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ilprincipenudo. Festa della Musica 2017: bella iniziativa, ma il governo se la canta e se la suona

Angelo Zaccone Teodosi

Fauna delle grandi occasioni, questa mattina al Collegio Romano, sede centrale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in un’affollatissima “Sala Spadolini” (la cui acustica continua però a lasciar desiderare): è stata presentata in pompa magna, e con tanto di estemporanei innesti musicali (quasi a sancire ulteriormente che la “politica” è ormai definitivamente anche “spettacolo”, e… viceversa), l’edizione 2017 della Festa della Musica, kermesse di promozione culturale ereditata in Italia dalla storica esperienza francese (lanciata nel lontano 1982, su iniziativa dell’allora Ministro socialista Jack Lang). Attualmente sono oltre 60 le città, in tutta Europa, che organizzano edizioni della Festa della Musica.

Sul tavolo di presidenza, tutti i rappresentanti istituzionali, in primis il titolare del dicastero, Dario Franceschini, fatta salva l’eccezione del maestro Nicola Piovani, premio Oscar per la musica, a rappresentare l’anima creativa del settore. Moderatore (ed in verità regista) dell’incontro, l’iperattivo consigliere del Ministro Paolo Masini, cui il titolare del Mibact ha affidato alcuni settori di intervento mirato (oltre alla Festa della Musica appunto, anche le tematiche delle migrazioni – a partire dal progetto speciale “MigrArti” – e delle periferie).

Pur in assenza totale di minime valutazioni d’impatto sull’effettiva ricaduta dell’iniziativa – queste tecniche di rendicontazione in Italia sono purtroppo ancora rarissime – sono stati spesi… grossi numeri, a partire dagli oltre 30mila artisti coinvolti in oltre 9mila eventi, e dalle 528 città e borghi d’Italia in piazze, strade, musei, ma anche ospedali e carceri nelle quali verranno ospitate le manifestazioni di mercoledì 21 giugno 2017 (solstizio d’estate). L’incremento delle città coinvolte, rispetto all’edizione 2016, sarebbe – secondo i promotori – dell’85 per cento.

Si tratta di un grande ed ambizioso progetto che coinvolge molti enti locali, accademie, conservatori, scuole di musica, università, associazioni, cori, fanfare, orchestre, gruppi musicali e solisti… Questi alcuni dei “numeri” dell’edizione 2016: 18mila musicisti partecipanti; 6.092 generi musicali interpretati; 34.673 visite al sito web dedicato dal 10 al 22 giugno 2016; 282 città coinvolte; 58 cosiddetti “luoghi Mibact”; 48 istituti circondariali; 24 eventi italiani all’estero; 20 bande e fanfare…

L’edizione di quest’anno della “Festa” si intitola “La strada suona la Festa della Musica”, ed è coordinata dall’Associazione Italiana per la Promozione della Festa della Musica (Aipfm), presieduta dall’architetto Marco Staccioli, ovviamente insieme al Ministero ed alla Società Italiana Autori Editori (Siae). Si ricordi che la Siae può vantare oltre 80mila associati, e quasi 75mila sono iscritti giustappunto alla “Sezione Musica”. Il Direttore Generale Gaetano Blandini ha segnalato che l’anno scorso le tariffe Siae ridotte che si applicavano per la Festa della Musica erano di 158 euro (iva compresa) fino a 500 spettatori per evento, mentre quest’anno fino a 100 spettatori Siae richiederà soltanto 15 euro, da 101 a 500 spettatori la tariffa sarà di 99 euro, da 501 a 1.000 spettatori la tariffa Siae scenderà da 304 euro a 149 euro…

Media partner è Rai3, e principale sponsor, per il secondo anno, Carrefour Market.

Nel corso degli anni, varie “Feste della Musica” son state organizzate in Italia, ma nel 2016 il Ministro Franceschini ha voluto superare il policentrismo, e quindi la sempre latente dispersione di risorse, tipico del nostro Paese, ed ha cercato di razionalizzare, mettendo “a sistema” il ricco patrimonio di esperienze storiche: il coordinamento delle iniziative è stato quindi affidato all’Associazione Italiana per la Promozione della Festa della Musica (Aipfm).

