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Il voto elettronico? Un rischio per la democrazia. Il punto di vista scientifico

Le comunità scientifiche italiane dell’informatica (GRIN) e dell’ingegneria informatica (GII) hanno recentemente preso una chiara posizione in merito al voto elettronico. Il riferimento è il decreto ministeriale di luglio 2021 che introduceva la sperimentazione di modalità di votazione via Internet attraverso un’app.

Si tratta di una proposta che periodicamente si riaffaccia in diversi paesi del mondo per – come sempre si dice in casi di questo genere – “aiutare la democrazia”, incrementando la partecipazione al voto, impedendo brogli, diminuendo i costi e rendendo le procedure elettorali più veloci ed efficienti. La realtà è purtroppo ben diversa e la mozione approvata dalle assemblee del GII (il 16 novembre) e del GRIN (il 29 ottobre), a larghissima maggioranza (solo qualche decina di astensioni su quasi 1.600 professori e ricercatori di ruolo in totale negli atenei italiani), argomenta sinteticamente perché questa è una cattiva idea. Senza assumere un atteggiamento fideistico, ma portando evidenze raccolte dalla comunità scientifica internazionale. Ne avevo discusso in precedenti occasioni, qui, qui e qui, in ordine di tempo, con riferimento ad un panorama robusto e coerente di critiche provenienti da tutto il mondo.

Aggiungo che alcune soluzioni tecnologiche intrinsecamente pericolose per la società, quali – per fare un paio di esempi recentemente dibattuti – il riconoscimento facciale in luoghi pubblici e le armi letali autonome, andrebbero esplicitamente vietate. Il che non esclude che si possa fare sperimentazione e ricerca su alcuni aspetti, ma avendo ben chiaro in mente che i possibili costi sociali rendono impraticabili quelle soluzioni. Ovvio che ci sarà sempre qualcuno che per interesse (dei finanziamenti associati alle sperimentazioni) o per visibilità (come le recenti vicende delle virostar televisive hanno mostrato) si farà avanti sostenendo che tali soluzioni vanno comunque investigate a fondo “per capire meglio”. Però, penso che l’esempio magnificamente illustrato da Walt Disney nell’episodio “L’apprendista stregone” del cartone “Fantasia” sia sufficiente ad illustrare con chiarezza i rischi di questo approccio, considerato che nella realtà non c’è un Maestro che ritorna per rimettere a posto una situazione fuori controllo.

Gli articoli scientifici offrono uno scarso supporto alle motivazioni usate da chi vuole introdurre il voto via Internet e la mozione approvata fa anche riferimento ad un esteso compendio delle problematiche incontrate dall’utilizzo della tecnologia digitale nel contesto elettorale. L’uso di modalità online di votazione ha un effetto minimo oppure nullo in pratica, come evidenziato da diversi studi. Uno è stato realizzato in Svizzera, con votazioni reali, per più anni (2003-2016 per Ginevra e 2005-2011 per Zurigo) e non ha mostrato alcuna influenza sulla partecipazione. Uno studio del 2014 relativo al Belgio ha evidenziato un leggero decremento. Uno studio canadese del 2020 ha evidenziato un leggero incremento concludendo, però, che «non era la soluzione per aumentare la partecipazione al voto». Studi sulle elezioni in Estonia hanno evidenziato che l’incremento di partecipazione era proporzionale al livello economico e di istruzione. Il pericolo quindi, di perdita di interesse al voto da parte di alcune fasce della popolazione è reale.

D’altro canto, le conseguenze negative cui un Paese viene esposto in caso di problemi nel funzionamento di una procedura di voto via Internet sono tali da rendere questa scelta difficilmente giustificabile. L’osservazione principale che viene utilizzata a sostegno del voto elettronico è che anche nel commercio elettronico e nell’online banking si verificano dei fallimenti ma questo non ci impedisce di usarli. Ciò è vero, ma tali malfunzionamenti determinano conseguenze puramente economiche che possono essere tenute presenti nella gestione di tutto il sistema sotto forma di costi aggiuntivi, come in realtà avviene con il meccanismo delle commissioni applicate a tutte le transazioni. È stato stimato che in tale area circa l’1% del volume economico scambiato serve per coprire i fallimenti. Ma mentre un simile margine può essere accettabile in ambito economico-finanziario, pensate voi che su 40 milioni di votanti avere 400mila voti (cioè l’1%) espressi in modo errato o truffaldino sia un “malfunzionamento” tollerabile? Anche una percentuale di errore di 1 su 10.000, corrispondente a soli 4 mila voti può decidere il futuro politico di un Paese.

Inoltre, le transazioni economico-finanziarie sono molto meno ristrette del voto: chiunque, purché abbia la disponibilità di un mezzo di pagamento elettronico, può operare quante volte vuole, indipendentemente dall’età o dalla nazionalità. Nel voto, invece, è necessario accertarsi che solo coloro che sono titolari del diritto di elettorato attivo esprimano effettivamente il loro voto, ma senza che sia possibile ricondurlo all’identità di chi lo ha espresso, ed in modo che ogni votante, indipendentemente dal suo livello di preparazione tecnica sia in grado di comprendere e ritenere regolare l’intero processo.

La mozione approvata dagli informatici italiani, oltre a ricordare le problematiche tecniche legate all’utilizzo di modalità di voto via Internet, discute anche questo rilevante aspetto sociale (ricordando un’importante sentenza del 2009 della Corte Costituzionale tedesca in questa direzione, che rappresenta una pietra tombale sulle velleità dei tecno-fanatici “dottor Stranamore”) e si conclude con queste parole: «riteniamo quindi che introdurre l’uso di sistemi di voto elettronico nelle elezioni politiche rischi di mettere a repentaglio le basi fondanti della nostra democrazia».

Come si dice sinteticamente in questi casi “la carta è la soluzione, non il problema”: la comunità italiana degli informatici universitari ritiene che un voto espresso su scheda cartacea sia ancora oggi il mezzo tecnologico più sicuro e affidabile che abbiamo a disposizione per le elezioni.

Non una verità rivelata, ma un’opinione razionalmente argomentata, a proposito della quale sarebbe auspicabile che si esprimessero anche colleghi universitari di altra estrazione culturale, dal momento che la fiducia nel processo elettorale è uno dei pilastri fondanti della democrazia, al di là di ogni questione specialistica. Hanno già espresso il loro sostegno due eccellenze della ricerca scientifico-tecnologica italiana in ambito informatico, il Laboratorio Nazionale di Cybersecurity e il Laboratorio Nazionale “Informatica e Società” del CINI, il Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica.

Le associazioni scientifiche che volessero unirsi alla nostra posizione ed aderire alla mozione possono scrivere ai presidenti di GII e GRIN.

(I lettori interessati potranno dialogare con l’autore, a partire dal terzo giorno successivo alla pubblicazione, su questo blog interdisciplinare.)

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