Mercoledì di Rochester

Il Re è stanco

di James Hansen |

Prima le conseguenze della crisi del 2008, poi gli effetti della pandemia e della guerra in Ucraina, hanno fatto crollare negli anni il tasso di produttività in Gran Bretagna, superata da diversi Paesi europei, tra cui l’Italia.

James Hansen

Malgrado la recente incoronazione del suo nuovo Re, Carlo III, la Gran Bretagna sta subendo una grave crisi d’identità nazionale, specialmente a livello economico. Nei tre decenni che hanno preceduto il ‘fatidico’ crollo economico del 2008 il tasso di produttività per lavoratore nel Paese è aumentato mediamente del 2,5% annuo: da allora non si è più schiodato dallo 0,5% l’anno.

Tra gli effetti della scarsa performance economica britannica, ne esiste uno che riguarda in modo particolare l’Italia. Il Belpaese per tradizione è sempre stato considerato una nazione ‘pigra’. Da qualche tempo, però, l’Italia è diventata marcatamente più produttiva della ‘perfida Albione’. Secondo dati dell’Office of National Statistics – l’Istat britannico – rielaborati dal Daily Telegraph, la produttività per lavoratore nel Regno Unito è ormai superata da altri quattro paesi del G7 – gli Usa, la Francia, l’Italia e la Germania. Infatti, secondo i dati inglesi, la produttività per lavoratore in Italia avrebbe anche superata quella dei tedeschi.

Tutto questo probabilmente è dovuto al fatto che gli italiani ‘faticano’ di più. Secondo dati Ocse del 2021, i lavoratori italiani lavorerebbero mediamente circa 1.660 ore l’anno e gli inglesi solo 1.497. Per avere dei termini di paragone, sempre secondo l’Ocse, i tedeschi nell’anno lavorano 1.340 ore e gli statunitensi 1.773.

Certo, dipende anche da cosa si fa in tutte quelle ore. È un po’ lì che casca l’asino britannico. Secondo un’indagine di Salary.com citata dalla stampa inglese, l’89% degli impiegati confessa di perdere tempo in ufficio, con quasi i due terzi che riconoscono di sprecare fino a un’ora al giorno. Oltre a questo, comincia a serpeggiare nel Regno Unito anche la convinzione che – visti gli alti livelli di tassazione e, tra le donne, i costi stratosferici dei nidi e degli asili – tutto sommato non valga proprio la pena di lavorare, punto.

Non è che in Italia non si sprechi tempo sul lavoro, ma davanti all’evoluzione economica delle due nazioni, la stampa inglese dovrà forse riconsiderare la sua antica tradizione di caratterizzare la penisola sempre come il Paese del ‘dolce far niente’…