Il commento

ilprincipenudo. Convegni su convegni tra Tv e diritto d’autore, ma il ‘rischio fuffa’ incombe

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Ieri due iniziative tenutesi in contemporanea ma molto diverse fra loro, una organizzata dal Mibact e l’altra dall’Anart, hanno acceso i riflettori sui temi caldi della Tv e del diritto d’autore.

Due iniziative di riflessione e dibattito, tenutesi in contemporanea ieri 29 ottobre 2014, e già questo la dice lunga sulla frammentazione delle italiche occasioni di confronto su tematiche che, nel caso in ispecie, sono in buona parte sovrapposte.

L’una, superfinanziata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo (e con fondi anche del Semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea: avremo mai un rendiconto anche economico di queste decine di kermesse?!).

L’altra, autofinanziata da un’associazione di autori non particolarmente famosa ma ben qualificata, come l’Anart (Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi e Teatrali).

#ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz.
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La prima, dal titolo ambizioso “Le nuove frontiere dell’innovazione tra diritto d’autore e brevetto”, ancora una volta molto rituale e ritualizzata, si è tenuta nella grande Sala delle Conferenze della Biblioteca Nazionale di Roma.

La seconda, dal titolo più concreto “Nuovi contenuti Nuovi contenitori”, veramente stimolante, si è tenuta nella piccola Sala della Biblioteca del Burcardo della Società Italiana Autori Editori (Siae).

Su queste colonne, nell’ultima edizione de #IlPrincipeNudo, annunciavamo la prima delle due iniziative.

La seconda iniziativa (Anart), in verità, non ha purtroppo beneficiato di un’adeguata campagna comunicazionale di preannuncio. Per quanto riguarda la prima (Mibact), ci auguravamo che, essendo in qualche modo basata su un progetto di ricerca Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), non si ponesse come ennesima passerella di accademici ed operatori.

Nessuna ricerca disponibile

Ci siamo sbagliati, perché, nella cartella stampa e dei partecipanti alla kermesse Mibact, della ricerca “di base”… nessuna traccia: soltanto due paginette di sintesi descrittiva del “Prin” (acronimo che sta per “progetto di ricerca di interesse nazionale”) intitolato “La regolamentazione giuridica delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (tic) quale strumento di potenziamento delle società inclusive, innovative e sicure”, di cui è capofila l’Università Europea, il campus dei Legionari di Cristo.

Quando vedrà la luce questa ricerca? Di che budget gode?! Non è dato sapere. Tra i relatori di questa kermesse, istituzionale assai, il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Angelo Marcello Cardani ed il Vice Direttore Generale della Dg Connect della Commissione Europea Roberto Viola.

L’iniziativa non ha registrato alcuna ricaduta sulla stampa quotidiana, se non un articolo del sempre acuto Marco Mele sul Sole24Ore, che ha dedicato grande attenzione esclusivamente ad alcuni “numeri” annunciati dal Presidente Agcom, peraltro riportati anche su Key4biz ieri (#ddaonline, Cardani (Agcom): ‘In sei mesi 108 istanze’).

Silos da abbattere

L’iniziativa promossa dal Mibact ha consentito anche di comprendere le linee di tendenza della nuova Commissione Europea: efficace la metafora “silos da abbattere”, utilizzata da Roberto Viola che ha sostenuto come “le lettere di missione indirizzate al Vice Presidente per il mercato unico digitale Ansip ed al Commissario Oettinger sottolineano l’esigenza di abbattere i ‘silos nazionali’ che impediscono il pieno sviluppo del mercato interno digitale”. Soltanto Key4biz ha dedicato oggi un’ampia copertura all’iniziativa, con un articolo dettagliato di Marco Ciaffone #Tecnolaw.‘Le nuove frontiere dell’innovazione tra diritto d’autore e brevetto’: report e materiali del Convegno.

Il secondo incontro ha registrato una sessione mattutina coi fuochi di artificio, e va riconosciuto alla Presidentessa dell’Anart, la eccellente sceneggiatrice Linda Brunetta, la capacità di aver composto un panel effervescente, che, adeguatamente stimolato, ha consentito di superare la rigidità spesso imbarazzante di queste occasioni di riflessione.

Panel effervescente

Ci è piaciuto il regista Maurizio Sciarra, portavoce e coordinatore di un’altra pugnace associazione qual è i 100autori, che ha denunciato a chiare lettere come sia incredibile che tra i broadcaster vi siano player che ignorino gli obblighi di legge della cosiddetta “copia privata”, incuranti di sentenze della magistratura, ed addirittura arrivando ad invocare la violazione di propri diritti costituzionali. Sciarra ha sostenuto che sarebbe necessario che le associazioni degli autori, unitariamente (ci piacerebbe acquisire informazioni affidabile sulla rappresentatività di ognuna di esse: da 100autori ad Anac, da Anart a Wgi…), andassero a incatenarsi assieme davanti alle sedi dei broadcaster e della Commissione europea per protestare contro questo scempio del diritto.

Google & Co e triopolisti

Un pacato Rodolfo De Laurentiis, con un lungo intervento nella veste di Presidente di Confindustria Radio Televisioni (ma non potendo certo dimenticare il proprio ruolo di membro del Cda della Rai), ha sostenuto che il vero nemico del diritto d’autore, e, in generale, della creatività, è rappresentato da Google e dagli “Over-the-Top”, perché l’industria televisiva nazionale (ovvero quel 90% dello share rappresentato dai triopolisti e pochi altri confluiti in Confindustria), nonostante la contrazione dei ricavi pubblicitari degli ultimi anni, continua ad investire miliardi di euro l’anno in nuovi contenuti.

Per De Laurentiis, questa industria è sottoposta a regole rigide (quote di produzione e obblighi fiscali) cui sfuggono invece i nuovi player d’Oltreoceano. Egli ha sostanzialmente rilanciato tesi che da almeno tre anni sono state promosse da

Mediaset per prima (Rai si è accodata), proprio a partire dal progetto di ricerca e promozione “Italia: a Media Creative Nation”, curato da IsICult e coordinato dal sottoscritto, presentato nell’ottobre del 2011.

Nel mentre, però, forse qualcosa è accaduto, e non si può riproporre la noiosa lamentazione degli 800 milioni di euro o forse anche 1 miliardo di euro l’anno di ricavi pubblicitari di Google Italia, che non investe invece 1-euro-1 nella produzione di contenuti di qualità. Di grazia, lo sappiamo tutti, ma accusare Montain View (ma di cosa si può accusare Google Italia se una legge non c’è?!) non può essere il sistema per liberarsi la coscienza rispetto alle proprie inadempienze.

L’offerta della Rai

Il consigliere De Laurentiis vede l’offerta televisiva Rai?! Immaginiamo di sì. E da persona cultrice del diritto d’autore, come può tollerare l’indegno taglio dei titoli di coda su qualsiasi prodotto di fiction, riconoscimento morale che viene sacrificato sull’altare mercantile della pubblicità, di cui una parte della tv pubblica è schiava?! È un “dettaglio”, certamente una questione minore, ma sintomatica del mancato “rispetto” (culturale, prima che economico) che Rai (non) mostra nei confronti dell’industria creativa nazionale.

Un’associata Anart, Valentina Murri, sceneggiatrice ed anche autrice radiofonica Rai, non ha retto: il discorso di De Laurentiis deve aver ignorato le criticità esistenti ed è parso veramente difensivo, al punto tale che la Murri ha domandato, a muso duro, cosa stesse facendo realmente Viale Mazzini per la tutela dei diritti degli autori. De Laurentiis ha svicolato, sostenendo che la questione “diritto d’autore” non è mai arrivata sul tavolo del Cda Rai, essendo “di competenza della dirigenza aziendale”: un’affermazione di questo provocherebbe ilarità in un Paese serio, ma l’Italia non è notoriamente un Paese serio. Un altro autore ha ricordato come la Rai taglia i budget per la creatività (ricerca e sperimentazione incluse), ma continua a pagare ricchi stipendi per almeno un centinaio di dirigenti apicali sostanzialmente nullafacenti. De Laurentiis, a questo punto, si è stizzito ed ha sostenuto che non poteva accettare di scendere a quel “livello”.