Da segnalare che condizione essenziale è che le esibizioni siano prestate dagli artisti a titolo assolutamente gratuito: questa caratteristica è stata oggetto di polemiche, perché già in sé il “mestiere d’artista” vive in Italia uno status non proprio gratificante, e quindi alcuni hanno obiettato il rischio di paradossale “non senso” dell’iniziativa in termini di politica culturale: d’accordo, “carmina non dant panem”, come diceva Orazio… ma si vorrà evitare di dover dar ragione all’ex Ministro Giulio Tremonti, che peraltro continua in ogni sede a ribadire che mai lui ha sostenuto che “con la cultura non si mangia”…

Per tutti, si segnala che Francesco Redig De Campos (musicista del gruppo di Lillo&Greg, i Blues Willies, poi dei Buscaja e dei Rabbits al Ruggito del Coniglio con Max Pajella) pubblicò il 12 maggio 2016 una lettera aperta sul quotidiano “il Dubbio”, intitolata giustappunto “Caro Ministro, Lei non ci crederà ma la musica è un lavoro”.

In effetti, in Italia non è mai stato realizzato uno studio serio ed approfondito sull’occupazione nel settore culturale, e ciò la dice lunga sul “policy making” nazionale.

L’iniziativa della “Festa” è comunque sicuramente encomiabile, ma spiace osservare che un qualche cenno lievemente critico sullo scenario complessivo del sistema musicale nazionale sia pervenuto non dai rappresentanti istituzionali, bensì da due voci della “società civile” e dell’“industria culturale”, ovvero da Raffaella Milano, Direttrice dei Programmi Italia di Save the Children, e da Enzo Mazza, Presidente della Federazione Italiana Industrie Musicali (Fimi), che hanno segnalato due problemi, diversi ma entrambi gravi.

Nonostante iniziative promozionali di questo tipo, il deficit educativo italiano resta a livelli inquietanti, e la crisi dell’industria musicale nazionale continua ad aggravarsi.

Raffaella Milano ha ricordato che l’80 per cento dei giovani italiani dai 6 ai 17 anni non è mai stato ad un concerto (indipendentemente dal genere musicale) nell’ultimo anno. La deprimente quota percentuale è del 70% per il teatro, ed è a quota 49% per i libri: su queste tematiche, si rimanda all’ottimo 7° “Atlante dell’Infanzia a rischio 2016. Bambini e supereroi”, presentato nel novembre 2016, ed edito da Treccani.

Enzo Mazza ha delicatamente sollecitato il Ministro rispetto all’esigenza di estendere il “tax credit” (ormai tanto caro all’industria cinematografica ed audiovisiva) anche al settore musicale, ed ha ricordato alcune delle irrisolte problematiche riguardanti la “Card Cultura”, rispetto alla quale anche “Key4biz” ha dedicato particolare attenzione. Mazza ha poi anche segnalato che dal 17 al 24 giugno i migliori album della musica italiana verranno offerti a prezzi speciali, proprio per celebrare la “Festa”.

Quel che spiace, in pur commendevoli iniziative di questo tipo, è la frequente autoreferenzialità narcisistica e l’autocompiacimento della comunità che partecipa alla kermesse, ignorando completamente che esiste anche un… “altro mondo”, non meno reale, nel quale decine di migliaia di artisti ed operatori si sbattono per la sopravvivenza quotidiana: irregolari, atipici, anomali, precari, intermittenti, invisibili…

Esiste effettivamente tutto un mondo artistico-culturale (e non soltanto nel settore musicale) che non riesce a garantirsi nemmeno la sopravvivenza minima, anche a causa di un sistema formativo, in Italia, completamente sganciato dal rapporto tra domanda e offerta di mercato.

Conferma di ciò si è avuta recentemente anche dalla ricerca “Vita da artisti”, studio sui lavoratori dello spettacolo dal vivo realizzato dalla Fondazione Di Vittorio (Fdv) con il contributo e supporto del Sindacato dei Lavoratori della Conoscenza Slc-Cgil, presentato a Roma il 4 maggio scorso: gli artisti in Italia, per poter lavorare, devono essere disposti ad accettare “qualsiasi condizione” (!) di lavoro gli venga proposta, ha dichiarato il 95% degli intervistati (un campione di quasi 4mila, tra attori, cantanti, registi, musicisti, ballerini e scenografi…).

