Fondi alla cultura

ilprincipenudo. Dal Cipe un miliardo alla cultura, ma qual è la ratio degli interventi?

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

II Ministro Franceschini esulta per lo stanziamento di un miliardo alla Cultura, ma resta nebuloso il criterio di allocazione finanziaria sui 33 interventi stabiliti.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Per quanto si possa criticare l’allocazione delle risorse o la definizione delle strategie, è un dato di fatto incontestabile che il Governo a guida Matteo Renzi stia dimostrando una continua attenzione rispetto alla cultura ed alla ricerca, e che questa attenzione non sia retorica ma fattuale: infatti, sta allargando i cordoni della borsa, che per molti, troppi anni erano stati ristretti in nome di una mal interpretata “spending review”, e riprova se ne è avuta in occasione della riunione (domenicale, e pure simbolicamente convocata per il 1° maggio, a dimostrazione di una vocazione… “à la” Stachanov?!) del Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), che ha deciso di destinare 3,5 miliardi di euro alla cultura ed alla ricerca.

Riportiamo quel che Renzi ha postato sul suo profilo Facebook giustappunto il 1° maggio (alle ore 04.27…): “Ho poi convocato il Cipe, che ha sbloccato 2,5 miliardi di euro per la ricerca universitaria, 1 miliardo per i beni culturali, e alcune opere infrastrutturali fondamentali dalla Campogalliano-Sassuolo fino all’acquedotto molisano centrale e alle infrastrutture tra Brescia e Verona, oltre a Frejus e Brennero. Ho chiesto ai dirigenti pubblici di sacrificare questo giorno festivo per approvare progetti concreti e così dare un segnale di speranza a chi un lavoro non ha. Il fatto che il Cipe si sia svolto oggi è un segnale di grande importanza simbolico: continuiamo a lavorare perché l’Italia sia finalmente sbloccata. Del resto, un anno fa il primo maggio era la data di partenza dell’Expo: doveva essere un disastro, è stato un successo. L’Italia è più forte di chi dice solo no”.

Accantoniamo le critiche sull’“annuncite” (e sul narcisismo autoreferenziale) in versione digital-web che caratterizza lo stile comunicazionale renziano, fatto proprio anche da altri componenti dell’esecutivo, nel caso in ispecie, da Dario Franceschini che si sta facendo vanto in questi giorni di aver promosso “la più grande operazione di investimento nella cultura” nella storia della Repubblica.

Cerchiamo di analizzare in modo accurato in che cosa consistono i provvedimenti adottati, che lunedì 2 maggio sono stati oggetto di parallele conferenze stampa da parte dei due ministri direttamente competenti, Stefania Giannini (Miur) e Dario Franceschini (Mibact). Concentriamoci qui sull’1 miliardo alla cultura. La conferenza stampa al Collegio Romano è stata affollata, la rassegna stampa notevole, il Ministro era affiancato dalla neo Sottosegretaria Dorina Bianchi (delegata al Turismo) alla propria destra, e dalla Segretaria Generale del dicastero, Antonia Pasqua Recchia, alla propria sinistra.

Come andremo ad illustrare, emergono perplessità sulle modalità di allocazione delle risorse e sulla definizione delle strategie, perché sembra mancare una logica sistemica ed organica, così come permane un deficit di trasparenza ed “accountability”.

Però, non è oggettivamente contestabile la novella dimensione dell’intervento della “mano pubblica”, e forse l’affermazione di Franceschini corrisponde a verità, almeno per quanto riguarda il budget: “nessun governo italiano ha mai fatto così tanto per la cultura”.

Va precisato che i miliardi di euro in questione derivano anzitutto da fondi europei.

Per quanto riguarda specificamente la cultura, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) ha approvato il “Piano Strategico Turismo e Cultura” proposto dal Ministro dei Beni e Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, che stanzia 1 miliardo di euro del “Fondo Sviluppo e Coesione” 2014-2020 per realizzare 33 interventi (in 13 Regioni) di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e di potenziamento del turismo culturale.

