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ilprincipenudo. Cyberbullismo: imporre il riconoscimento dell’età del bambino in Rete

Questa mattina un affollato convegno promosso a Roma, presso la Camera dei Deputati, da Telefono Azzurro, intitolato “Insieme per un web più sicuro (Be The Change: United For A Better Internet)”, ha evidenziato il ritardo estremo con cui l’Italia sta affrontando un problema delicato e profondo qual è il “cyberbullismo” e, più in generale, la tutela dei minori sul web. L’iniziativa è stata organizzata nell’economia della giornata di sensibilizzazione voluta dall’Unione Europea, ovvero il “Safer Internet Day”, giunto nel 2017 alla sua quattordicesima edizione, progetto curato in Italia dal consorzio Generazioni Connesse.

In poche parole: non ci siamo proprio!

In effetti – come è stato richiamato più volte durante le quattro ore di densi interventi – il web è nato senza regole, ed è un ambiente ontologicamente anarchico. La rete è geneticamente refrattaria alle regole.

A questa verità oggettiva, va però contrapposta un’altra – più importante – verità: l’esigenza di un controllo pubblico di questo habitat, perché, in assenza, si viene a determinare un caos ed un’anomia che non riguardano più soltanto la dimensione “virtuale” ma la dimensione “reale” anche, data la ormai continua e ineludibile interazione-sovrapposizione tra dimensione fisica e dimensione immateriale dell’agire individuale e quindi dei sistemi sociali.

La frequentazione di consessi specializzati, lo studio della letteratura scientifica, la lettura della pubblicistica su queste tematiche evidenzia una distanza crescente tra i fenomeni in atto e la capacità normativo-regolatoria degli stessi da parte degli Stati. La globalizzazione determina peraltro un’accelerazione (alcuni la definiscono “velocizzazione”) di questo distanziamento tra istituzioni e società.

Il conflitto tra chi governa i Paesi e chi ormai “governa il mondo” (le multinazionali delle merci materiali/immateriali), è sempre più evidente, e le chance di contenimento di questa deriva, inevitabilmente antidemocratica, appaiono veramente molto limitate.

Nei consessi convegnistici italiani, si riproduce la consueta “liturgia” di associazioni della società civile che propugnano lodevoli iniziative, di parlamentari che se ne fanno difensori, di istituzioni che si barcamenano, ma… lo sconforto diviene veramente grande, osservando la realtà fattuale, e soprattutto cadono le braccia, quando si ascolta l’ottimismo e il buonismo oltranzisti dei rappresentanti delle multinazionali che controllano i “social network” ovvero gli “over-the- top”.

Si ha infatti riprova della lentezza estrema nella regolazione pubblica di questi fenomeni, osservando il ritardo incredibile con cui non riesce ancora a vedere la luce la proposta di legge per la lotta al bullismo ed al “cyberbullismo” avviata ormai due anni fa dalla pugnace senatrice piddina Elena Ferrara. La Ferrara – si ricordi – è sicuramente stata ulteriormente stimolata, nel suo attivismo civile e politico, anche per essere stata maestra di musica di una ragazza, Carolina Picchio, che si è suicidata a seguito di forme di bullismo in rete, studentessa nella scuola media di Oleggio (Novara) in cui insegnava.

Pochi giorni fa, l’Aula del Senato ha approvato in terza lettura il disegno di legge Ddl 1261-Bper la tutela dei minori a prevenzione ed il contrasto al cyberbullismo”. La proposta di legge va verso la costituzione di un “Tavolo interministeriale” presso la Presidenza del Consiglio, con il coinvolgimento di tutti gli enti e i soggetti interessati, coordinati dal titolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur), per mettere in campo strategie condivise di prevenzione. In effetti, come è emerso anche dal convegno odierno, si ha conferma di policentrismo di interventi e di dispersione di risorse, in assenza di una cabina di regia (ciò vale anche – ci si consenta – per le tante iniziative del “Safer Internet Day”). Per esempio, Filomena Albano, ovvero l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, si è francamente interrogata sul deficit di senso – per alcuni aspetti – della “authority” che presiede, considerando che essa non ha alcun potere di intervento in materia di media (competenza Agcom) e privacy (Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali).