E basti ricordare le decine di migliaia di studenti che frequentano i conservatori musicali (circa 50mila studenti, di cui un 10% stranieri; i diplomati sono circa 6mila l’anno): un’inchiesta promossa qualche anno fa dal sempre accurato “Giornale della musica”, arrivò a stimare che nemmeno l’1% dei diplomati riesce a vivere grazie all’attività musicale. E tante altre “fabbriche di illusioni” vengono prodotte dall’effimera “industria dei talent show” televisivi, così come dalle migliaia di più o meno improvvisate scuole e finanche pseudo-“master”, che promettono… facili introduzioni nel rutilante mondo dello spettacolo. Esiste insomma una enorme “fabbrica di disoccupazione”, sulla quale il Governo non è mai intervenuto in modo serio ed organico, nemmeno in termini di assistenza e previdenza. E non tocchiamo nemmeno il tasto dell’inesistente sussidio di disoccupazione, per i lavoratori di questi settori.

Pur riconoscendo l’importanza promozionale di iniziative come la Festa della Musica, riteniamo che uno Stato sensibile allo sviluppo di un tessuto culturale sano e solido dovrebbe prestare grande attenzione alle criticità strutturali del sistema, sforzandosi di studiare e mettere in atto architetture istituzionali di intervento organico su più livelli, e non soltanto su quello degli stimoli all’impresa: formazione, ricerca, sperimentazione, mercato del lavoro, assistenza sociale…

Stupisce, ma ormai nemmeno tanto (per come è fatta l’Italia e per come è sempre più debole la capacità di analisi critica da parte dei media), che nessuno, in occasione della conferenza stampa odierna, abbia speso una parola una per spiegare (ovvero domandare) quanto questa kermesse costi alle finanze dello Stato.

Il Ministro Franceschini, durante il suo intervento, ha apprezzato la qualità del “rapporto annuale” prodotto dall’Associazione Italiana per la Festa della Musica, ma purtroppo non ne è stata distribuita copia ai giornalisti, né è disponibile su web (la sezione “Annual Report” risulta ad oggi completamente vuota, così come la sezione “Rassegna Stampa” è ferma al 2014). Emerge, ancora una volta, il solito diffuso italico deficit di “accountability”, ed una qual certa approssimazione procedurale. Insomma, non si dispone di effettivi elementi valutativi per comprendere la reale ricaduta socio-culturale della manifestazione: per esempio, qualcuno ha stimato quanti siano i cittadini che partecipano a tutti questi eventi?!

Siae, certamente, deve disporre di almeno questo dato: sarebbe utile conoscerlo, anche nella sua evoluzione diacronica. Ed abbiamo ragione di ritenere che, nonostante l’apprezzabile investimento energetico di decine di migliaia di volontari, qualche danaro pubblico venga impegnato, e sarebbe comunque opportuno sapere di quanto si tratta.

Abbastanza curioso, poi, che, anche a causa della lunghezza eccessiva della odierna presentazione al Collegio Romano (per quanto sia ricco il “cartellone”), la conferenza stampa non abbia previsto la chance di porre domande da parte dei giornalisti.

Il cartellone della “Festa 2017” è stato aperto fino a sabato 10 giugno: di fatto, chiunque, professionista o amatore, ha avuto chance di proporre di scendere in piazza e suonare e cantare, bastava volerlo e saperlo fare, organizzare quel che serve ed iscriversi sul sito web della Festa…

Sul sito del Ministero, l’elenco, in continuo aggiornamento, degli eventi (#FdM2017): www.festadellamusica.beniculturali.it

Scherzosamente, potremmo concludere sostenendo che “il concerto” si annuncia bello, ma il governo “se la canta e se la suona” un po’ troppo.

Clicca qui, per leggere la presentazione, curata da Paolo Masini, Consigliere del Ministro Dario Franceschini (Mibact), in occasione dell’edizione 2017 della “Festa della Musica 2017”, Roma, 12 giugno 2017

[Ha collaborato Martina Paliani]

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