la ricaduta stampa e mediale dovrebbe essere, sui quotidiani di domani, veramente notevole, data l’impressionante massa di dispacci diramati dalle agenzie, che hanno cercato di cogliere qua e là elementi di interesse. E, senza dubbio, dati ve ne sono veramente tanti, al punto da provocare anche una qual certa confusione, nel tentativo di navigare nel mare di informazioni proposto, nei 12 “domini” (settori) ed attraverso ben 130 “indicatori” (cui si associano anche degli indicatori di sintesi, cosiddetti “indici compositi”)…

Quel che non ci convince, anche metodologicamente, è l’allocazione dei dati relativi alla “partecipazione culturale” nel capitolo dedicato a “Istruzione e formazione”, separandoli dal capitolo “Paesaggio e patrimonio culturale”. Infatti, nella più moderna visione “culturologica”, il patrimonio culturale, i beni culturali e le attività culturali, così come il paesaggio ed il turismo sono un “tutt’uno”, nel grande insieme della “cultura”, industrie culturali ed industrie creative. Questa lettura organica e sistemica è totalmente carente nel rapporto Bes, e siamo sicuri che anche il Ministro Franceschini l’abbia notato, anche perché nella edizione 2014 l’attenzione rispetto alla cultura ci è parsa più accurata.

Pochissima attenzione, anzi nulla, poi, alla fruizione mediale, e scarsa attenzione alla “società digitale”, ovvero alla utilizzazione di internet, nuove tecnologie, social network: eppure riteniamo che anche questi fenomeni debbano essere ricompresi in una visione moderna del “benessere” sociale così come individuale.

Franceschini ha sostenuto nel suo intervento che per troppi decenni l’Italia ha dedicato grande attenzione al “patrimonio culturale”, trascurando le “attività culturali”, ovvero “i talenti”: le due dimensioni (patrimonio/attività) debbono interagire al meglio tra loro, anche nelle politiche pubbliche, ed il Ministro ha ribadito oggi (notizia già nota, ma forse anche questa val la pena risegnalarla, data la sua innovatività) che, per la prima volta, nel Pon “Cultura” italiano, i fondi europei vengono destinati in parte significativa anche alle attività culturali, ben 114 milioni di euro su un totale di 490 milioni

Il parere dell’Istat in materia di tutela dei beni paesaggistici e culturali è molto critico: “perdurano forti disuguaglianze regionali nella tutela dei beni comuni, e in particolare del territorio; un altro effetto della crisi è la sopravvivenza dell’abusivismo edilizio, in proporzioni senza riscontro nelle altre economie avanzate”. Un dato per tutti, inquietante: nel 2014, ogni 100 costruzioni autorizzate, ne sono state realizzate 18 abusive in tutta Italia, e più di 40 nel Mezzogiorno.

Il Ministro Franceschini ha concluso il suo intervento, ribadendo la tesi della cultura come antidoto contro il terrorismo: “gli attacchi al patrimonio culturale passano certamente in secondo piano nei confronti della perdita di vita, ma hanno un messaggio brutto che va contrastato. Una volta i monumenti venivano distrutti come effetto collaterale, ora perché simbolo di una cultura diversa: per cui, è la cultura la risposta”.

Interessante l’intervento di Francesco Boccia, Presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, che ha manifestato il proprio convincimento sulla necessità di utilizzare indicatori multidimensionali come il “Bes”, per superare la visione monodimensionale (riduttiva ed economicistica) del “Pil”: “quella del 2016 sarà l’ultima Legge di Stabilità, per come siamo stati abituati a conoscerla, nel suk degli emendamenti, e rivendico di essere co-promotore, insieme a colleghi come Mancon, della concreta utilizzazione del Bes nei processi decisionali pubblici”. Ricordiamo che va segnalato che il Fondatore (nel 1992) e Presidente (fino al 2010) di Lunaria, Giulio Marcon, parlamentare di Sinistra e Libertà, nella primavera del 2015 ha presentato una proposta di legge (Atto Camera C 2897), “Disposizioni per l’utilizzazione degli indicatori di benessere nelle politiche pubbliche”, alla quale hanno aderito oltre 50 deputati (di differenti schieramenti), finalizzata a introdurre l’obbligo, per le Pubbliche Amministrazioni, di utilizzare gli strumenti più evoluti dell’analisi socio-economica (il modello di riferimento è giustappunto il “Bes” del’Istat), affinché si possa superare la visione monodimensionale quantitativo-economicista delle politiche pubbliche. L’iter del provvedimento è in corso, e si auspica possa arrivare in porto rapidamente.

In conclusione, senza dubbio va manifestato apprezzamento nei confronti dell’Istat per aver avviato questo filone di ricerca (anche se riteniamo un po’ eccessiva l’autovalutazione secondo la quale si tratterebbe di una “best practice” addirittura a livello mondiale), ma crediamo che la prossima edizione debba caratterizzarsi per un’attenzione più accurata ed organica rispetto alle tematiche culturali e mediali. Riteniamo che si debba trattare la materia culturale e mediale con grandissima attenzione, ed un approccio – appunto – multidimensionale… In argomento, ci piace qui segnalare una incredibile polemica che riguarda alcune rilevazioni Istat, in materia… culturale: il mensile “Vita”, qualificata testata dell’associazionismo no-profit italiano, ha scoperto che Istat classifica (nel suo rapporto “Noi, Italia”) le spese in giochi d’azzardo tra le attività… “culturali” (vedi l’articolo di Marco Dotti, “Rapporto Istat, ma l’azzardo è consumo culturale?”). A proposito giustappunto del… “flipper” di Vespa! Parafrasando Renzi, se “Vespa è caduto sul flipper”, l’Istat cade sul “gioco d’azzardo” inteso come attività culturale e sulla “cultura” schizofrenicamente divisa tra “patrimonio” ed “attività”…

Clicca qui, per acquisire la copia del “Rapporto Bes 2015: il benessere equo e sostenibile in Italia”, presentato dall’Istat il 2 dicembre 2015.

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