La nomina

ilprincipenudo. Alberto Francesconi nuovo presidente Anec Agis, chiede subito 5 milioni per il marketing del cinema in sala

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Un ‘vecchio saggio’ che torna alla carica alla presidenza dell'Associazione Esercenti cinematografici. E chiede subito 5 milioni di euro per una campagna promozionale per il cinema in sala.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

La notizia è degna di segnalazione, sulle colonne di una testata attenta alle politiche culturali ed alle economie mediali, qual è “Key4biz”: l’ingegner Alberto Francesconi è stato eletto ieri (giovedì 23 novembre) alla guida dell’Anec, l’associazione degli esercenti cinematografici italiani, una delle due anime importanti della confindustriale Agis, Associazione Generale Italiana dello Spettacolo (l’altra è rappresentata dalle fondazioni lirico-sinfoniche, riunite nell’Anfols, ovvero più in generale dalle imprese del cosiddetto “spettacolo dal vivo”). Eletto per il triennio 2018-2020, subentra a Luigi Cuciniello che ha guidato l’Associazione dal 2014.

Si tratta di un inatteso “rientro in pista” di uno dei più attivi e pugnaci imprenditori del cinema italiano (anche se va ricordato che Francesconi ha interessi significativi anche nel settore edilizio-immobiliare, essendo costruttore oltre che proprietario di cinematografi): è stato infatti già Presidente dell’Anec dal 2000 al 2002, ma soprattutto è stato Presidente dell’Agis dal 2002 al 2010. Per l’intensa e lunga esperienza che vanta, può essere considerato veramente un “vecchio saggio” (sebbene mostri una forma fisica che non evidenzia proprio l’aver superato da poco la soglia dei 70 anni) della politica culturale italiana.

In effetti, la presidenza precedente, affidata al giovane Luigi Cuciniello, era parsa a molti un po’ “low profile” (dal 2001 è peraltro anche Direttore Organizzativo della “Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica” del Settore Cinema della Biennale di Venezia), e la stessa Agis è sembrata – per alcuni aspetti – più sensibile alle altre “anime” del settore dello spettacolo italiano (gli enti lirici ed il teatro), piuttosto che alla cinematografia.

La guida dell’Agis affidata a Carlo Fontana (confermato nel giugno 2016 per il periodo 2016-2019) ha senza dubbio risentito, e risente, del background professionale del Presidente, che è uomo di cultura alta, ma legato inevitabilmente più all’anima “lirica” – per così dire – del settore (essendo stato tra l’altro Sovrintendente alla Scala per quindici anni, dal 1990-2005), ovvero più allo “spettacolo dal vivo” che alla “cinematografia”.

Nella gestazione delle nuove norme a favore del cinema e dell’audiovisivo volute dal Ministro Dario Franceschini, la parte del leone l’han fatta l’associazione dei produttori e distributori cinematografici e l’associazione dei produttori televisivi: il coinvolgimento di Agis, a fronte di quello (intenso assai) di Anica ed Apt è effettivamente parso minoritario, se non addirittura marginale.

Eppure – va rimarcato a chiare lettere – “il cinema” è ancora (e crediamo debba restare) “la sala cinematografica”: riteniamo che la retorica della fruizione “multischermo” ovvero la visione su qualsiasi “device” (soprattutto portatile) debba essere ridimensionata, anche culturalmente, enfatizzando il ruolo estetico e sociale dei cinematografi.

E ci sembra che questo “anello” della “filiera” cinematografica (ed audiovisiva: si ricordi che ha già una sua piccola nicchia di mercato la fruizione in sala di opere non destinate – come si usava dire – alla prioritaria circolazione cinematografica, dalla lirica ai concerti rock a documentaristica di alta classe) non sia stato oggetto di adeguata attenzione, nelle “policy” promosse dal Ministro Dario Franceschini e dal Direttore Generale per il Cinema Nicola Borrelli: si poteva e si può fare di più, per riaffermare la centralità socio-culturale della sala cinematografica.

Alberto Francesconi è noto per l’eleganza dei modi e la moderazione dei toni: riteniamo che la definizione di “democristiano all’antica” (nell’accezione positiva del termine) sia confacente, per descrivere un imprenditore colto, pacato nell’eloquio ma deciso nell’azione, stimato a destra così come a sinistra, senza dubbio politicamente… “ecumenico”.

Ricordiamo le sue indimenticate battaglie per la difesa della dotazione annuale del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) e per la “vertenza spettacolo”, anni fa, allorquando cercò di superare le piccole beghe che caratterizzano i tanti settori dell’industria dello spettacolo italiano. Annunciata a fine 2003, nel febbraio 2004 Francesconi lanciò l’iniziativa della “vertenza”, che si poneva l’obiettivo di imporre all’attenzione della opinione pubblica e delle istituzioni un progetto di rilancio dello spettacolo italiano: “il nostro è un discorso di sistema. Dobbiamo definire e proporre ai nostri interlocutori un sistema-spettacolo condiviso, sostenibile e che abbia forti capacità di crescita culturale, imprenditoriale e occupazionale”.