Carlo Freccero show

Carlo Freccero, direttore artistico del Fiction Fest di Roma (dalla eterodossa edizione 2014), ha preso la palla al balzo per rilanciare il dissenso che serpeggiava nella sala (non affollata come l’iniziativa avrebbe meritato, una trentina di persone soltanto), ed ha imputato a De Laurentiis discorsi vacui, anzi letteralmente di aver proposto una vera “supercazzola” (la battuta – scherzosa citazione da “Amici miei” di Mario Monicelli – ripetuta più volte, ha provocato applausi degli astanti), ignorando il vero problema del sistema televisivo italiano, ovvero il suo appiattimento ed omologazione verso la “soap” (il “benchmark” estetico sembra oggi “Il segreto”!), con canali generalisti che si rivolgono “alla casalinga tatuata ed al tamarro di periferia” (sic), e canali digitali costretti a sopravvivere con due spiccioli, a fronte di una televisione a pagamento che produce una fiction di livello forse una volta all’anno. Ha quindi attaccato soprattutto Rai, sostenendo che non ha alcun senso un’offerta di una pluralità di canali digitali, se questi canali non sono costretti (da una legge che attualmente non c’è o che comunque viene ignorata a causa della abituale sonnolenza Agcom) a produrre nuovi contenuti, e se questi canali non vengono dotati delle risorse adeguate dai propri editori.

Freccero ha sostenuto che è indispensabile ed urgente una legge che obblighi i canali digitali, e gli editori che utilizzano il web per diffondere le opere (Netflix incluso), a rispettare quote di programmazione e quote di produzione. Questa sarebbe una concreta e produttiva “eccezione culturale”, rispetto alle regole di un mercato che si sta impoverendo anno dopo anno, sia come estetica sia come economia.

Successivamente, reduce dall’altro convegno (quello “in pompa magna” Mibact), il Direttore dell’Ufficio Legislativo e Rapporti Istituzionali della Siae, Paolo Agoglia, è intervenuto anche lui in modalità… “fuori dai denti”, complice, forse, un pubblico simpatizzante ed una qual certa intimità della situazione, ed ha proposto una deprimente rappresentazione dello scenario della novella Commissione Europea.

Diritto d’autore e poteri forti

Ha spiegato con chiarezza come il diritto d’autore sia sottoposto in questi mesi al fuoco incrociato di “poteri forti” (rappresentati dalle “Tlc” e dagli “Over-the-Top”, e, in generale, dai fautori oltranzisti del libero – anzi liberissimo – mercato), che vorrebbero scardinare conquiste storiche dell’industria culturale e della creatività.

User generated content e copia privata

Agoglia ritiene che lo spostamento “armi e bagagli” delle competenze della Commissione Europea dal “Mercato Interno” alla direzione “Connect” rappresenti una vittoria dei fautori della rete “libera e bella” (e delle retrostanti potenti lobby), rispetto ai difensori della creatività e determina il rischio di una prospettiva pericolosa per le industrie culturali e creative nazionali. Industrie che non esistono soltanto “in funzione” del web, e che hanno una identità storica che va ben oltre le esigenze della “digitalizzazione” pervasiva. Il dirigente Siae prevede (e teme) infine una serie di “deroghe” ai principi fondamentali del diritto d’autore, per esempio in materia di “user generated content” ed in materia di “copia privata”. Queste deroghe potrebbero andare a scardinare il senso stesso della “eccezione culturale”, che è una risposta alta (nel nome del pluralismo e di quella diversità invocata da Freccero) rispetto al rischio di subordinare tutto alle esigenze basse (perché prevalentemente omologanti) del mercato sovrano.

Tante volte, su queste colonne, siamo stati costretti, come ben sanno i lettori, a commentare… “quanti inutili convegni”: questa volta, riconosciamo all’Anart (ed alla Siae) d’aver promosso una occasione di dibattito molto stimolante, e ci auguriamo che l’associazione voglia mettere online, a disposizione di tutti, la videoregistrazione della giornata di convegno (peraltro saggiamente trasmessa in “streaming”). E che iniziative come questa non rappresentino “l’eccezione alla regola”. rispetto alla ipocrisia mestierante istituzionale ed alla fuffologia contenutistica dominante.

Con l’augurio che il Mibact si de-burocratizzi, anche dal punto di vista convegnistico.