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ilprincipenudo. I 20 anni dell’Agcom e la sfida di Internet (dai social agli Ott)

Angelo Zaccone Teodosi

Fauna sociologica delle grandi occasioni, ieri pomeriggio a Montecitorio, in un’affollata (oltre duecento persone) Sala della Regina, per la celebrazione dei 20 anni dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, con il picco istituzionale rappresentato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (intervenuto però soltanto come spettatore, affiancato dalla Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini).

Si è trattato di un’iniziativa prevedibilmente rituale e autoreferenziale, e crediamo che sia forse più interessante – per i nostri affezionati lettori – riportare un qualche raro elemento dissonante, piuttosto che quelli del coro autocelebrativo. Ci limitiamo a segnalare che l’espressione “conflitto di interessi” non è nemmeno stata mai evocata, nelle due ore di kermesse, e ciò basti: qualcuno ha fatto cenno a “duopolio”, ma assai “en passant”. Possiamo immaginare cosa può aver pensato Vincenzo Vita, seduto in prima fila, già Sottosegretario alle Comunicazioni nei Governi Prodi, D’Alema ed Amato…

Una qualche stimolante osservazione critica è stata manifestata da Fedele Confalonieri, Presidente Mediaset.

La celebrazione (qualcuno dei relatori ha addirittura utilizzato il termine… “festa”) è stata aperta da un video di 1 minuto di durata, prodotto da Rai per Agcom. Un “promo” dalle belle immagini, buon montaggio, ma tutto centrato sull’importanza crescente dei “social network” (con i loghi dei vari Facebook & Co. in bella mostra, e ci si domanda perché il servizio pubblico radiotelevisivo debba far ulteriore pubblicità agli “over-the-top”!), e con una conclusione discretamente retorica: Agcom vigilerebbe “24 ore su 24”, anzi “minuto per minuto” (sic), sulle condizioni del mercato dei media. Insomma, un po’ in stile “cinegiornali” dell’Istituto Luce

Va dato atto al Presidente Angelo Marcello Cardani di aver comunque evidenziato come il ventennale possa rappresentare l’occasione per valutare con serenità l’operato di Agcom, e soprattutto, nello scenario digitale e del web, chiedersi se non occorra integrarne la missione e rafforzarne le competenze: riteniamo che l’istanza – nodale, essenziale, fondamentale – poteva essere manifestata con maggiore forza, ma non entriamo qui nel merito dell’opportunità di toni più felpati o più aggressivi.

La parola chiave della trasformazione e della reazione al cambiamento da parte dell’Agcom dall’inizio del mio mandato – ha sostenuto Angelo Marcello Cardani e guardando al futuro, è senz’altro internet. Per Agcom, è evidente la necessità di considerare internet come uno spazio aperto, democratico, collaborativo e inclusivo, il cui accesso e uso vanno garantiti in quanto bene comune e di interesse generale. Per questo, l’Autorità cerca di dare risposte anche ai cambiamenti indotti dall’utilizzo crescente di internet sulle garanzie dei diritti in rete, con la regolazione e con attività di promozione della conoscenza e di educazione in materia di web e uso di contenuti online”.

In relazione all’economia italiana delle telecomunicazioni, il Presidente Agcom ha sostenuto che “occorre incentivare tutti gli operatori ad investire, perché gli investimenti, seppure in ripresa, non sono stati sufficienti, e devono continuare a crescere nei prossimi anni”, investimenti che, da soli, “Telecom Italia o singoli operatori non possono realizzare. Non incolpiamo o biasimiamo nessuno: semplicemente analizziamo il mercato. La dimensione degli investimenti nelle reti di nuova generazione richiede ancora la necessità di una regolazione asimmetrica nei confronti dei nuovi operatori”.

Rispetto allo “scorporo” della rete, il Presidente Cardani ha sostenuto che, per esprimere un parere sul piano Tim, Agcom attende una proposta concreta nero su bianco. Si è mostrato critico sui ritardi dell’Italia nella banda larga, auspicando una forma di collaborazione tra i diversi operatori in campo – Telecom e Open Fiber su tutti –, in nome della competitività del Paese.

Ha colpito l’attenzione della tesi di Cardani sul ruolo critico delle “autorità” nello scenario attuale: ha ricordato che, nella seconda metà degli anni ‘90, c’erano “entusiasmo e aspettative nei confronti delle Autorità indipendenti”, oggi, invece, “vengono considerate con sospetto da diversi settori di politica nazionale che, nelle opinioni più estreme, tendono a definirle tecnocratiche e in contrapposizione pericolosa con le istituzioni democraticamente elette”; in questa direzione, vanno le misure messe in campo per “limitare l’autonomia, l’indipendenza, e per omologare” le Autorità.

Il Past President (1998-2005) Enzo Cheli ha ricordato come Agcom sia nata “da subito come unico esempio europeo di Autorità convergente dei settori di tlc, tv ed editoria, anticipando la rivoluzione digitale del mondo delle comunicazioni”.

Il Past Presidente (2005-2012) Corrado Calabrò ha sostenuto, con eleganti e suadenti toni retorici, che “virtuale e reale sono intercambiabili. La potenza dell’informazione è cresciuta a dismisura, in pace e in guerra; e, con essa, la possibilità della sua manipolazione, spesso senza confutazione tempestiva. In un settennio, internet ha cambiato la faccia e la mentalità del mondo dei media: ha dematerializzato servizi e prodotti e ha cambiato la fruizione stessa dello spazio e del tempo”.

Dopo gli interventi di Cheli, Calabrò, Cardani, s’è aperta una seconda sessione (alla quale non ha partecipato il Presidente Mattarella), che ha fornito una qualche valida suggestione. Ha coordinato il collega Dario Di Vico, Vice Direttore del “Corriere della Sera”, in verità in modo molto ma molto moderato, senza porre a nessuno domande minimamente critiche.

Roberto Viola, Direttore Generale Dg Connect della Commissione Europea, con un intervento pacato, ha parlato di sfide molto importanti per l’Europa sul digitale: c’è una “coscienza profonda delle sfide… L’Italia soffre con piccolo affanno davanti alle sfide, anche se sta recuperando soprattutto per la fibra ed il 5G”.

La Presidente della Rai Monica Maggioni ha sostenuto che “ci troviamo di fronte un cambiamento epocale, e, nel sistema televisivo, ci troviamo la scadenza del 2022 con la cessione della banda 700: un impegno che avrà un riflesso sui cittadini, se non sarà governato e gestito. La Rai si sta preparando a questa evoluzione tecnologica, con un ruolo di supporto: quello che deve cambiare non è solo la tecnologia, ma anche la capacità di recezione dei cittadini, un tema che diventa politico”. Maggioni ha ricordato che si corre il rischio che tra pochi anni un 30 per cento della popolazione possa trovarsi esclusa dalla ricezione dei programmi televisivi trasmessi con nuove tecnologie. Maggioni ha sottolineato come sia “importante aiutare i cittadini sul refarming e ricezione dei segnali” (ricordiamo che con “refarming”, si intende, nel campo della telefonia mobile, il passaggio da una tecnologia a banda “stretta” a una a banda “larga”).

Gustoso ed appassionato l’intervento di Fedele Confalonieri, Presidente Mediaset, che ha denunciato come il comportamento prepotente dei “social network” venga ormai spesso vissuto con un atteggiamento “fatalistico e passivo”, come se fosse naturale, cioè “in natura” e, anzi come se rappresentasse quasi un intervento… “divino” rispetto al quale non ci si deve, non ci si può opporre. A fronte di un sistema dei media assai regolato, gli “over-the-top” si muovono, almeno in Italia, in totale assenza di leggi e regole. Alla domanda di Dario Di Vico se ritenesse che la campagna elettorale assegnasse adeguata importanza a queste problematiche, Confalonieri ha simpaticamente risposto – scusandosi per il non eccellente accento romanesco – “nun je ne po fregà de meno”.

Pietro Guindani, Presidente di Vodafone Italia, con un intervento molto lucido, ha sostenuto che nel settore delle telecomunicazioni “la regolamentazione ci ha accompagnati in un cammino di sviluppo. Per il futuro, lo sviluppo deve essere regolato guardando a una sostenibilità nel medio-lungo periodo. Bisognerà guardare al settore delle telecomunicazioni… non come a un osservato speciale, ma come un motore di innovazione”. Guindani ha rimarcato come la sostenibilità stessa del settore è in dubbio, nel medio-lungo periodo, a fronte dello strapotere degli “over-the-top”: “l’ipercompetitività ha portato a un declino del fatturato del settore, dovuto alla competizione sui prezzi ma anche alla cannibalizzazione dei servizi da parte degli operatori Over the Top. Questo settore investe circa 7 miliardi l’anno, su 30 miliardi di ricavi”.

Colpisce osservare come ormai non soltanto l’industria dei media tradizionali, ma ora anche l’industria delle telecomunicazioni tema le conseguenze della prepotenza economica dei “social network”: è una criticità importante e grave, che mette in discussione molti dei parametri classici dell’economia capitalista.

Assente Maurizio Costa, Presidente della Fieg – Federazione Italiana Editori Giornali, che ha inviato una traccia del proprio intervento (che è stato letto da Dario Di Vico), nel quale ha manifestato una lamentazione per la disattenzione che il Governo ed il Parlamento (e quindi anche Agcom) mostra rispetto alle varie sperequazioni ed asimmetrie che penalizzano l’editoria giornalistica in Italia.