Qualsiasi tentativo di introdurre anche nell’ambiente del web un minimo set di sanzioni per comportamenti che nella vita “reale” sono ritenuti gravi, e finanche oggetto di attenzione del codice penale, viene spesso bollato come autoritario e censorio. Si tratta di una distorsione ideologica che deve essere destrutturata dialetticamente.

Questi i principali risultati dell’indagine realizzata da Doxa Kids per Telefono Azzurro: cresce l’utilizzo del web da parte dei giovanissimi, che trovano in internet una fonte inesauribile di informazioni, sulla sessualità, ma soprattutto sulla salute, cercando sintomi e malattie, fino alle “autodiagnosi”. La rete è un luogo di socializzazione e di espressione e di condivisione, in cui sono frequenti fenomeni come “cyberbullismo”, “hatespeech”, adescamento, “sexting”, pornografia ed uso improprio del denaro. Un flash sulla contemporanea realtà sociale davvero preoccupante alla luce della costante crescita di utenti “under 13”, le cui giornate sono caratterizzate da una frequente presenza fra le pagine e le chat dei principali social network: il 73 % usa abitualmente Whatsapp, il 44 % Facebook, seguito da Instagram al 35 %, Snapchat al 13 % e Twitter all’11 %. Un senso di discreta paura (e quindi – si spera – di prudenza) aleggia comunque sul web, se è vero che ben il 48 % dei giovani ha paura di incontrare su internet persone che non sono realmente chi dicono di essere; il 41 % teme di essere contattato da estranei che chiedono numero di telefono e indirizzo o in generale informazioni personali; il 41 % teme di ricevere richieste sessuali da adulti; il 36 % di essere molestati nelle “app” di gioco. Il web, in generale, non viene percepito come un posto sicuro, ma terreno fertile di “hatespeech” e contenuti offensivi, soprattutto che riguardavano l’orientamento sessuale (23 %). Fra bambini ed adolescenti, prevale però una sottovalutazione dei rischi a lungo termine: infatti, soltanto un 12 % pensa che il “sexting” non abbia conseguenze negative. In pochi, poi, conoscono l’impatto fortemente nocivo della pornografia sui più giovani, dal punto di vista neurale, cognitivo, sociale ed affettivo. Secondo il 17 %, i coetanei fanno “molto” uso di pornografia, ed il 10% ammette di aver visitato con continuità siti pornografici, compresi i 12enni.

Impressionante anche il dato relativo ad un nuovo fenomeno: il “vamping”, ovvero la consultazione delle chat e la verifica di eventuale ricezione di messaggi durante le ore di sonno. Un 18 % dichiara di svegliarsi nella notte per controllare i messaggi, e questa percentuale sale al 29 % nella classe d’età dei 12enni!

Un 35 % di tutti gli intervistati dichiara di essere stato vittima di bullismo.

I risultati dell’indagine completa – condotta su un campione di 609 figli tra i 12 e 18 anni e 613 genitori – verranno inseriti fra i contenuti dell’e-book “Il Nostro Post(o) nella rete”, curato da Telefono Azzurro, scaricabile in una prima versione da oggi 6 febbraio sul sito azzurro.it: si tratta di una sorta di agevole “guida operativa”, realizzata per far conoscere e orientare gli utenti, nella gestione di alcune problematiche connesse all’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei più giovani. Si rivolge, in particolare, ad adulti “di riferimento” ovvero genitori, insegnanti, operatori del sociale e della salute mentale, a professionisti dell’infanzia e, in generale, a tutti coloro che sono coinvolti nelle tematiche in questione o semplicemente interagiscono con il mondo giovanile. Un manuale gratuito strutturato in due parti: una sezione dedicata all’approfondimento – con riferimenti teorici e operativi – di argomenti come il “cyber bullismo” e “hatespeech”, “adescamento online”, “sexting” e espressione della sessualità nella rete, la fruizione della pornografia, uso del denaro, giochi. Infine una sezione con i riferimenti dei servizi a cui è possibile rivolgersi a livello regionale, qualora ci si trovi a dover gestire una situazione problematica.

