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Il web e le favole: l’importanza della lettura condivisa tra genitori e figli

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Per prevenire le conseguenze negative dell’uso improprio della tecnologia, che è condensato nel farlo da soli in periodi evolutivi precoci, senza l’accompagnamento, il supporto e la supervisione di adulti di riferimento responsabili e consapevoli, uno strumento elitario è la lettura condivisa.

Nell’era dello storytelling, dei post, degli innumerevoli commenti online, tutti sappiamo quanto la narrazione sia importante, ma spesso nella digitazione automatizzata e frenetica che ormai ci appartiene, dimentichiamo quanto per narrare, per raccontare e raccontarsi si abbia bisogno di creare nessi associativi, di legare il prima e il dopo, di riflettere sui comportamenti e sui pensieri dei tanti individui che incontrano nei nostri social tour.

Filo associativo di tante storie narrate che si apprende nell’infanzia,  dall’ascolto delle parole, delle storie e dei racconti, delle avventure dei nostri personaggi preferiti che prendono forma e si animano nell’interpretazione, mai deludente, dei miglior attori sulla scena della mia vita: i miei genitori, i miei nonni, i miei cari maestri.

In passato la lettura dei greci e dei latini era considerata primaria per la formazione delle nuove generazioni. Nel secolo scorso i romanzi ottocenteschi erano delle vere . e proprie bussole di orientamento per la crescita dei ragazzi. Momenti di scoperta e di incontro che hanno cementato le relazioni tra adulti e bambini, insegnanti e alunni, personaggi e personalità. Quanti di noi si sono ritrovati a riprendere in mano un libro, a sfogliarne le pagine e a ripercorrere la prima lettura che ci ha forgiato il passo per andare avanti, con il coraggio derivato dall’emulare il nostro protagonista preferito, con una quota di sicurezza in più? E quanti adulti hanno ripreso in mano un vecchio libro per donarlo con amore ai propri figli come dono prezioso per aiutarli a crescere?

Oggi tuttavia, nell’era digitale proprio nel momento in cui la ricerca scientifica ha dimostrato il ruolo positivo della lettura per lo sviluppo psicologico ed emotivo e il benessere mentale, assistiamo, a volte ancora increduli e poco speranzosi, al declino dell’interesse dei nostri ragazzi per il libro, per pagine di carta che sono state sostituite in modo rapidissimo ed imprevisto dalle pagine web. Si legge meno in generale, anche per gli adulti, si passa più tempo nel seguire le attività in rete, e soprattutto i libri vengono considerati meno uno strumento, un’opportunità al servizio di un percorso di crescita personale.

Eppure il Social per eccellenza Facebook, sprona come prima attività di pagine a raccontare agli utenti, agli amici “A cosa stai pensando“?

Per farlo devo avere un pensiero, devo avere la capacità di saper raccontare agli altri cosa accade, saper cogliere emozioni, e nessi associativi che nel bilancio dei pro e contro della digitalità vengono in realtà stravolti dai dati.

Stiamo assistendo ad un impoverimento dell’empatia, così come ad un’incapacità di annoiarsi, motore leva della creatività e dell’ingegnosità, della capacità di conservare informazioni nella memoria a lungo termine, di fare nessi associativi, di comunicare vis a vis ma anche di confrontarci realmente con l’altro. Se questa la palestra delle interazioni reali non viene attivata all’interno della famiglia assisteremo sempre di più a deterioramento della capacità di comprendere ed entrare in sintonia con l’altro e la cassa di risonanza del web amplificherà tale mancanza con le conseguenze che ciò comporta.

Capacità di narrare, di raccontare e di raccontarsi, che è una delle attività che in rete domina sotto forma di immagini, e storie (filmati) che possono essere da una parte comprese nella giusta considerazione e nel giusto format ideativo e dall’altro condensate in uno spazio che ha bisogno del racconto vero e delle parole per essere ascoltato.

Se parlo, se ascolto, se mi metto nei panni di Pinocchio, Lucignolo, Alice e qualcuno mi spiega quello che accade allora da grande riuscirò a leggere meglio determinati comportamenti postati in rete e anelerò un confronto diretto e l’ascolto di parole a supporto delle storie per cercare di comprendere meglio qualcosa che non capisco e che ha bisogno della traduzione reale/empatica per essere decifrato.

