L'interrogazione

Il grande assente del Fer2, l’eolico offshore resta al palo, e il Governo non spiega perché

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Un’interrogazione parlamentare denuncia l’esclusione dell’eolico marino (offshore) dagli incentivi previsti dal nuovo decreto FER2. Settore in stallo, progetti fermi, investimenti a rischio.

Nonostante l’Italia abbia firmato impegni chiari sulla decarbonizzazione entro il 2030 e il 2050, nel nuovo decreto Fer2, pubblicato lo scorso 7 maggio, nessun megawatt è stato destinato all’eolico offshore. Una scelta che lascia increduli gli operatori del settore, le associazioni industriali e, ora, anche il Parlamento.

L’interrogazione presentata lo scorso 26 luglio dai deputati pentastellati Traversi e Fede, al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, accende i riflettori su una decisione che appare tanto strategicamente incomprensibile quanto tecnicamente controproducente. Eppure, sulla carta, il decreto Fer2 riconosce l’eolico marino tra le fonti incentivabili. All’atto pratico, però, è stato completamente escluso dalle aste appena avviate.

Una mancanza inspiegabile”, scrivono i deputati, sottolineando come oltre il 90% della capacità incentivabile del Fer2 fosse legata proprio all’eolico in mare, considerato una delle tecnologie più promettenti per la transizione energetica nazionale.

L’Aero – Association of Offshore Renewable Energies, che riunisce i principali attori della filiera eolica marina italiana, ha espresso preoccupazione pubblica per l’assenza di misure concrete. Anche perché diversi progetti sono già autorizzati dal punto di vista ambientale, ma restano bloccati da un quadro regolatorio incerto e da meccanismi di supporto inesistenti.

L’occasione mancata

L’eolico offshore non è solo una scommessa ambientale: è un’opportunità industriale ed economica. Le tecnologie galleggianti e su fondazioni fisse permetterebbero di installare gigawatt di capacità produttiva, con benefici in termini di costanza nella produzione, innovazione tecnologica e ricadute occupazionali.

Molti progetti già in pipeline prevedono cantieri nei porti, attività logistiche, navi specializzate e nuove filiere industriali che coinvolgono decine di aziende italiane. Senza incentivi, però, tutto resta sulla carta.

Secondo quanto dichiarato dal Ministro Musumeci, il tema dovrebbe essere affrontato entro la fine del mese nel Coordinamento dei Ministri, con un focus sul ruolo strategico dei porti, veri e propri hub logistici chiave per l’installazione dei parchi offshore. Ma intanto, il tempo corre.

Domande senza risposte

Nell’interrogazione, Traversi e Fede chiedono chiarezza sui motivi dell’esclusione, un programma certo per l’attivazione delle aste e soprattutto un impegno da parte del Governo per aumentare i volumi destinati all’eolico offshore entro il 2025.

Senza una risposta immediata, il rischio è che l’Italia perda il treno dell’energia eolica marina, lasciando campo libero ad altri Paesi europei già in forte espansione in questo settore. Un’occasione mancata non solo per la transizione ecologica, ma anche per l’industria nazionale, l’occupazione e la credibilità del Paese sulla scena internazionale dell’energia pulita.

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