Più esattamente, si tratta di ben 645 milioni per opere di tutela e valorizzazione, 185 milioni per progetti territoriali a forte valenza turistica, per un totale di 830 milioni assegnati, e di 170 milioni di euro ancora indeterminati ovvero per lavori ancora da individuare. Complessivamente, quasi una… manna!

I finanziamenti sono destinati in prevalenza alla conclusione di programmi avviati negli anni scorsi e rimasti in sospeso per carenza di fondi.

Da notare che si tratta 1 miliardo 1 di euro tutto destinato a “beni” culturali: non 1 euro 1 alle “attività” culturali, in questo caso, ovvero a settori come lo spettacolo dal vivo (teatro, musica, danza, circhi…), che restano piuttosto “affamati”, sebbene vada riconosciuto merito a Franceschini di voler stabilizzare ed incrementare la dotazione del Fus – Fondo Unico per lo Spettacolo.

Non staremo qui ad elencare tutti gli interventi (si rimanda naturalmente alle… slide), ma ci domandiamo anzitutto come la dirigenza apicale del Ministero abbia potuto decidere di allocare proprio… “X” milioncini di euro, piuttosto che… “X+1” (ovvero “X-1” o “X-10”) a quell’intervento, piuttosto che ad un altro: perché – per capirci – 70 milioni di euro per la rigenerazione del carcere di Ventotene, e non 75 milioni piuttosto che 65 milioni?!

Dadi, numerologia o cabala?!

Queste dinamiche ci ricordano un po’ le avventure del Signor Bonaventura, il fumetto creato da Sergio Tofano, pubblicato per decenni sul “Corriere dei Piccoli”, strampalato eroe di gaie avventure che lo vedevano quasi sempre squattrinato all’inizio e milionario alla fine…

Insomma, tutti gli interventi sono a… cifra tonda, in decine o unità di milioni di euro! Curiosa… misteriosa algebra della politica culturale italiana. E, di ognuno dei 33 progetti, non è certo stata fornita una scheda minima di approfondimento (tempistica dei lavori, stato di avanzamento, dettagli ed obiettivi di medio-lungo periodo dell’intervento…).

Proponiamo a seguito una inedita “classificazione” per livelli di intervento, secondo classi di budget:

70 milioni : 2 interventi

(Ventotene, restauro e rigenerazione dell’ex Carcere di Santo Stefano; Emilia Romagna, progetto interprovinciale per il recupero del patrimonio danneggiato dal sisma)

60 milioni : 1 intervento

(Firenze, completamento del Nuovo Auditorium)

50 milioni : 1 intervento

(Trieste, restauro del Porto Vecchio)

40 milioni : 5 interventi

(Roma, recupero dell’ex Caserma Militare Cerimant a Tor Sapienza; Caserta, restauro della Reggia e Parco Monumentale; Firenze, completamento dei Nuovi Uffizi e valorizzazione del Corridoio Vasariano; Pompei, restauro dell’area archeologica e continuazione del Grande Progetto Pompei; Milano, recupero delle tre caserme Mascheroni Magenta Caracciolo ed ampliamento Accademia delle Belle Arti di Brera)

30 milioni : 2 interventi

(L’Aquila, interventi di recupero del patrimonio danneggiato dal sisma; Napoli, completamento del Museo di Capodimonte)

25 milioni : 3 interventi

(Pozzuoli, restauro del Parco Archeologico Campi Flegrei; Ferrara, completamento del Museo dell’Ebraismo e della Shoah; Alessandria, recupero della Cittadella)

20 milioni : 6 interventi

(progetto interregionale, recupero e valorizzazione della Francigena; progetto interregionale, recupero dei Cammini di San Francesco; Capaccio, restauro del Museo di Paestum; Isole Tremiti, recupero e valorizzazione del patrimonio culturale; Napoli, restauro del Museo Archeologico Nazionale; Roma, valorizzazione via Appia Antica Regina Viarum)

