vasto problema

Il misterioso mondo dei festival italiani: sono circa 2.000, ma nessuno (nemmeno il Ministero) li ha mai mappati e studiati

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Il Meeting delle Etichette Indipendenti (Mei) chiede al Ministero della Cultura di riconoscere i festival di musica popolare contemporanea con almeno 25 anni di attività, ma il problema è ben più vasto.

Da molti anni, lavoriamo ad un progetto di mappatura accurata, approfondita, aggiornata, di tutti i festival italiani, ed anche su queste colonne abbiamo evidenziato il “deficit cognitivo” che ancora caratterizza queste attività in Italia, nonostante alcune iniziative (vedi tra l’altro “Key4biz” del 13 ottobre 2020, “Festa del Cinema e Mia al via. Ma a cosa servono queste kermesse?”). L’iniziativa IsICult si intitola “Mappatura sistematica interattiva di tutti i festival italiani. Un’indagine interdisciplinare: culturologica, sociologica, economica. Progetto di censimento organico, di ricerca ricognitiva e di monitoraggio critico”.

La questione riemerge, una volta ancora, alla luce di una presa di posizione assunta sabato scorso 8 gennaio 2022 dal Meeting delle Etichette Indipendenti (Mei) di Faenza, con il patrocinio e il sostegno del circuito del Coordinamento StaGe! e Indies (con oltre 100 realtà associate), delle associazioni AudioCoop (produttori ed editori indipendenti), Aia (Artisti, musicisti e autori indipendenti ed emergenti), Rete dei Festival (festival e “contest” di tutta Italia): questa pluralità di soggetti (che in una riunione del 5 gennaio hanno rinnovato i propri vertici associativi) chiede l’introduzione nel quadro normativo del riconoscimento giuridico dei “Festival Storici” per “le realtà extra Fus da fare entrare poi strutturalmente all’interno del Fus”. Si ricorda che “Fus” è l’acronimo di “Fondo Unico per lo Spettacolo”, uno degli strumenti normativi attraverso i quali il Ministero della Cultura sostiene il settore. Nel 2021, lo Stato italiano ha iniettato nel sistema dello spettacolo circa 600 milioni di euro, e 750 milioni nel sistema cinematografico ed audiovisivo, come ha recentemente rivendicato lo stesso titolare del Mic Dario Franceschini: complessivamente quasi 1,4 miliardi euro. Le briciole di questo sostegno pubblico vanno ai festival.

I “Festival di Musica Popolare Contemporanea” storici, proprio come i club, le sale cinematografiche, teatrali o da concerto, e come i festival di musica classica e lirica, rappresentano senza dubbio luoghi di creazione e diffusione di valore sociale, artistico e culturale, oltre che elementi di condivisione di una comunità, specialmente nel periodo primavera ed estate e di forte traino economico e turistico di un territorio e forniscono una forte identità ai luoghi stessi spesso virtuosamente creatori di una economia di grande rilievo. 

Questa l’istanza del Meeting delle Etichette Indipendenti e degli aderenti all’iniziativa, che reca la firma di Giordano Sangiorgi (fondatore del Mei): “chiediamo al Governo e al Parlamento di riconoscerli ufficialmente e giuridicamente – quelli con almeno 25 anni di storia e di attività ininterrotta alle spalle – nel nostro quadro normativo, riconoscendo insieme a loro tutta la filiera che li realizza e sostiene, oltre gli organizzatori, le agenzie, i promoter, gli artisti, i quadri tecnici, etc. –  significherebbe identificare le singole realtà all’interno delle categorie extra Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo) e poterle sostenere economicamente in modo costante e continuato durante tutto l’anno”. 

L’importanza che rivestono i ruoli di Festival di musica pop, rock, d’autore, rap, elettronica, folk, jazz, world, blues, contemporanea e di altri generi e stili è stato ampiamente dimostrata nell’estate appena trascorsa, con i “sold out” in ogni evento, nel massimo rispetto delle regole anti-pandemiche, “facendo crescere così l’arte, il territorio e il benessere complessivo di una comunità”.

Il Mei chiede che il Governo si impegni a “salvaguardare questi importanti presidi di comunità, volti tra l’altro anche a valorizzare spesso attraverso contest i giovani talenti del nostro territorio, come è accaduto recentemente solo per fare un esempio – ma questi esempi sarebbero centinaia –  grazie al positivo circuito virtuoso tra il contest studentesco Pulse a Roma e il festival indipendente Mei a Faenza per i Maneskin”.

Viene richiesta l’istituzione di una apposita commissione ministeriale nazionale e di apposite commissioni regionaliche individuino i criteri identificativi e i requisiti di accesso per il riconoscimento giuridico e il sostegno economico delle singole realtà. È stata già inoltrata una richiesta in tal senso anche alla Regione Emilia-Romagna e sarà indirizzata anche a tutte le altre regioni, chiedendo di attivare anche gli stessi riconoscimenti per i “club live” e con particolare riferimento ai club live storici sempre con almeno 25 anni di attività ininterrotta.

Secondo i promotori dell’iniziativa i festival che potrebbero rientrare in questo “status” di kermesse storiche sarebbero “almeno circa 100”.

L’istanza del Mei è condivisibile, ma andrebbe “estesa” anche a tutti gli altri settori: cinema, teatro, ed altre arti.

Non esiste in Italia una mappatura accurata ed affidabile di tutte le kermesse festivaliere

E qui si torna a bomba: esiste in Italia una mappatura accurata, ben strutturata metodologicamente, affidabile di tutte le kermesse festivaliere? 

La risposta è no. 

Nemmeno il Ministero della Cultura dispone di un simile database.

Questo buco cognitivo è dovuto alle seguenti due principali ragioni:

  • il Ministero della Cultura ha informazioni riguardanti soltanto le iniziative che sostiene, ovvero i festival che accedono alle sovvenzioni delle due direzioni generali più direttamente competenti in materia, ovvero la Direzione Spettacolo (teatro, musica, danza, circhi e spettacoli viaggianti) e la Direzione Cinema e Audiovisivo; queste kermesse beneficiano dei fondi previsti dal Fus (Fondo Unico dello Spettacolo), istituito nel lontano 1985 (la legge n. 163/1985, che reca la firma del compianto Ministro socialista Lelio Lagorio), e, dal 2017, del Fondo Cinema e Audiovisivo (istituito con la legge n. 220 del 2016 che reca la firma del Ministro piddino Dario Franceschini), e possono beneficiare anche dei fondi per i cosiddetti “progetti speciali”, di cui ai diversi avvisi promossi dalle due direzioni (vedi, in argomento, da ultimo, “Key4biz” del 5 gennaio 2022, “Nuovo bando ‘progetti speciali’ della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero da 1,5 milioni di euro”);
  • il Ministero non sa nulla, o comunque sa assai poco, dei festival che non sono sovvenzionati dal Mic. Si tratta di centinaia e centinaia di iniziative, su tutto il territorio nazionale: sono i festival che hanno bussato alla porta del Ministero, e non sono stati sostenuti, e sono anche i festival che non hanno bussato alla porta del Ministero della Cultura e che hanno beneficiato di soltanto finanziamenti delle Regioni e dei Comuni, o di altri soggetti pubblici e privati (per esempio, le ex fondazioni bancarie)…

Non esiste un database che consenta di “fotografare” questa realtà, ricca e plurale (in termini sociali ed economici, oltre che culturali), radicata nel territorio. 

Essa sfugge quindi alla possibilità di ideare politiche organiche di sostegno a queste iniziative. 

Riteniamo che il Ministero della Cultura debba sviluppare un ragionamento critico sull’insieme dei festival italiani, anche per una revisione radicale delle forme e dimensioni del proprio intervento nel sistema, che sia finalmente basato su criteri tecnici trasparenti e meritocratici. Finalmente superando le ancora prevalenti nasometrie e discrezionalità.

Stime IsICult: un “mondo sommerso” (mai adeguatamente esplorato) di circa 2.000 festival in tutta Italia

Secondo le stime dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult, si tratta di un “mondo sommerso” (“sommerso” perché non è mai stato oggetto di studi approfonditi, se non per segmenti settoriali assai parziali), formato da un insieme di circa 2.000 festival in tutta Italia, che coinvolgono decine e decine di migliaia di professionisti, organizzatori culturali, artisti (senza dimenticare le ricadute a livello di turismo culturale ed artistico)… 

Quella stima di “almeno circa 100 festival” evocati dalla richiesta del Mei di sabato scorso conferma la quantificazione IsICult.

A conferma del livello dimensionale stimata, possono essere portate anche altre fonti.

Alcune associazioni di festival italiani: dall’Afic a ItaliaFestival, da I-Jazz a Riff…

Basti pensare che l’unica associazione che riunisce i festival cinematografici, l’Associazione Festival Italiani di Cinema – Afic (fondata nel 2003 e presieduta da Chiara Valenti Omero), è formata da 92 realtà, e soltanto una parte di queste rientra nella “eletta schiera” di quelle sovvenzionate dalla Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero. Quanti sono i festival cinematografici, in tutta Italia, che “sfuggono” al sostegno (e quindi all’anagrafe) del Ministero e/o che non sono associati all’Afic? Non è dato sapere…

Si ricordi che esiste anche una storica associazione, fondata nel 1987 nell’ambito dell’Agis (la confindustriale Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), ItaliaFestival (presieduta da Francesco Maria Perrotta) cui aderiscono attualmente 37 festival e 7 “reti di festival”. Si tratta di iniziative che l’associazione “multidisciplinare” definisce “i più prestigiosi”.

Si ricordi anche I-Jazz (presieduta da Corrado Beldì), fondata nel 2008, che raccoglie alcuni dei più importanti festival jazz italiani: passata dalle 14 manifestazioni musicali fondatrici alle attuali poco meno di 70…

Abbiamo già citato La Rete dei Festival, associazione fondata nel 2008 (di cui è coordinatrice Giulia Lozzi), che intende tutelare e favorire lo sviluppo dei “Festival per Musica Emergente” in Italia e che ha condiviso l’appello del Mei dell’8 gennaio scorso.

Costituitasi recentemente (ottobre 2020) la Rete Italiana Festival del Fumetto – Riff (presieduta da Claudio Curcio) che associa 35 iniziative, e che sostiene che le kermesse dei propri associati “sono in grado di coinvolgere ogni anno oltre un milione di presenze (…), con un indotto economico e una ricaduta sui territori di diverse centinaia di milioni di euro”.

Le esplorazioni dell’accademia: Guido Guerzoni (“Bocconi”) e Mario Morcellini (“Sapienza”)

L’accademia si è interessata al fenomeno, a partire da alcuni studi esplorativi avviati nel 2008 dal professor Guido Guerzoni dell’Università “Luigi Bocconi” di Milano, e nel 2018 si registra un rinnovato intenso interesse del sistema universitario, da parte del professor Mario Morcellini dell’Università “Sapienza” di Roma. Morcellini ha promosso – attraverso il Dipartimento Comunicazione e Ricerca Sociale (CoRiS) – un progetto di ricerca, coordinato da Valentina Falomi, di approccio sociologico, a partire dalla constatazione del “bisogno di eventi e contenitori nuovi che si evidenzia in alcune dimensioni della contemporaneità accomunate dallo ‘stare insieme’ sotto la spinta di precisi bisogni simboli vissuti in comune” (si rimanda a “Lo spettacolo della cultura. Analisi e dati sui festival culturali”, relazione in occasione della presentazione della ricerca CoRiS e Fondazione Sapienza, Salone Internazionale del Libro di Tornio, 10 maggio 2019).

Va certamente segnalato anche il progetto “TrovaFestival” (si rimanda all’omonimo sito web, coordinato da Giulia Alonzo, realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale Ateatro, che tra l’altro cura la qualificata webzine di cultura teatrale, promossa da Oliviero Ponte di Pino e Mimma Gallina), avviato nel 2016, che ha inizialmente censito, con modalità volontaristico-artigianali, oltre 900 manifestazioni in tutta Italia; nel novembre del 2020, è stata presentata una versione evoluta del progetto di mappatura, che ha schedato, a fine marzo 2021, 1.095 manifestazioni; ad oggi, inizio gennaio 2022, le iniziative schedate sono 1.120 (nel dicembre 2021 il progetto ha celebrato il primo anno del nuovo sito web). I promotori del progetto scrivono nel dicembre 2021 che, “nonostante l’anno di grande incertezza quasi 100 nuovi festival sono stati mappati”, nell’arco di un anno soltanto. Sull’argomento (interpretato anche alla luce delle prospettive post-Covid 19), si rimanda anche al contributo di Oliviero Ponte di Pino e Giulia Alonzo sull’edizione del marzo 2021 della rivista “Economia della Cultura” (pubblicata dall’omonima associazione, per i tipi de il Mulino), intitolato “I festival culturali italiani: la scommessa della post-pandemia”.

In occasione di un incontro promosso nel giugno del 2021 dallo storico festival Giffoni Valle Piana, fondato e diretto da Claudio Gubitosi, meeting al quale hanno partecipato direttori ed organizzatori di circa 100 festival e rassegne cinematografiche, è stata data notizia di un non meglio precisato “censimento” di circa 1.300 festival, stima che è stata ritenuta dai promotori un numero approssimato per difetto; secondo gli organizzatori del meeting, le iniziative sarebbero in Italia complessivamente circa 1.800. Non è stato pubblicato alcun report in argomento, e non si comprende se questa quantificazione è circoscritta ai festival “cinematografici” soltanto (se così fosse, riteniamo che si tratti di una evidente sovra-stima). Se la quantificazione fosse invece riferita all’insieme dei festival italiani, la stima del Festival di Giffoni non è distante dalla stima IsICult.

Nonostante questi estemporanei tentativi di “esplorazione”, lo stato dell’arte delle conoscenze resta comunque ancora assolutamente deficitario, lacunoso, parziale.

Le variegate tipologie di festival

Questo è l’elenco delle “tipologie” di festival elaborato da IsICult, nell’impostazione del proprio progetto

  • cinema e audiovisivo (fiction, documentari, etc.)
  • teatro
  • musica
  • danza
  • circo
  • videoarte ed altre forme assimilabili (videoclip, etc.)
  • videogames
  • letteratura
  • fumetto, graphic novel
  • architettura e design
  • moda
  • arti visive
  • realtà virtuale
  • interdisciplinari / multidisciplinari / multimediali
  • approfondimento culturale (scienze, storia, giornalismo, sociologia, diplomazia, etc.)
  • altre arti
  • tematiche civili (lotta alla discriminazione, tutela delle minoranze e diversità, etc.)…

Basti osservare che, prendendo in considerazione soltanto i festival che intervengono “in materia” di lotta al disagio (fisico, psichico, sociale), IsICult ha censito, a fine 2021, ben 183 “festival” su un totale di circa 2.000 iniziative (per la precisione, 1.989) schedate nel progetto di ricerca e promozione culturale “Cultura vs Disagio. Censimento delle Buone Pratiche Contro il Disagio” (sostenuto dal Ministero della Cultura). E si tratta di 183 festival (nelle varie discipline) che toccano direttamente il tema del disagio…

In sostanza, la gran parte dei festival italiani “sfuggono” alla conoscenza delle due succitate direzioni generali del Ministero (Spettacolo / Cinema e Audiovisivo, rette rispettivamente da Antonio Parente e Nicola Borrelli). 