Dei vari esponenti del governo retto da Paolo Gentiloni intervenuti oggi al convegno di Telefono Azzurro (ben due Ministri e due Sottosegretari), ci è piaciuto l’intervento della Ministra della Salute Beatrice Lorenzin, la quale, rivolgendosi esplicitamente alla rappresentante di Facebook Italia, ha dichiarato a chiare lettere che “non è vero che i contenuti vengono rimossi tempestivamente ed efficacemente” dalle piattaforme, ed ha sostenuto che è necessario introdurre “regole che diano ai cittadini dignità di persone, e non li riducano continuamente a merci”. Lorenzin, pur senza trascurare la tematica drammatica dei disastri che possono venire dalla “autogestione” sul web dei problemi della salute, è andata ben oltre, sostenendo la necessità di una visione critica di come stia cambiando “la formazione della nostra coscienza online, venendo meno gli storici processi di gerarchizzazione e validazione delle informazioni”, essendosi indebolita la prassi dello “studio dei classici” per la costruzione di chiavi di lettura della realtà. La Ministra ha proposto di “estendere ad internet le stesse regole di informazione e di civiltà che regolano altri campi della vita”, e “regole più stringenti” sulla rimozione dei contenuti offensivi. Occorre “lavorare per rendere consapevoli i bambini su come usare la rete, sin dall’asilo nido… quando si cerca qualcosa sul web, esce fuori di tutto, ma le notizie scientifiche sono spesso relegate nelle ultime pagine…”. Ci è parso di percepire tra le righe dell’appassionato intervento della Ministra la preoccupazione di una madre (anche se Lorenzin non ha fatto alcun cenno ai suoi giovani figli). Lorenzin ha segnalato un dato che quasi mai emerge nei convegni in materia di internet: “l’80 % del traffico su web è determinato da contenuti pornografici”, e questi contenuti sono accessibili liberamente, senza nessuna regolazione o censura, anche a minori, con una facilità estrema, “quasi al secondo click” – per così dire – come ha confermato una ricerca Doxa per Telefono Azzurro.

A fronte della tesi dura di Lorenzin, abbiamo seguito l’intervento di Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali: “L’idea di fissare una soglia di età per proteggere i minori nel mondo digitale rischia di essere una soluzione convenzionale, soprattutto per la facilità di eludere simili criteri di accesso. In ogni caso, questo criterio selettivo non potrebbe mai valere per la generalità dei siti internet. I metodi di accertamento documentale dell’età implicherebbero una raccolta dati massiva, in un contesto in cui questa dovrebbe essere limitata, una soluzione che implicherebbe una schedatura di massa, peraltro effettuata da soggetti privati che aumenterebbero il loro potere con una sorta di anagrafe mondiale”. Tuttavia è il caso di considerare che questa “schedatura di massa” è comunque già in atto, al di là di ogni previsione di legge.

Senza dubbio stimolante anche l’intervento dell’europarlamentare piddina Silvia Costa (fino a qualche settimana fa Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo), la quale, in sostanziale sintonia con le tesi della Ministra Lorenzin, ha sostenuto l’esigenza di “regole” anche per gli “over-the-top”, estendendo quel che prevede la direttiva “Audiovisual Media Service” (da cui l’acronimo “Avms”), la cui revisione è in stato avanzato, anche all’ambiente internet. Le regole debbono riguardare non soltanto i servizi “video on demand” (“vod”), bensì anche le “sharing platform”: secondo Costa, si debbono applicare anche al web le stesse regole a favore dei minori previste per la televisione e gli altri media. La parlamentare ha ricordato come gli “over the top” ragionino in una logica di “governance mondiale”, ed utilizzino “le falle del sistema” giocando sulle differenze tra le varie legislazioni nazionali, al fine di massimizzare i propri profitti, bypassando l’esigenza di tutela dei diritti individuali. Per le multinazionali, non esistono “cittadini” o “persone”, bensì “consumatori” e “merci” soltanto. Il principio della “autoregolazione”, finora prevalente, deve essere superato da una lungimirante “co-regolazione”.

Interessante anche quel che ha sostenuto Roberto Sgalla, Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato: quando si trovano a dover affrontare le denunce, i poliziotti assistono spesso a scene surreali, con genitori che si mettono a piangere e, soprattutto, che dichiarano di non sapere nulla delle attività improprie su web dei figli. Una ricerca Censis per la Polizia delle Comunicazioni evidenzierebbe poi che l’81% dei genitori tende comunque a minimizzare i comportamenti dei propri figli su web ed i rischi che corrono, attivamente e passivamente, sulla rete.

Ernesto Caffo, neuropsichiatra e soprattutto Presidente di S.o.s. Il Telefono Azzurro onlus, intervenendo a margine del convegno, ha sostenuto: “Oggi formuliamo una proposta: quella del riconoscimento dell’età del bambino in rete, perché attualmente i bambini vengono spesso confusi con gli adulti, ricevendo immagini e opportunità di acquisto che sono del tutto inadeguate. Di fronte alla situazione in cui ci troviamo, con appunto nessun meccanismo di riconoscimento dell’età dell’utente, dobbiamo trovare una risposta. I genitori spesso non si rendono conto dei numerosi rischi che ci sono in rete, ritenendo che i loro bambini possono essere lasciati per ore davanti al computer. I bambini entrano precocemente nel mondo delle nuove tecnologie e di internet, ed il numero di minori “under 13”, attivi sui social, è in aumento, nonostante siano al di sotto dell’età minima per l’iscrizione. Occorrono, dunque, risposte immediate e congiunte a tutela dei bambini e degli adolescenti in Rete, incrementando, in particolare, dei sistemi di verifica e di controllo dell’età anagrafica”, ha concluso Caffo.

La Vice Presidente di Telefono Azzurro, Sandra Cioffi (ex Parlamentare nella XV Legislatura, eletta nel 2008 nelle fila dell’Ulivo), ha sostenuto la necessità di una “legge quadro su minori e media, che risolverebbe molti problemi”. Cioffi ha poi chiesto che “nelle leggi di bilancio siano previste risorse finanziarie, tecniche e di personale dedicate ai minori e alla loro tutela”. Crediamo che priorità di risorse dovrebbe essere assegnata giustappunto alla Polizia delle Comunicazioni.

Si ricorda che Telefono Azzurro è una onlus nata nel 1987 con lo scopo di difendere i diritti dell’infanzia: l’associazione è stata fondata a Bologna dal Professor Ernesto Caffo, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.

Unica sul… “banco degli accusati”, Laura Bononcini, Direttrice Public Policy di Facebook Italia: si è dichiarata disponibile alla massima collaborazione con istituzioni e soggetti della società civile, ha rivendicato la qualità del “Safety Advisory Board” di Facebook, ed ha segnalato un dato interessante (inedito, a quanto ci risulta), ovvero che “dei 6.000 nuovi assunti da Facebook mondiale nell’ultimo anno, una parte significativa è stata allocata proprio nei servizi di “controllo” dei flussi comunicazionali” del “social network”, al fine di reprimere fenomeni a rischio. Bononcini ha anche segnalato che Facebook, nonostante voci contrastanti in materia, non intende abbassare la soglia di iscrizione sotto i 13 anni di età: “nel rispetto delle normative europee”. Evitiamo commenti su come Facebook non vada ad effettuare alcun controllo sull’età reale, e quindi è evidente come questa “soglia” sia simpaticamente teorica ovvero fittizia ed ipocrita.

Conclusivamente, un’ennesima occasione di riflessione, con spunti senza dubbio stimolanti, ma con una sensazione di complessivo sconforto per il grande ritardo con cui il nostro Paese, nel suo complesso, sta affrontando questo grave problema. Basterebbe guardare alla concretezza politica di quel che sta avvenendo nel Regno Unito: per passare dalla teoria alla pratica, dall’accademia alla fattualità, dalla denuncia all’operatività, è in gestazione una legge che prevede che l’età di coloro che accedono ai siti con contenuti pornografici venga sottoposta ad un controllo istituzionale: l’interesse pubblico a tutelare i diritti dei minori deve prevalere sul diritto alla privacy.

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