L'analisi

Il futuro della rete, oltre la separazione legale. Si apre il dibattito europeo

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Tutti vogliono un nuovo quadro regolamentare che favorisca più concorrenza e più investimenti, ma tutti sanno che solo aumentando il grado di concorrenza sarà possibile aumentare gli investimenti. Ecco perché nelle prossime settimane a Bruxelles il dibattito si infiammerà.

Il dibattito sul futuro delle telecomunicazioni europee è di colpo esploso in modo fragoroso, ponendo domande strategiche a investitori, istituzioni, regolatori, incumbent, operatori alternativi.

L’occasione è stata l’incontro annuale del Digital Regulation Forum di Londra della scorsa settimana che ha visto come star dell’evento Franco Bassanini, Presidente di Open Fiber.

È evidente a tutti che oggi siamo ad una svolta e le telecomunicazioni europee devono cambiare, e devono farlo in fretta se vogliono affrontare le nuove sfide della competizione globale e le nuove sfide tecnologiche.

Il 5G non servirà solo all’utenza consumer, ma sarà essenziale per la produzione industriale, per l’Industria 4.0, per assicurare la crescita economica di un paese, mobilitando investimenti e creando nuovi posti di lavoro

Ma cosa deve cambiare e in quale direzione? Cosa ha detto il presidente di Open Fiber a Londra, polarizzando l’attenzione degli attori del settore?

Bassanini, di cui riporto in fondo l’intervento integrale che merita di essere letto con attenzione, ricostruisce l’excursus dai primi albori della privatizzazione (la Green Paper europea del 1987 che annunciava il processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni europee), passando per le annose difficoltà di assicurare maggiore concorrenza e non discriminazione tra ex-monopolisti e new comers, sino alla decisione britannica di Ofcom di separare legalmente la rete di BT, una soluzione che viene già considerata come superata dalle stesse autorità regolatorie britanniche.

E infatti tutto ciò sembra non bastare più.

Bassanini reclama un cambio di passo, un salto generazionale dalla logica evoluzionistica al leapfrog, un’azione che generi un nuovo contesto competitivo capace di assicurare crescita e margini, che fronteggi gli avanzamenti tecnologici con flessibilità, che comporti maggiori livelli di concorrenza e che, più in generale, dia all’Europa una concreta chance competitiva a livello globale.

La parola d’ordine è “Wholesale-Only”: chi vende rete faccia solo quello, non competa nel retail con altri operatori.

Questo pone un grosso problema agli incumbent storici che sono integrati verticalmente e che sono presenti allo stesso tempo nel mercato wholesale e retail.

Secondo questa logica, gli incumbent, ovvero gli ex-monopolisti, dovrebbero decidere se offrire solo linee all’ingrosso agli operatori che vendono retail, o fare un passo indietro dalla gestione della rete e concentrarsi solo sui servizi da offrire all’utente finale.

Il quadro descritto da Bassanini rappresenta una chiara estensione del modello di Open Fiber, che, come è noto, intende offrire in Italia la più avanzata infrastruttura fiber-to-the-home agli operatori che poi grazie alle loro piattaforme potranno differenziare la qualità del servizio e commercializzarlo ai clienti finali (aziende, pubbliche amministrazioni, consumatori).

È una proposta di non poco conto, che guarda al futuro, per aprire una nuova, e per alcuni versi rivoluzionaria, prospettiva, una nuova ripartizione del mercato che potrebbe entusiasmare gli investitori internazionali e portare benefici agli stessi consumatori.

In più, va considerato il modo in cui la tecnologia 5G verrà integrata nell’attuale contesto delle reti. Anche sul 5G pesa infatti un quesito di non poco conto. Siamo sicuri che possa svilupparsi in una logica di competizione infrastrutturale?

E qui sorge più di un dubbio.

Gli attuali impianti di trasmissione del mobile in 3G e 4G consistono oggi in torri o impianti metropolitani (vere mostruosità ambientali che primeggiano sul tetto di molti condominii) che hanno una portata di alcuni chilometri di raggio, a seconda della conformazione del territorio.

Al contrario, le antennine del 5G avranno portata di gran lunga inferiore, di poche decine di metri.

Rispetto all’attuale 4G gli impianti del nuovo sistema mobile saranno quindi decuplicati e spalmati in modo granulare su tutto il territorio, specialmente in quello ad alta concentrazione urbana.

La mappa operativa cambierà radicalmente con il 5G: un numero straordinario di antennine, con portata molto limitata e immediatamente connesse con il backbone dell’infrastruttura in fibra ottica.

In questa chiave, emerge quasi naturalmente un’assonanza tra fibra e 5G sul terreno del “Wholesale Only”.

Resta da vedere se tale soluzione, che ha creato grande interesse tra i grandi investitori presenti a Londra, sarà una via percorribile anche in Italia.

Le vicende britanniche su Openreach e le scelte di Ofcom sembrano intanto già superate. È evidente che la separazione legale non basta più.

Ma, in tal caso, sarà inevitabile dare nuovi poteri alle autorità di regolazione nazionale per fare in modo che l’operatore incumbent sia, in assenza di sufficiente concorrenza, forzato a vendere la rete a soggetti terzi.

In questo modo si eliminerebbe alla radice il problema della discriminazione con gli altri operatori.

In questo senso il “Wholesale Only” non è solo l’altra faccia della luna nella separazione della rete di cui si è parlato per anni anche in Italia.

È un modo strutturalmente diverso di segmentare il mercato, assicurando una nuova dinamica competitiva tra gli operatori, che va ben al di là della mera sostituzione di proprietà o di gestione della rete secondo i criteri sin qui visti.

Nelle prossime settimane a Bruxelles il dibattito si infiammerà: tutti vogliono un nuovo quadro regolamentare che favorisca più concorrenza e più investimenti.

Ma tutti sanno che solo aumentando il grado di concorrenza sarà possibile aumentare gli investimenti.

Vai all’intervento di Franco Bassanini al Digital Regulation Forum di Londra