il confronto

Il PNRR di Draghi e quello di Conte: il confronto

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Non sono tante, ma significative. Sono le differenze tra il Pnrr dell’Italia di Mario Draghi e quello impostato dal precedente governo, quello di Giuseppe Conte. Abbiamo letto il nuovo Pnrr, appena approvato da Camera e Senato, e le bozze precedenti. Ecco cos’è cambiato nelle ultime settimane.

Non sono tante, ma significative. Sono le differenze tra il Pnrr dell’Italia di Mario Draghi e quello impostato dal precedente governo, quello di Giuseppe Conte. Abbiamo letto il nuovo Pnrr, appena approvato da Camera e Senato, e le bozze precedenti. Ecco cos’è cambiato nelle ultime settimane.

Il PNRR di Draghi
Il PNRR di Conte

Dove vanno i soldi del Pnrr secondo Mario Draghi

Innanzitutto cambia la distribuzione delle risorse. Il Pnrr scritto dai ministri del governo Draghi e da questi approvato incrementa il fondo complementare governativo, ovvero le risorse stanziate dal governo italiano e non dalla Commissione Europea, che diventa di 31 miliardi. Aggiungendo a questa somma anche React Eu, ovvero fondi  di breve periodo soprattutto nell’ambito della coesione e dell’inclusione, si arriva a 235,14 miliardi contro i 223,91 di gennaio.

Pnrr e missioni, le differenze tra Draghi e Conte

Anche all’interno del Pnrr dell’Italia di Mario Draghi ad assorbire la maggioranza relativa dei fondi Pnrr è il tema dell’ambiente. Nello specifico la Rivoluzione verde e la Transizione ecologica, come viene definita la missione che lo riguarda. Vi saranno destinati 69,96 miliardi, il 29,7% del totale. Si tratta però di un po’ meno di quanto la bozza di Conte di gennaio riservava a questo capitolo, allora si era arrivati al 31,2%, ovvero 69,8 miliardi su 22,91.

Più soldi alla digitalizzazione e alla cultura

Al contrario la missione riguardante Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura, è leggermente potenziata dal Pnrr di  Draghi. A essa va il 21,3% contro il 20,7% della bozza precedente, ovvero 50,07 miliardi sui 235,14 contro 46,3 su 223,91. Una differenza molto più decisiva è quella che riguarda l’Istruzione e la Ricerca che nel piano attuale assorbe il 14,4% dei miliardi del Recovery Fund, 33,81 miliardi, mentre il governo Conte vi destinava solo il 12,7%, ovvero 28,49 miliardi. In particolare è stata aumentata la componente riguardante il potenziamento delle competenze e il diritto allo studio.

Ridotti i fondi del Pnrr dell’Italia per la mobilità sostenibile

Di conseguenza vi sono dei tagli su altre missioni. Per esempio quella riguardante le Infrastrutture per una mobilità sostenibile, la cui fetta passa dal 14,3% al 13,4%, venendo quindi superata quanto a risorse allocate, da istruzione e ricerca. Quasi a voler segnalare che l’infrastruttura più importante è in realtà ritenuta la competenza e il capitale umano. Aumenti delle quote dei prestiti e delle sovvenzioni in arrivo interessano anche Inclusione e Coesione, cui andranno il 12,6% e non più il 12,3% delle risorse, mentre per la Salute, che passa dall’8,8% all’8,6%, c’è un taglio.

Le basi del Pnrr dell’Italia, ecco perché è necessario

Il governo ha voluto inserire all’inizio del piano alcuni dati e numeri riguardanti lo stato di salute dell’Italia da un punto di vista strutturale, quindi al di là della crisi scatenata dalla pandemia nell’ultimo anno e che mostrano il motivo per cui si deve agire.

E infatti viene citato l’indice Desi (Digital economy and society index) che misura quanto si è avanti o quanto si è in ritardo (ed è il caso dell’Italia) nel campo dell’adozione digitale e dell’innovazione tecnologica. L’Italia è quartultima nella Ue, solo Grecia, Romania e Bulgaria sono più indietro, soprattutto per quanto riguarda il capitale umano, ovvero le competenze tecnologiche dei cittadini, che negli ultimi anni non sono progredite, anche se si è accresciuta la connettività. Da qui l’esigenza di insistere ancora di più su queste rispetto alle infrastrutture fisiche.

Ancora poche ferrovie in Italia

Un altro dato strutturale riguarda poi l’ambiente, è quello sul numero di automobili ogni mille abitanti, 663, contro le 574 della Germania e le 482 della Francia. Che fa il paio con una ridotta estensione della rete ferroviaria, con 28 km ogni 100 mila abitanti contro i 41 francesi e i 47 tedeschi. Da qui l’urgenza di aumentare la mobilità green, in treno, a spese di quella con le auto.

Peraltro i fondi del Pnrr sono quelli che finanzieranno progetti già in corso d’opera, in ambito ferroviario. Si tratta dell’Alta velocità in Liguria e della linea Brescia-Venezia. Il valore delle due opere è di 837 milioni di euro.

Qual è la struttura del Pnrr dell’Italia

Il Pnrr dell’Italia ha una struttura “a cascata”, cioè i fondi sono ripartiti in diversi capitoli che via via diventano più dettagliati. A capo di tutta la struttura ci sono 6 Missioni che si suddividono a loro volta in Componenti le quali si suddividono ulteriormente in 25 Investimenti e in 27 Riforme. Alla base della piramide (in realtà il piano è ancora più dettagliato) ci sono i 150 Progetti che identificano più precisamente quanto, come, e quando i fondi è previsto vengano investiti.

Una parte di questi, per esempio, sono destinati al Superbonus Pnrr per le ristrutturazioni edilizie che già sta dando impulso al settore. Un’altra parte dei fondi Pnrr dell’Italia verranno usati per nuove assunzioni nella Pubblica amministrazione che, bisogna tener presente, saranno tutte a tempo determinato. Un’altra parte, per esempio è destinata per incentivare l’assunzione di donne sia nel settore pubblico che privato.

I tempi del Pnrr dell’Italia

Il piano nazionale di ripresa e resilienza è stato approvato da Bruxelles e quindi può ritenersi operativo a tutti gli effetti. Ad agosto Bruxelles ha stanziato i primi 25 miliardi dei fondi Pnrr, 15 dei quali dovranno essere impiegati entro il 31 dicembre. “Impiegati” non vuol dire “spesi”, ma vuol dire che devono essere, per esempio, bandite gare o deciso interventi per l’ammontare, appunto, di 15 miliardi.

Abbiamo solo 5 anni di tempo

Il punto critico è il tempo che ci è stato dato per spendere la mole di miliardi che abbiamo a disposizione. Il regolamento del Pnrr prevede, infatti, che tutti i soldi debbano essere impiegati, appunto, non spesi, entro 5 anni, cioè entro il 2026. Estremamente difficile che ciò possa accadere, anche se si procedesse in velocità e tutti gli interventi di digitalizzazione e sburocratizzazione previsti andassero in porto. E’ quindi probabile che, come già succede da decenni con i fondi europei, si ottenga una proroga per poterli investire tutti. Considerando anche il fatto che l’Italia è il Paese europeo che, in termini assoluti, ha ricevuto più risorse di tutti.

I dati si riferiscono al 2021

Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri