Spettacolo

ilprincipenudo. Balletto Fus: Consiglio di Stato proroga a ottobre lo ‘sblocco’ dei fondi allo spettacolo

di di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

La proroga è una boccata di ossigeno per i beneficiati del Fus. Intanto crescono le chance di un intervento normativo complessivo nel settore.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Una boccata di ossigeno, almeno per qualche mese, per i beneficiati del Fus: questo, in estrema sintesi, l’esito della tanto attesa riunione del Consiglio di Stato tenutasi ieri 21 luglio, che ha confermato la sospensiva del 2 luglio della sentenza del Tar del Lazio del 26 giugno 2016, che ha bocciato il decreto ministeriale Salvo Nastasi/Dario Franceschini del 1° luglio 2014 sulle assegnazioni del Fondo Unico dello Spettacolo, ovvero quel famigerato “Fus” che determina i contributi statali allo spettacolo dal vivo (così come al cinema, ma questo settore fuoriesce dalla “giurisdizione” del decreto Nastasi).

I ricorrenti contro il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (che aveva chiesto al Consiglio di Stato una sospensione del provvedimento assunto dal Tar, ottenendola in tempi veramente record), ovvero il meneghino Teatro Elfo Puccini ed il parmense Teatro Due, avevano chiesto che il giudizio di merito avesse una gestazione rapida, ed il Consiglio di Stato ha calendarizzato per il 13 ottobre 2016.

La situazione resta quindi incerta ed aleatoria: su queste colonne (vedi, da ultimo, “Key4biz” dell’11 luglio 2016, “Tarantella Fus: il Consiglio di Stato ‘congela’ lo stop del Tar ai fondi per lo spettacolo”), avevamo ipotizzato che, a fronte del blocco del Tar e della conseguente paralisi dell’intero sistema, sarebbe stato possibile e verosimile un intervento… dall’alto, sotto forma di “decreto legge” governativo, data l’oggettiva urgenza della dinamica venutasi a determinare.

Forse la soluzione sarà diversa: c’è chi già sostiene che il decreto Nastasi/Franceschini potrebbe essere “messo in sicurezza” con un’altra forma di intervento normativo. Sempre ieri, infatti, è stato approvato un emendamento a firma del parlamentare piddino Roberto Rampi, che legittima la funzione di “regolamento” di quel “decreto” (una delle questioni essenziali oggetto della contestazione del Tar).

Il Presidente di Federvivo – Federazione dello Spettacolo dal Vivo (Agis) Filippo Fonsatti, ha dichiarato: “Almeno è scongiurato il blocco del sistema: se il decreto veniva cancellato come chiedeva il Tar, ci sarebbe stato il congelamento del Fus. Ora bisogna lavorare tutti assieme all’approvazione del Codice dello Spettacolo”, ovvero la tanto auspicata legge quadro sul settore.

Come interpretare questa novella puntata della “tarantella” Fus?!

Una decisione sostanzialmente “cerchiobottista”: il Consiglio di Stato si prende qualche settimana di tempo per pronunciarsi, e di fatto consente a Governo e Parlamento di apportare le corrigende che da più parti vengono invocate, in relazione al discusso regolamento. Correzioni richieste non soltanto dai tanti “esclusi” dalla “torta” del Fus, ma anche paradossalmente da coloro che stanno partecipando al “banchetto”…

Tra gli analisti più severi della situazione in atto – e, più, in generale della politica culturale renziana –  merita essere segnalato Pietro Acquafredda, sul blog “Il Menestrello”. Le sue critiche possono anche risultare eccessive, ma gli va riconosciuta estrema accuratezza e assoluta precisione (un po’ come nel caso di Tomaso Montanari, lo storico dell’arte massimo critico delle politiche franceschiniane nei beni culturali).

