nota diplomatica

Il ‘membro’ al centro

di James Hansen |

La politica britannica alle prese con la questione caldissima della natura ‘biologica’ del gender: se si ‘nasce’ maschio o femmina, oppure se l’identità sessuale è una libera scelta che si può fare in seguito.

James Hansen

È difficile immaginare un importante politico italiano mettersi a discutere in conferenza stampa del membro maschile, ma da qualche tempo il pene—alla base della controversia sul ‘gender’—è diventato un elemento centrale nel discorso politico anglosassone su entrambe le parti dell’Atlantico. Il tema pesa con forza nel Regno Unito, dove il Primo Ministro conservatore Rishi Sunak ha recentemente sentito la necessità di dichiarare davanti ai giornalisti che, per quanto gli riguarda: “Il 100% delle donne non ha un pene”.

In Italia l’opinione verrebbe probabilmente considerata dai più lapalissiana, come anche in Inghilterra—almeno tra la popolazione generale—ma Sunak stava rispondendo alla presa di posizione del leader laburista, Sir Keir Starmer, secondo cui solo il “99,9 delle donne non ha un pene”, evitando con cura di citare il genere trans. In passato Starmer aveva tentato di svicolare, rifiutando di definire la femminilità e rifugiandosi—da avvocato qual è—nel legalismo: “Una donna è una femmina adulta, e inoltre, le donne trans sono donne. Non è solo la mia opinione, è la legge”.

Quella risposta ha fatto scatenare una tempesta nel suo stesso Partito Laburista, di cui molti elettori pensano di sapere cos’è il genere femminile pur non avvalendosi del Codice Civile.

Il problema è che la questione della natura ‘biologica’ del gender—se si ‘nasce’ maschio o femmina, oppure se l’identità sessuale è una libera scelta che si può fare in seguito—è diventata un’importante ‘cartina di tornasole’ della politica britannica per definire se si è, o meno, politicamente ‘evoluti’. Il partito di Starmer, per l’appunto ‘laburista’, era una volta quello dei lavoratori e della gente comune—persone che, oggi, non sempre si ritrovano nella nuova moralità woke.

Starmer ha davanti agli occhi il disastro in cui è da poco incorso l’SNP, il partito nazionalista scozzese al potere dal 2007, il cui Primo Ministro, Nicola Sturgeon, ha inaspettatamente perso il posto in buona parte per aver insistito a oltranza a che un pluricondannato stupratore maschio, dopo aver scelto di definirsi ‘donna’, fosse spedito a scontare la pena in un carcere femminile. La Sturgeon, orgogliosa di una legge da lei voluta per permettere agli scozzesi di cambiare sesso con una semplice dichiarazione—senza operazione e senza un parere medico—non ha voluto mollare ed è stata invece ‘mollata’ a furor di popolo, lasciando il suo partito allo sfascio.

L’inconveniente identitario si è fatto sentire anche negli Stati Uniti, dove i Democratici, come i Laburisti inglesi, una volta si definivano attraverso il rapporto con la classe operaia. Entrambi, per stare al passo con i tempi, negli ultimi anni si sono avvicinati ai giovani elettori ‘socialmente evoluti’ delle metropoli, la cui visione dei nuovi gender spesso non collima perfettamente con quella dei loro genitori e dei loro nonni…