Anche se – senza dubbio – con i governi retti da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, soprattutto grazie all’azione intensa di Dario Franceschini, una rinnovata sensibilità verso le industrie culturali è finalmente emersa nelle politiche nazionali (confermata da una concreta apertura dei “cordoni della borsa”), manca ancora oggi una visione “di sistema”, per l’industria italiana dello spettacolo. Francesconi può essere la persona giusta per il salto di qualità.

E la sua prima sortita nel nuovo incarico è sintomatica: Francesconi ha dichiarato, con inevitabile ritualità, che “tornare a ricoprire questa carica è un compito importante e difficile, che affronterò con massimo impegno”, ma ha soprattutto annunciato – tra le priorità – un lavoro sin da subito concreto sui decreti attuativi per la legge cinema e la necessità di investire sulla promozione del consumo di cinema in sala, proponendo che “dai fondi della legge, siano destinati ogni anno 5 milioni per il lancio di una grande campagna nazionale che possa rilanciare il settore cinematografico”.

Questo annuncio è significativo, e merita essere rilanciato: da molto tempo – anche su queste colonne – denunciamo la gravità di uno dei punti più deboli dell’intervento pubblico a favore del settore cinematografico: la promozione (l’altro punto fragile è l’internazionalizzazione).

Le caratteristiche del sistema informativo-promozionale del cinema italiano (inteso qui anzitutto come “cinema in sala”) sono drammatiche: non esiste un “sistema” (appunto), ma iniziative vetuste e parcellizzate, e sperimentazioni estemporanee ed inefficaci.

Manca una “regia” strategico-sistemica. Non esiste un piano strategico di marketing integrato, che dovrebbe essere sviluppato assieme dai vari “player” del sistema, d’intesa con il Mibact.

Basti ricordare che in Rai non esiste una vera e propria politica di promozione del cinema in sala, e che la sensibilità su queste tematiche è affidata ancora – da decenni ormai – al sempre commendevole ma certo non innovativo Gigi Marzullo: si potrebbe cogliere al balzo l’occasione del nuovo “contratto di servizio” tra Stato e Rai, in gestazione in queste settimane, per imporre (il termine è giusto: “imporre”, dato che trattasi di una concessionaria di servizio radiotelevisivo pubblico, appunto) a Viale Mazzini di dedicare attenzione finalmente organica alla promozione del “made in Italy” cinematografico, con almeno una rubrica fissa in orari significativi e sulla rete ammiraglia anzitutto, e stimolando poi una “disseminazione” di cultura cinematografica in molte zone dei palinsesti. Non basta (semmai fosse proprio l’intervento più adeguato) “imporre” alle emittenti televisive di mettere in onda una “quota obbligatoria” di film italiani (come ha voluto il Ministro Franceschini vedi il dossier “Key4biz”, la cui ultima puntata è stata pubblicata mercoledì: ‘Quote obbligatorie’ per cinema e fiction made in Italy, manca la valutazione d’impatto), ma serve ancor di più un’azione strategica e sistemica di promozione del cinema, anzitutto del cinema in sala.

E non basta una sperimentazione a livello di “politiche di prezzo”, come quella tanto voluta dal Ministro Dario Franceschini, ovvero l’iniziativa “Cinema2Day”, lanciata nel settembre 2016, per quanto sia stato un progetto condiviso da varie associazioni (Anica, Anec e Anem): per la prima volta, ha offerto ai cittadini la possibilità di vivere una volta al mese (il secondo mercoledì del mese) l’esperienza dei film in sala a soli 2 euro, per tutti e in tutta Italia. All’iniziativa hanno aderito 3.000 sale.

Riteniamo che l’entusiasmo manifestato dal Ministro sia stato eccessivo, perché non sono stati adeguatamente studiati i processi di “costo / beneficio” dell’iniziativa nel medio-lungo periodo. L’8 febbraio 2017 è stato l’ultimo “mercoledì del mese” della prima fase di sperimentazione ed ha registrato oltre 1 milione di spettatori, per la precisione 1.034.018: è stato l’ultimo appuntamento previsto, secondo quanto stabilito dall’accordo tra Ministero ed associazioni. Questi i dati dell’affluenza di tutte le sei edizioni della promozione: 1.034.018 spettatori febbraio, 1.130.901 gennaio, 826.953 dicembre, 1.027.723 novembre,  1.013.466 ottobre, 598.460 settembre. Il Ministro, il 9 febbraio 2017, garantendo ancora il pieno supporto alla promozione, ha auspicato che “l’iniziativa prosegua per altri sei mesi, fare un bilancio di un anno sul suo impatto sul pubblico e sulle imprese, anche nel periodo estivo in cui le sale, in Italia, sono sempre vuote”. Il Ministro è riuscito a strappare una proroga di tre mesi soltanto, fino al maggio 2017. Secondo il consuntivo, dal 14 settembre 2016 al 10 maggio 2017 “Cinema2day” ha portato al cinema – con 10 appuntamenti mensili – ben 8 milioni di Italiani. Il 10 maggio 2017 il Ministro, in occasione dell’ultimo appuntamento, dichiarava (via Twitter): “Purtroppo non sono riuscito a convincere esercenti, produttori e distributori a proseguire. Mi spiace”. I dati delle singole giornate sono stati molto buoni, ma le perplessità degli esercenti e dei distributori erano sulle conseguenze – forse, alla fin fine, più negative che positive – sul resto del mese: in sostanza, l’intervento della “mano pubblica” avrebbe semplicemente determinato uno “spostamento” temporale del consumo, e non un suo concreto incremento su base annua… Ancora una volta, comunque, è mancata una approfondita “valutazione d’impatto”.