Alcuni ipotizzano che si possa far in modo che il decreto Nastasi assuma una vigenza “transitoria”, ovvero resti in vigore fino alla fine del previsto primo triennio, ovvero il 2015-2017, e nel mentre possa vedere la luce l’auspicato “Codice dello Spettacolo”. In questo modo, però, gli esclusi restano comunque… esclusi.

Va ricordato infatti che restano al vaglio del Tar del Lazio ancora un centinaio di altri ricorsi, ed anche questa pressione (istanza di giustizia di dimensioni quasi assimilabili ad una “class action”) non può evidentemente essere ignorata. E va ricordato che gli “esclusi” nel 2015 sono costretti a restare al palo fino al 2017 appunto (allorquando, se le cose restassero immutate, si potrebbero presentare le istanze per il triennio 2018-2020).

Che la situazione sia complessa e intricata è confermato dal testo dell’emendamento del deputato Roberto Rampi (esponente del Pd, laureato in filosofia teoretica, vanta tra l’altro esperienze nel mondo dello spettacolo come collaboratore di Roberto Vecchioni ed Eugenio Finardi), che pure richiederebbe una traduzione in italiano corrente.

La proposta è stata manifestata… fuori contesto, ma questa è prassi tipica del legiferare italiano: l’iniziativa è stata infatti presentata il 12 luglio come emendamento all’articolo 24 del cosiddetto “Decreto Enti Locali”.

La precisazione che il decreto “non ha natura regolamentare” punta a mettere il decreto 1° luglio 2014 al riparo dalla incostituzionalità decretata dal Tar del Lazio il 26 giugno 2016, almeno come salvaguardia sul pregresso.

In sostanza, rende… costituzionale ciò che secondo il Tar è… incostituzionale: “1. Dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: “3-bis. L’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito con modificazioni nella legge 7 ottobre 2013, n. 112, si interpreta nel senso che il decreto del Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, ivi previsto, di rideterminazione dei criteri per l’erogazione e delle modalità per la liquidazione e l’anticipazione dei contributi allo spettacolo dal vivo finanziati a valere sul Fondo Unico dello Spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, o ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, ha la stessa natura non regolamentare di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 82, e di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 15 novembre 2005, n. 239, nonché nel senso che le regole tecniche di riparto sono basate sull’esame comparativo di appositi programmi di attività pluriennale presentati dagli enti e dagli organismi dello spettacolo e possono definire apposite categorie tipologiche dei soggetti ammessi a presentare domanda, per ciascuno dei settori delle attività di danza, delle attività musicali, delle attività teatrali e delle attività circensi e dello spettacolo viaggiante”.

La Camera ha approvato ieri 21 luglio il decreto sugli enti locali, che passa in Senato per la “seconda lettura”. I “sì” sono stati 271, i “no” 109, 2 gli ”astenuti”. All’interno del provvedimento, all’articolo 24, è stato quindi inserito l’emendamento Rampi appunto, ovvero la norma interpretativa sui criteri per l’erogazione del Fus, ed approvata una norma che prevede uno o più regolamenti per la revisione dell’assetto regolamentare e organizzativo delle Fondazioni Lirico Sinfoniche (altra questione infinitamente controversa: si ricordi che questi enti assorbono la parte prevalente del Fus stesso).

Intanto, mercoledì mattina, il giorno prima della decisione del Consiglio di Stato, con evidente quanto legittimo intento di sensibilizzazione politica, il Presidente dell’Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) Carlo Fontana e Filippo Fonsatti della già citata Federvivo (Federazione dello Spettacolo dal Vivo) hanno presentato una proposta congiunta per un “Codice dello Spettacolo dal Vivo”, che si caratterizza per un’architettura di ampio respiro (che sarà presto oggetto di opportuna attenzione su queste colonne). Data la complessità della materia da affrontare, si ha ragione di prevedere che un intervento così ambizioso non abbia comunque grandi chance di approvazione in tempi rapidi. Fontana, interpellato da “Key4biz”, in relazione alla imminente decisione del Consiglio di Stato, ha dichiarato: “Speriamo venga confermata la sospensione. L’evento di oggi è soltanto di presentazione delle nostre proposte”. Indubbia però l’azione di “pressing”, su duplice fronte: Consiglio di Stato e Governo/Parlamento.

