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Il prezzo del pane vola a +18%, record in Europa

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Nel 2022 un nucleo di 4 persone per comprare gli spaghetti, il pane e tutti gli altri prodotti a base di cereali e grano spenderà 175 euro in più rispetto al 2021.

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Il prezzo del pane in Europa continua a salire e di tanto. In media l’aumento nei paesi Ue è stato del 18% con picchi enormi come in Ungheria dove una pagnotta da un chilo, come mostra il grafico in apertura, oggi costa fino al 65,5% in più. L’aumento del prezzo del pane registrato in Italia è invece del 13,5%, un incremento che costerà alle famiglie italiane 900 milioni di euro. Nel 2022 un nucleo di 4 persone per comprare gli spaghetti, il pane e tutti gli altri prodotti a base di cereali e grano spenderà 175 euro in più rispetto al 2021.

Quanto costa un chilo di pane? A Milano 4,46 euro

A Milano il pane costa il doppio che a Napoli. Per la precisione sotto il Duomo una pagnotta da un chilo costa in media 4,46 euro. Va peggio a Bologna, qui per un chilo di pane dobbiamo sborsare fino 4,91 euro, mentre a Palermo costa in media 3,89 euro al chilo. E’ quello che emerge dal report di Coldiretti di luglio 2022. Il prezzo dell’ingrediente principale di ogni mensa, pranzo o convito che dir si voglia, registra prezzi ancora da “bene primario” a Napoli, dove un chilo di pane costa 2,16 euro e a Roma 2,92 euro. In generale  il prezzo medio del pane in Italia si aggira intorno a 5,31 euro al chilo con punte di 9,8 euro al chilo.

Quanto costa un chilo di grano? 40 centesimi

Un chilo di grano tenero viene pagato agli agricoltori intorno ai 40 centesimi e serve per produrre un chilo di pane. Ma quindi il grano costa ancora poco? La risposta è si, infatti l’aumento del costo del grano (e della farina) incide solo per il 10% sul prezzo del pane. A pesare sull’aumento del prezzo del pane non è tanto il costo della farina quindi ma il caro energia, l’affitto degli immobili, il prezzo per il trasporto e il costo del lavoro piuttosto che la materia prima agricola, il grano appunto. Facciamo luce anche su un altro punto, l’Italia non è dipendente dall’importazione di grano russo e ucraino.

L’Italia importa il grano principalmente dal Canada, 46%

Non siamo solo uno dei più grandi produttori ed esportatori di grano duro, siamo anche dei forti importatori del prezioso cereale. Tuttavia dalla Russia e dall’Ucraina ne importiamo pochissimo, meno del 3%. Discorso diverso per quanto riguarda le importazione dal Canada 46%, dalla Grecia 8%, dagli Usa 7% e dalla Francia 7%. Le importazioni dell’Italia quindi, complessivamente, sono si molto consistenti e rappresentano circa il 60% degli utilizzi interni ma non sono influenzate dall’arresto delle derrate provenienti dall’Europa dell’Est.

Grano ucraino, il Medio Oriente e il Nord Africa rischio carestia

Discorso diverso per quei Paesi che sul grano ucraino e russo basano praticamente tutta la produzione interna di pane. Come l’Egitto, primo importatore al mondo di grano. Il Paese guidato dal presidente Abdel Fattah al-Sisi, che a novembre ospiterà la Cop27 (la conferenza Onu sul clima), dipende dal grano russo per il 50% e per il 30% da quello ucraino. Forti problemi di approvvigionamento di grano riguardano anche la Libia che importa dall’Ucraina il 50% del fabbisogno di grano. In generale il rischio carestia è reale per tutti i Paesi dell’area del Medio Oriente e del Nord Africa, nazioni che consumano il doppio del pane rispetto all’Europa e per i quali il prezioso alimento non è solo un accompagnamento del pasto ma, in molti, casi il pranzo stesso.

Per questa ragione, per evitare che interi Paesi sprofondino nella carestia, l’Onu è riuscito con la mediazione della Turchia ha portare Russia e Ucraina alla firma di un trattato per assicurare il transito nel Mar Nero delle navi impegnate nell’esportazione di cereali, prodotti alimentari e fertilizzanti.

Black Sea Grain Initiative, l’accordo Russa-Ucraina per l’export di grano

E’ stato definito dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres un “accordo senza precedenti”, ed è proprio cosi. Perché il Black Sea Grain Initiative, l’accordo sulla ripresa delle esportazioni di grano ucraine attraverso il Mar Nero nel mezzo della guerra in corso è “un faro di speranza in un mondo che ne ha un disperato bisogno”.

Il piano delle Nazioni Unite, siglato il 27 luglio a Istanbul, apre la strada non solo al grano ma anche ai fertilizzanti russi, necessari ai Paesi medio orientali per aumentare la produzione interna del cereale. La ripresa dell’export russo e ucraino grazie all’accordo delle parti che s’impegnano a non intraprendere alcun attacco contro le navi mercantili (che procederanno attraverso il corridoio umanitario marittimo “controllato” dalla Turchia) aiuterà a stabilizzare la spirale dei prezzi alimentari in tutto il mondo e a evitare la carestia.

I dati si riferiscono al: 2022

Fonte: Eurostat, Coldiretti, Onu