Siamo sicuri che la nuova presidenza Anec affidata ad Alberto Francesconi promuoverà una ricerca finalmente accurata ed approfondita sulle politiche di “pricing” del cinema italiano, anche al fine di studiare nuove strategie di marketing.

Subito dopo la questione della “promozione” del cinema in sala – che ha caratteristiche assolutamente prioritarie – andrà affrontata la drammatica questione della fruizione cinematografica durante i mesi estivi, che in Italia registra storicamente un vero e proprio crollo. Anche su questa criticità, è necessaria una fase di studio approfondito, preliminare a qualsivoglia serio intervento pubblico. Appare comunque evidente che gli interventi autoregolati degli imprenditori privati si siano finora dimostrati fallimentari, e deve essere lo Stato ad intervenire per correggere questo “deficit del mercato”.

Come abbiamo scritto tante volte anche su queste colonne, va dato atto al Ministro Dario Franceschini di una indubbia tenacia nell’intensificare le politiche pubbliche a favore del cinema (ed in generale delle industrie culturali), ma al contempo di una qual certa debolezza nell’affiancarle con sistemi di monitoraggio e valutazioni d’impatto (il tema critico principale è rappresentato dal “tax credit”, ancora oggi da molti ritenuto un capolavoro di politica culturale, senza che nessuno ne abbia finora mai seriamente studiato l’effettiva efficacia).

Ricordiamo – ancora una volta – che non esiste ancora un rapporto annuale indipendente, approfondito ed accurato, sullo “stato di salute” dell’industria cinematografica ed audiovisiva italiana (analizzato in tutte le fasi della filiera), e risegnaliamo la perdurante anomalia di un Ministero che affida a soggetti privati come Anica e Fondazione Ente dello Spettacolo (il primo inevitabilmente a rischio di partigianeria, il secondo organo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana – Cei) i principali studi in materia.

Da segnalare anche che il 14 novembre, su altro fronte, si registrava la conferma di Carlo Alberto Bernaschi (classe 1931) alla guida di un’altra associazione che, curiosamente, non è in seno all’Agis bensì all’Anica: si tratta dell’Anem – Associazione Nazionale Esercenti Multiplex, che nel luglio del 2017 ha deciso di rientrare in Anica. L’Anem è stata costituita nel 1999 per rispondere agli obiettivi di tutela e di sviluppo del settore “multiplex” in Italia, fondata da Bernaschi. Nel 2001, l’Anem entra a far parte dell’Anica, nel 2009 ne fuoriesce per aderire all’Agis, dalla quale poi fuoriesce. I suoi iscritti sono attualmente 12 imprese di esercenti “multiplex”, tra cui i 2 principali gruppi The Space Cinema e Uci: da segnalare che gli associati Anem rappresentano circa il 50 % del fatturato dell’esercizio cinematografico italiano, per un numero di schermi pari al 31 % del totale nazionale. Si ricordi che le ragioni dei multiplex sono spesso in contrasto con le ragioni del medio e piccolo esercizio cinematografico. Crediamo che Francesconi possa avere la capacità di ricondurre “piccoli” e “grandi” sotto lo stesso tetto.

Insieme a Francesconi, eletto dal Congresso Nazionale Anec riunitosi ieri a Roma, sono stati eletti Vice Presidenti Domenico Dinoia, Luigi Grispello, Mario Lorini e Andrea Malucelli, Enrico Signorelli (per il “gruppo multicinema”) e Antonio Sancassani (per il “piccolo esercizio”); tesoriere è Massimo Lazzeri.

Si ha ragione di prevedere che la nomina di Alberto Francesconi possa stimolare effetti benefici per l’intera “filiera” del cinema e dell’audiovisivo italiano. Certamente stimolerà una rinvigorita azione di sviluppo della stessa Agis, che un paio di anni fa ha celebrato il suo 70° anniversario (vedi “Key4biz” del 10 dicembre 2015, “L’Agis sparge ottimismo sul settore spettacolo: ma resta il deficit di giovani e startupper”).