In argomento, va anche segnalato che sempre ieri 21 luglio è stato pubblicata la Relazione della VII Commissione del Senato (Istruzione Pubblica, Beni Culturali, Ricerca Scientifica, Spettacolo e Sport) sul disegno di legge n. 2287, intitolato “Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo e deleghe al Governo per la riforma normativa in materia di attività culturali”, presentato dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, comunicato alla Presidenza il 16 marzo 2016: si tratta di un disegno di legge di riforma fortemente voluto dal Ministro Dario Franceschini e dal Sottosegretario Antonello Giacomelli, collegato alla manovra di finanza pubblica (ai sensi dell’articolo 126-bis del Regolamento).

Si legge nelle prime righe della relazione, a firma della Senatrice piddina Rosa Maria Di Giorgi: “La Commissione ha stralciato la parte relativa alla disciplina dello spettacolo e delle attività culturali che, ove l’Assemblea confermerà la proposta di stralcio, sarà trattata come collegato alla manovra finanziaria con separato iter legislativo, secondo gli impegni già assunti dal Governo in tal senso, in modo tale da poter garantire a questo settore il necessario approfondimento istruttorio. Il disegno di legge in esame quindi riguarda soltanto il cinema e l’audiovisivo”.

Questa proposta di legge, che riforma in modo piuttosto radicale l’intervento dello Stato nel settore cinematografico e audiovisivo (elevando i fondi pubblici dagli attuali 260 milioni di euro l’anno a ben 400 milioni, e ciò basta a renderlo un provvedimento… rivoluzionario), sarà presto oggetto di approfondita analisi su queste colonne. Quel che fin d’ora lamentiamo, anche in questo disegno di legge, è la perdurante assenza di una vocazione tecnica all’uso di una strumentazione cognitiva adeguata alla valutazione degli interventi della mano pubblica. Si governa, ancora una volta – e finanche incrementando significativamente il budget statale – con evidente deficit della cassetta degli attrezzi.

“Key4biz” dedica particolare attenzione a queste vicende non soltanto per l’importanza in sé (lo spettacolo dal vivo ed il cinema coinvolgono centinaia di imprese e migliaia e migliaia di artisti ed altri lavoratori del settore), ma perché sono sintomatiche di quel governo “nasometrico” della “res publica” culturale, che tanto inchiostro assorbe in questa rubrica di analisi critica delle politiche culturali e delle economie mediali. Come abbiamo già scritto, si tratta dello stesso inquietante e strisciante “morbo” che riguarda la riforma della Rai o lo sviluppo del digitale od il ruolo della Siae: si governa con approssimazione estrema e deficit di adeguata strumentazione tecnica. Le valutazioni di impatto sono pressoché inesistenti, così come le analisi di efficienza ed efficacia, gli studi di scenario e le ricerche predittive…

  • Clicca qui, per leggere la “Relazione della VII Commissione del Senato sul disegno di legge n. 2287, intitolatoDisciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo e deleghe al Governo per la riforma normativa in materia di attività culturali, presentato dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze”, a cura di Rosa Maria Di Giorgi, Roma, 21 luglio 2016
  • Clicca qui, per leggere le “Proposte per un codice dello spettacolo dal vivo” promosse da Federazione dello Spettacolo dal Vivo – Federvivo ed Agis, a cura di Filippo Fonsatti, Roma, 20 luglio 2016
  • Clicca qui, per leggere le slide della presentazione delle “Proposte per un codice dello spettacolo dal vivo” promosse da Federazione dello Spettacolo dal Vivo ed Agis, Roma, 20 luglio 2016