Mi riferisco in questo caso alle tante interpretazioni fallaci rispetto ai messaggi che si trasmettono, ma anche alla comprensione delle storie e alla traduzione screenshottiana che perseguiamo nella richiesta di lettura tramite i tanti screenshot che inviamo ad  amico assoggettato ad interprete e traduttore dei nostri desiderata relazionali.

Per prevenire le conseguenze negative dell’uso improprio della tecnologia, che è condensato nel farlo da soli in periodi evolutivi precoci, senza l’accompagnamento, il supporto e la supervisione di adulti di riferimento responsabili e consapevoli, uno strumento elitario è la lettura condivisa.

Anche il libro come qualsiasi altro strumento di conoscenza deve essere presentato al bambino e chi può farlo meglio di coloro che si prendono cura di lui: i genitori.

La lettura è uno strumento indispensabile di crescita personale e anche di transitoria evasione dalla realtà, come un sogno ad occhi aperti, permette di staccare e riflettere, senza perdersi nello schermo interattivo che a volte può farci correre il rischio di disperderci.

Se volessi fare un viaggio nel mondo delle fiabe credo che i genitori trasportati del “Mondo di OZ” devono affrontare questa nuova sfida con il cuore, il cervello e il coraggio.

Cuore perché la sintonizzazione affettiva con il bambino, e le relazioni che si instaurano con lui nell’ambiente di crescita familiare, con nonni, fratelli, zii, cugini, rappresentano il  primo veicolo per portarlo su una traiettoria di sviluppo sana in cui la tecnologia è inserita come strumento e non sostituto di attenzioni. Cervello perché gli adulti devono iniziare ad assumersi la responsabilità di crescita che tiene conto del loro ruolo di protagonisti attivi nell’educazione digitale, in collaborazione la scuola che supporterà il pecorso narrativo e di conoscenza di nuovi processi di apprendimento, e coraggio perché questa avventura presuppone il superamento della sfida che i genitori 2.0  debbono affrontare nell’assunzione di tale ruolo teso allo sviluppo di una vera e propria genitorialità digitale in cui le vecchie modalità si integrano e tengono conto dell’unione interattiva tra due modalità diverse di gestione della realtà: quella analogica e quella digitale nella costante compresa dell’onlife.

Per fare bene si deve partire bene.

Anche se ci sono APP che contengono straordinarie e potentissime collezioni di fiabe, raccontate da voci narrate di attori coinvolgenti e corredate da immagini bellissime per i vostri bambini voi genitori, continuate ad essere gli attori migliori.

I momenti di gioco e di narrazione digitale possono e devono esserci perché costituiscono tasselli educativi necessari ad una corretta traiettoria evolutiva che tiene conto dell’integrazione tra mondo reale e digitale, ma non dimentichiamo mai che debbono essere alternati con altre forme canoniche di gioco che prevedono attività motorie e interazioni umane.

Si può leggere la fiaba, ritrovarla nelle app, differenziare le due modalità di espressione, i due momenti diversi, lasciare traccia del prima, del dopo e del come, chiudere tablet e andare a vivere l’avventura nel parco con i compagni ripercorrendo emozioni che abbiamo imparato da chi ha appreso prima di noi e che ci ha tramesso con il CUORE.

Prima che i ragazzi  possano sviluppare “quel pensiero narrato” , di cui parla lo psicologo statunitense Jerome Bruner, che potranno anche depositare sulle pagine dei social, devono poter ascoltare storie e narrazioni dai loro eroi adulti di riferimento. Voci narranti che esprimono affetto, considerazione, cura, amore e che nel girare le pagine del libro, nell’indicare l’orsetto, l’apina, le fate, inaugurano la strada verso la comprensione dell’altro e degli stati d’animo dell’altro..

Un filo associativo che si snoda nel tempo e che ancora oggi, ribadisce il primato della parola, come svelamento e costruzione simbolica  di significati alla base della prevenzione dell’analfabetismo emotivo, rischio generazionale di chi non è stato abituato ad ascoltare storie.