15 milioni : 4 interventi

(Roma, adeguamento impiantistico della Galleria Nazionale Arte Moderna; Torino, restauro delle Cavallerizze, Giardini Reali e Bastioni; La Maddalena, recupero dell’ex Arsenale; Genova, recupero urbanistico del “waterfront”)

12 milioni : 1 intervento

(Mantova, restauro del Palazzo Ducale)

10 milioni : 1 intervento

(Ercolano, restauro conservativo delle superfici delle Domus)

9 milioni : 1 intervento

(Roma, restauro di Palazzo Barberini)

8 milioni : 2 interventi

(Venezia, restauro del Museo Orientale; Bologna, restauro e valorizzazione delle chiese più importanti dentro le Mura)

6 milioni : 1 intervento

(Genova, restauro del Palazzo Reale e del Museo)

5 milioni : 2 interventi

(Bari, sviluppo della Cittadella della Cultura; Perugia, ampliamento della Galleria Nazionale dell’Umbria)

2 milioni : 1 intervento

(Bologna, restauro del Portico Santuario di San Luca)…

 

Il totale di questi 33 interventi porta a 830 milioni di euro (si ricordano infatti i 170 milioni ancora “in mente dei”).

Si ridomanda: perché – esemplificativamente – 70 milioni di euro per il carcere di Ventotene, e soltanto 40 milioni per il recupero del patrimonio culturale della disastrata L’Aquila?!

Uno dei maggiori osservatori critici della politica culturale italica, lo storico dell’arte e polemista culturologo Tomaso Montanari ha sintetizzato con una metafora la sua lettura del “governo dei numeri tondi che non si smentisce” nel post intitolato “Cultura: avere un miliardo e morire di sete”, sul suo blog “Articolo 9” sul quotidiano “la Repubblica”. Scrive l’attivista, co-promotore insieme a Salvatore Settis di una giornata di protesta nazionale anti-renziana-franceschiniana, sabato 7 maggio, denominata “#Emergenza Cultura”: “Di fatto è il finanziamento di 33 interventi straordinari e una tantum per il patrimonio. Alcuni sacrosanti, anche se insufficienti (i 30 milioni per il centro storico dell’Aquila, per esempio), moltissimi per i supermusei avviati alla trasformazione in supermarket direttamente controllato dal Pd, altri per progetti francamente superflui, visto il disastro generale del patrimonio (…). Ma non un euro per il bilancio ordinario”.

I maligni hanno poi notato come ben 100 milioni di euro vengano destinati alla “renziana” Toscana (la Regione maggiormente beneficiaria) ovvero a Firenze, per l’Auditorium e per gli Uffizi. Altri insinuano una particolare sensibilità verso Ferrara, città natia del Ministro Franceschini, che si vede premiata con il finanziamento di 25 milioni per il “Museo della Shoah”.

E si ricordi la polemica in essere tra questa iniziativa ed il vecchio progetto veltroniano di “Museo della Shoah” ovvero “Memoriale per le Vittime delle Persecuzioni” che da quasi vent’anni è in gestazione a Roma (dovrebbe essere costruito a Villa Torlonia), e che sopravvive a 3 sindaci ed un commissario straordinario, in attesa di un appalto contestato (che pende di fronte al Consiglio di Stato)… Senza dimenticare poi il progetto di “Memoriale della Shoah” sviluppato a Milano, da allocare presso il Binario 21 della Stazione Centrale. A proposito di… duplicazioni, anzi – in questo caso – triplicazioni.

Polemiche a parte, la questione di fondo è, ancora una volta: esiste una logica sistemico-strategica in questi interventi di “policy making”, basata su accurati studi preventivi ed adeguate valutazioni di impatto?!

È stata sviluppata una riflessione critica sulle potenzialità di offerta e di domanda di alcuni beni culturali… rigenerandi?!

Il Mibact ha deciso di allocare i propri interventi sulla base di una adeguata ed approfondita mappatura dei fabbisogni socio-culturali territoriali?

Per esempio, qualcuno ha studiato in termini di marketing cosa andrà ad essere “offerto” culturalmente nella romana ex Caserma “Cerimant” nella periferica Tor Sapienza, che assorbirà ben 40 milioni di euro di risorse pubbliche?! Si tratta senza dubbio di una zona ad alto tasso di potenziale conflittualità sociale, ma si sa cosa andrà ad essere proposto concretamente, al di là dell’annunciato generico… “centro per destinazioni culturali e creative”?!

Franceschini ha citato l’esempio del parigino “104”, ex obitorio situato nel XIX “arrondissement”, divenuto nel 2008 un centro polifunzionale che ha cercato di porsi come nuovo Centre Pompidou: il modello di riferimento è chiaro, ma i dubbi permangono, in assenza dei necessari studi predittivi.

Per esempio, perché non allocare – allora – 10 milioni di euro (o perché non 20? o 30? o 40?) per la rigenerazione culturale del cosiddetto “Serpentone” alias Corviale, ovvero dell’ex Mattatoio della Capitale ovvero dei Magazzini Generali di Roma, tre aree sulle quali peraltro in passato son stati sviluppati articolati progetti di rigenerazione socio-urbanistico-culturale?!

In particolare, su Corviale è stato sviluppato anche un ambizioso progetto di rigenerazione urbanistica (Corviale Domani”, per un “distretto tecnologico d’arte cultura sport”), che doveva essere basata giustappunto sulla cultura, iniziativa sostenuta dapprima dalla Regione Lazio (sinistrorsa Giunta Marrazzo), e poi, al solito cambio di giunta (così va l’Italia), andata a finire su un binario morto (addirittura un assessore della subentrata destrorsa Giunta Polverini aveva proposto di abbattere completamente Corviale, e ciò basti)…

Come dire – in termini di politica culturale lungimirante – qualcuno si è forse posto nel corso degli anni, a Roma, un assennato quesito sul senso di due strutture che agiscono sullo stesso target (i fruitori di arte contemporanea), come il capitolino Macro ed il nazionale Maxxi?! E questo è uno degli infiniti esempi che potrebbero essere proposti, nel “libro nero” della cultura italiana.

Non si corre il rischio, in taluni casi, di riprodurre dinamiche da “cattedrale nel deserto” ovvero di mettere in atto “duplicazioni” di interventi, senza che si siano minimamente studiate le dinamiche di domanda ed offerta culturale, ovvero il senso strategico dell’intervento?!

Come abbiamo scritto più volte anche su queste colonne (vedi per esempio “Key4biz” del 18 marzo 2016, “Il riformismo renziano e il deficit di dati che tocca anche la riforma Rai”), la “direzione” indicata da Renzi e Franceschini è corretta e condivisibile (ovvero della centralità socio-economica degli investimenti in cultura ovvero nel digitale), quel che continua a mancare è una strategia che sia sistemica, organica, lungimirante, e – soprattutto – basata su analisi di scenario e di mercato (quel tante volte evocato, e quasi mai attuato in Italia, “evidence-based policy making”).

Il governo nasometrico del Paese è sempre a rischio di fallimentarietà, al di là delle belle (condivisibili) intenzioni e dell’ostinato ottimismo (della volontà): il deficit di “tecnocrazia” del (non) “sistema Italia” permane veramente inquietante, nelle politiche culturali così come in quelle turistiche, e – ancora – del digitale.

Clicca qui per le slide della presentazione de “Un miliardo per la cultura”, Roma, Mibact, 2 maggio 2016

Clicca qui per il servizio dedicato da “la Repubblica” alla conferenza stampa del Ministro Dario Franceschini (Mibact) “Un miliardo per la cultura”, Roma, 2 maggio 2016