Governo, Cultura e Media

ilprincipenudo. Digitale, Cultura, Media e Tlc: qual è la strategia del Governo?

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Il Governo Renzi, in materia di cultura e media, esita; qualche iniziativa da parte di Franceschini, ma dalla Rai alle tlc e al digitale emerge frammentazione. Non si avverte una 'politica culturale' del Governo, né una strategia su media e Tlc.

#ilprincipenudo è una rubrica settimanale promossa da Key4biz a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult.
Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Terzo appuntamento della rubrica settimanale #ilprincipenudo, ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz.

Va dato atto al Ministro Dario Franceschini che la sua volontà di provocare uno scossone alla struttura elefantiaca e borbonica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, ovvero all’intervento della mano pubblica in materia di cultura, si sta trasformando in atti concreti.

Non rivoluzionari, ma innovativi: dalla legge cosiddetta “Art Bonus” che ammoderna le agevolazioni tributarie a favore della cultura (dopo decenni di attesa, nel tentativo di allinearci alle migliori pratiche europee) alla riforma dell’organizzazione del dicastero (che conta ben 19mila dipendenti).

Franceschini può anche farsi vanto di un iter legislativo che ha premiato dinamiche dialogiche (con accoglimento di emendamenti bi-partisan), se è vero che il decreto legge 31 maggio 2014 n. 83, nel voto alla Camera a inizio luglio, ha registrato 285 sì e 159 astenuti, e nessun voto contrario: almeno sulla cultura, l’Esecutivo non deve ricorrere alla fiducia!

Prendiamo allora spunto dall’annunciata riforma del Ministero, per avviare un ragionamento critico su quel che definiamo “deficit strategico” del Governo: in materia di cultura e media e turismo, non ci sembra emerga una capacità di coordinamento tra i vari segmenti dell’intervento pubblico.

La mano destra non sa cosa combina la sinistra e si agisce sulla base di logiche da compartimenti stagni.

Prendiamo il più attivo della squadra (su queste materie), ovvero Franceschini, appunto.

Se è vero che ha confermato in modo concreto quel che il suo predecessore Massimo Bray aveva avviato, ovvero l’estensione alla produzione audiovisiva non “theatrical” delle agevolazioni che il “tax credit” accorda al cinema, è altrettanto vero che, nella riforma del dicastero, non ha avuto il coraggio di superare le paratie esistenti tra la Direzione Generale per il Cinema e la Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo, e, soprattutto, non ha creato quella nuova Direzione Generale per il Cinema e l’Audiovisivo, che pure era stata prospettata nei corridoi del Collegio Romano.

Di cosa ha avuto timore?!

Come è noto, in Italia l’audiovisivo non cinematografico (dalla fiction alla documentaristica all’entertainment) è una sorta di “no man’s land“, non essendovi una competenza istituzionale specifica.

Conseguenze?

Numerose: per esempio, il Mibact non interviene nella gestazione del “contratto di servizio” tra StatoRai, eppure si ha ragione di pensare che il Ministero dovrebbe dire la sua rispetto agli indirizzi almeno di quella che resta, nel bene e nel male, la maggiore “industria culturale” italiana… E quindi nessuno si pone, a Palazzo Chigi, per esempio, il problema del senso, o del non senso, dell’intervento della Rai nel settore “theatrical”, attraverso il braccio operativo della controllata Rai Cinema

E, ancora, che ruolo (non) ha avuto il Ministero della Cultura nella gestazione dell’Agenda Digitale italiana?

E, ancora, perché le competenze dell’Agenzia per l’Italia Digitale sono state assegnate alla MinistraMarianna Madia, e non al Sottosegretario Antonello Giacomelli?!

Approfondiamo: con inspiegabile ritardo (non coerente con la “tempistica” renziana), il 15 luglio 2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro per lo Sviluppo Economico (decreto che pure reca la data del 30 maggio 2014: 45 giorni 45… per passare dalla decisione alla formalizzazione finale?!) che assegna “la delega di attribuzioni” al Sottosegretario Giacomelli.

I commi 1 e 2 del provvedimento recano: “Al Sottosegretario di Stato, on. Antonello Giacomelli, è delegata la trattazione e l’attuazione degli affari nell’ambito delle materie relative ai settori delle poste, delle telecomunicazioni, della comunicazione elettronica, delle reti multimediali, dell’informatica, della telematica, della radiodiffusione sonora e televisiva e delle tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni (…) Sono altresì delegate le funzioni connesse all’attività della società Infrastrutture e telecomunicazioni per l’Italia S.p.A. (Infratel Italia) e della Fondazione Ugo Bordoni, nonché l’attuazione di iniziative e attività finalizzate al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana“.

Una semplice domanda: in uno scenario di sempre maggiore convergenza multipiattaforma, non sarebbe opportuno ed intelligente che materie come la “comunicazione elettronica” e le “reti multimediali” (definizioni un po’ burocratiche per riferirsi ad… internet), nonché la radiofonia e la televisione venissero “governate” assieme, data la sempre più intima connessione tra “media” e “cultura”, tra “reti” e “contenuti”?

E che dire di quel che il Governo Renzi (non) ha saputo, almeno sino ad ora, combinare rispetto alla Rai?!

Il prelievo discutibile di 150 milioni deciso dal Governo è stata semplicemente una aggressiva dimostrazione di forza.

Non c’è disegno, ci pare.

Ovvero, forse, il “disegno” c’è, ma è celato nelle stanze di lavoro del “gruppo di saggi” (…) che starebbe lavorando alla riforma…con grande trasparenza e totale coinvolgimento di tutti gli stakeholder…

E che dire dell’affaire scorporo Telecom Italia?

E che dire, ancora, del pasticciaccio RaiWay?

Su quest’ultima, il Sottosegretario ha sostenuto che si tratterebbe del “primo passaggio verso una strategia generale per le infrastrutture di telecomunicazione“.

Bene. Ma quale sarebbe la… “strategia generale” del Governo in materia di telecomunicazioni?!

Non ci è chiara. Non ne intercettiamo traccia.

Serve la capacità di disegnare scenari innovativi ed organici, che considerino cultura e media, software ed hardware, come settori intimamente interagenti tra loro, da governare assieme attraverso almeno una cabina di regia unica.

Questo è il deficit più marcato, a nostro avviso, della “policy” renziana sul settore: partizione di competenze, frammentazione di interventi, dispersione di risorse.

Su tutto una carenza di decisioni successive agli annunci.

Insomma, manca la volontà di collegare i tasselli del puzzle: televisione, media, tlc, cultura, spettacolo, reti e contenuti…

La strategia complessiva e globale non c’è. O, almeno, se c’è, è ancora nelle segrete stanze di Palazzo Chigi.

Attendiamo il disvelamento degli “interna corporis” e degli “arcana impèrii“.

Nel mentre, ci domandiamo se questo è un vero “new deal” del far politica in Italia…

Aspetteremo per saperne di più.