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Il falso ‘made in Italy’ ci costa 57mila posti di lavoro

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Trentasei miliardi di euro potrebbero entrare nelle casse delle aziende italiane, ma non succede a causa della contraffazione dei marchi del made in Italy.

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Trentasei miliardi di euro potrebbero entrare nelle casse delle aziende italiane, ma non succede a causa della contraffazione dei marchi del made in Italy. L’Ocse ha stimato il danno per l’economia italiana dovuto ai prodotti che violano i diritti di proprietà intellettuale: nel 2016, anno degli ultimi dati disponibili, questo danno ha rappresentato il 3,6% delle vendite delle aziende italiane, sia in Italia che all’estero. L’Ocse ha provato anche a capire da dove arrivano i prodotti contraffatti venduti in Italia. Secondo le stime – come si vede nel grafico sopra – i primi fornitori di merci taroccate sono la Cina e Hong Kong. Ma è la Turchia il principale canale, tra i Paesi più vicini, della merce contraffatta in Italia.

Made in Italy: i posti di lavoro persi a causa del made in Italy

L’Ocse va oltre: traduce in numeri reali il danno per le aziende italiane. E anche quello per i lavoratori. In sostanza, il calo delle vendite delle aziende in regola riduce la domanda di manodopera. Nel 2016 i posti di lavoro inevitabilmente persi in Italia nel commercio all’ingrosso e al dettaglio a causa di importazioni di prodotti contraffatti e piratati sono stati più di 31.000, vale a dire oltre l’1,7% degli occupati in questo comparto. Il numero totale di posti di lavoro persi nelle imprese italiane per via della violazione globale di marchi registrati arriva a oltre 57.000 persone, pari al 2,3% degli addetti del settore manifatturiero in Italia.

Tecnologia, borse e giocattoli

La contraffazione dei marchi colpisce soprattutto i dispositivi tecnologici: un giro d’affari che vale 3,3 miliardi di euro. In termini relativi, invece, gli articoli in pelle e le borse, i giocattoli e i giochi e l’abbigliamento sono state le categorie maggiormente prese di mira dai contraffattori, incidendo rispettivamente per il 16%, il 14,9% e il 13,8% delle vendite totali.

Ma chi compra tarocchi sa che sono tarocchi? Non sempre. Il 43,6% dei prodotti scambiati nel mondo che hanno violato i diritti di proprietà italiani è stato venduto al consumatore finale è venduto a persone convinte di acquistare prodotti autentici. Questa quota varia in base alla categoria merceologica, e va dal 34% per i gioielli e gli orologi all’86% per i prodotti alimentari.

Le sanzioni per chi commercia marchi contraffatti

Si fa presto a dire “marchi contraffatti”. La legge, infatti, fa alcune distinzioni importanti e da queste distinzioni derivano sanzioni diverse. Una cosa è la contraffazione vera e propria di marchi e loghi (come quello di una casa di moda, per esempio), un’altra riguarda la contraffazione di brevetti e disegni industriali. Nel primo caso la punizione è una multa che può variare tra i 2.500 e i 25.000 euro. Nel secondo caso si rischia il carcere per un minimo di 1 anno e un massimo di 4 mentre la sanzione pecuniaria varia da 3.500 a 35.000 euro.

Che cosa è il reato di ricettazione sul made in Italy

La ricettazione consiste nel trarre profitto, per sé o per altri, da una condotta illecita. Quindi vendere prodotti contraffatti, come un vestito, una borsa, ma anche un macchinario industriale, comporta anche il reato di ricettazione dato che i soldi incassati, anche se regolarmente fatturati, provengono da quello che il codice penale definisce un “delitto”. Per di più chi incassa soldi in questo modo è consapevole di farlo illecitamente dato che ha venduto un oggetto con il marchio contraffatto. Quindi spesso, oltre al reato già illustrato, si va incontro anche a quello di ricettazione che è punito con una pena di 2 anni di carcere (fino a) e una multa di 20.000 euro.

I dati si riferiscono al: 2016 

Fonte: Ocse