Anche il rappresentante del settore più “antico”, ovvero le poste, ha manifestato critiche verso i nuovi “player”, focalizzando l’attenzione verso (contro) Amazon. Ha sostenuto Matteo Del Fante, Amministratore Delegato di Poste Italiane: “L’Italia è, dal punto di vista numerico e storico, indietro di 3 o 4 anni rispetto al resto d’Europa”, per numero di spedizioni di pacchi, specie di Amazon. In effetti, “siamo quasi ad un decimo di pacchi pro-capite sulla media europea”. Del Fante ha sottolineato che con Amazon sono in corso “conversazioni”, per trovare “l’assetto migliore per il consumatore”. Il manager non ha però nascosto che i rapporti con il gigante dell’e-commerce non sono semplici, tanto che certe volte si sente come… “la rana che aiuta a far saltare il fiume”, ma “rischia di essere punta dallo scorpione”. Efficace metafora, che riteniamo possa essere applicata a molte delle dinamiche in atto, nella rivoluzione digitale che sta sconvolgendo i mercati (e finanche le democrazie).

Unico relatore apparentemente ottimista a tutti i costi – anzi addirittura entusiasta – il rappresentante di Telecom Italia, e certamente questa euforia è codeterminata dalla recente sintonia tra il Governo, e specificamente il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, ed il gruppo di telecomunicazioni controllato da Vivendi (vicenda molto complessa, rispetto alla quale ci limitiamo a segnalare l’odierno editoriale del Direttore di “Key4biz”, Raffaele Barberio: “Scorporo Tim. Ecco gli ostacoli che ci separano da una vera separazione della rete di Tlc”). Non entriamo nel merito (eleganza) di intervenire in lingua inglese (comprendiamo la globalizzazione pervasiva ed il dominio dell’anglofonia, ma crediamo che una impresa che è italiana debba essere rappresentata – soprattutto se in un contesto così istituzionale – da un italofono): “Siamo in una fase entusiasmante, c’è bisogno di fare convergenza”, ha sostenuto Amos Genish, Amministratore Delegato di Telecom Italia, parlando delle nuove chance che il mercato delle comunicazioni sta vivendo. Così ha risposto a chi ritiene che ci sia bisogno in Italia di una migliore infrastrutture per la banda larga: “Non sono d’accordo con l’affermazione secondo cui la situazione non è buona. Tim ha portato avanti un’altissima percentuale di copertura”, che “è buona” (Tim da sola coprirebbe il 77 % della popolazione in “ultra broadband” fisso e 98 % in “lte”). In un settore come quello delle telecomunicazioni, dove si sta andando verso una “convergenza sempre maggiore” tra “over-the-top” e aziende di telecomunicazioni, “l’auspicio è che ci siano norme più leggere, che consentano a tutti di operare in maniera più attiva. Non è solo una questione di connettività, ma anche di servizi e di servizi innovativi, come ad esempio il 5G”. Per l’Ad di Tim, quella che abbiamo di fronte è una “fase entusiasmante, con una forte convergenza tra ott e telco”.

A margine del convegno, è stata registrata anche l’opinione (diplomatica?!) di Franco Bassanini, Presidente di Open Fiber. Ritiene che il piano di separazione della rete di Telecom Italia (Tim) sia una mossa importante, ma che, per dare al Paese un’infrastruttura di qualità, siano necessari altri passi. “Continuiamo col nostro piano industriale… quel che fa il nostro principale competitor ci riguarda fino a certo punto. Naturalmente, tutte le forme di sinergia e collaborazione sono utili a dotare il Paese di una infrastruttura performante: da questo dipenderà la crescita futura del Paese. Sono d’accordo che l’annuncio di Tim sulla rete è un passo avanti… naturalmente bisognerà farne tanti altri”. Bassanini si è detto in più occasioni favorevole a un‘integrazione tra il network Tim e Open Fiber, che sta realizzando una rete telefonica in fibra ottica con tecnologia “ftth”, alternativa a quella di Tim. Insomma, ipotizzare collaborazione tra Tim e Open Fiber è prematuro, ma mai dire mai…

Complessivamente, una autocelebrazione moderata, non esaltata (il che è positivo). Non si comprende perché non siano comunque stati coinvolti nel dibattito i nuovi “player”, ovvero proprio quegli “over-the-top” (Facebook, Google, Amazon…) che son parsi assenti fisicamente, ma comunque… sul “banco degli imputati”: non sono stati invitati da Agcom? oppure sono stati invitati, e non hanno accolto l’invito?!

Per stimolare una dialettica seria, si deve coinvolgere tutti… o no?!

Ed è mancata, ancora, la voce dei produttori di contenuto: d’accordo, anche Rai e Mediaset lo sono, ma forse sarebbe stato opportuno ascoltare anche i rappresentanti di Anica (produttori cinema) ed Apt (produttori televisivi), e finanche delle associazioni degli autori (dai 100autori ad Anac). I Presidenti delle due associazioni confindustriali, Francesco Rutelli e Giancarlo Leone, sono invece stati relegati tra il pubblico silente. E, ancora, del tutto assente la voce dei consumatori, dei fruitori, dei cittadini: perché non è stata data la parola, per esempio, al Consiglio Nazionale degli Utenti – Cnu, che pure in Agcom dovrebbe rappresentare giustappunto la voce dei cittadini?!

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