Alcuni festival rientrerebbero peraltro nel “perimetro” della “giurisdizione” della Direzione Creatività Contemporanea (retta da Onofrio Cutaia), ma molti non rientrano comunque negli schemi “burocratici” del Ministero.

Esistono poi molte contraddizioni nelle politiche pubbliche di sostegno (ma ciò è dovuto anche al deficit cognitivo che qui rimarchiamo): il caso più eclatante è quello del già citato Giffoni Film Festival, forse la kermesse italiana che è riuscita a attrarre più sovvenzioni pubbliche da più fonti (a parte Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, alias Festival di Venezia, che è realizzato dalla Biennale, ente sostenuto direttamente dal Ministero): Ministero della Cultura, attraverso le due Dg Cinema e Audiovisivo e Spettacolo, Ministero dell’Istruzione, Regione Campania, Unione Europea (fondi Fesr)… La kermesse, che si sviluppa – attraverso una variegata serie di iniziative rientranti nel marchio “Giffoni Experience” – nell’arco di tutto l’anno, muove ormai milioni di euro l’anno: nell’anno 2020, ha ricevuto contributi pubblici per complessivi 6,6 milioni di euro. Va lamentato che non pubblichi un trasparente “bilancio sociale”, ma questo è un altro discorso (che pure abbiamo già affrontato tante volte anche su queste colonne, in materia di deficit di cultura di “accountability” del sistema culturale italiano). Questa kermesse attinge ai fondi della cosiddetta “promozione cinema” del Mic, allorquando le sue dimensioni e le sue articolazioni sono tali che forse dovrebbe essere sostenuta con un finanziamento ad hoc, che riconosca la sua storicità (è esattamente la tesi sostenuta dal Mei, per i festival che hanno oltre 25 anni di vita). Si ricordi che nel 2021 Giffoni è giunto all’edizione n° 51. E l’anno scorso ha beneficiato addirittura di una sovvenzione particolare, attingendo ai controversi fondi dei “progetti speciali” del Ministero per ben 600.000 euro…

Prevale una cortina di nebbia. Guerzoni (Università Bocconi): “una baraonda di numeri forniti a casaccio e dichiarazioni a effetto che eccitano i titoli della stampa”

Insomma, su tutta la fenomenologia festivaliera prevale una grande cortina di nebbie

Va anche segnalato che sui media si registrano spesso stime dimensionali – soprattutto nell’ambito dell’“impatto economico” – basate su valutazioni spesso prive di minima metodologia, con la produzione di “indici” (ormai sono diffusi i “moltiplicatori”: per ogni “1 euro” investito in una kermesse, ne producono… “x” euro sul territorio, cercando di calcolare gli effetti diretti, indotti ed indiretti) – che risultano frequentemente elaborazioni monodimensionali molto parziali, se non addirittura discretamente fantasiose. 

È stato lo stesso esploratore bocconiano Guido Guerzoni a bollare in modo icastico la situazione, sostenendo che si è in presenza di “una baraonda di numeri forniti a casaccio e dichiarazioni a effetto che eccitano i titoli della stampa locale per qualche ora”. Si segnala che una delle ultime ricerche curate da Guerzoni è stata dedicata a “Gli impatti degli eventi culturali in Friuli Venezia Giulia: l’analisi degli scenari pre (2019) e post (2020) Covid e il software di calcolo degli impatti economici e fiscali”, studio commissionato dalla Direzione Centrale Cultura e Sport della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (in collaborazione con PromoturismoFvg). Si tratta di una iniziativa commendevole, come le altre fin qui citate, ma manca ancora in Italia uno studio organico a livello nazionale, con un approccio metodologico serio ed accurato.

Ci si augura che prima o poi il Ministero della Cultura – nelle sue varie articolazioni – prenda coscienza del proprio deficit di conoscenza e metta in atto le indispensabili attività di ricerca e monitoraggio di questa effervescente realtà festivaliera italiana. Nelle varie prospettive: culturologica, mediologica, sociologica, economica.